« indietro MIA LECOMTE, Di un poetico altrove. Poesia transnazionale italofona (1960-2016), Firenze, Franco Cesati Editore, 2018 Con il bellissimo titolo, Di un poetico altrove, la poetessa e studiosa Mia Lecomte ci presenta la rielaborazione della sua tesi di dottorato, discussa alla Sorbona nel 2016. Il sottotitolo Poesia transnazionale italofona ci introduce in un campo letterario poco studiato finora, quello appunto della letteratura e più precisamente della poesia in lingua italiana, scritta da autori di varia provenienza geografica che hanno scelto di esprimersi in italiano. Il concetto chiave di transnazionalità, ormai accettato da tutti, dopo quello superato, di letteratura migrante o di letteratura della migrazione usato intorno agli anni Novanta da precursori quali Armando Gnisci, è lungamente indagato, insieme ai criteri di analisi e di delimitazione del corpus. La premessa e soprattutto il capitolo introduttivo, che potrebbero già costituire per l’immensità e la novità del lavoro un saggio a sé tanto è ricca la riflessione e brillante l’esposizione, fanno il punto su un certo numero di concetti e sulla ricezione quasi inesistente nell’ambiente accademico e nella critica in Italia. Le ibridazioni linguistiche e culturali, come ci ricorda giustamente l’autrice erano in atto ben prima delle migrazioni planetarie a cui assistiamo oggi e hanno nutrito la letteratura italiana fin dagli anni Sessanta. Cosi sotto il nome di Dispatri poetici è raggruppato un certo numero di scrittori, noti o meno noti, alcuni bilingui o multilingui, nati fuori dall’Italia che hanno conosciuto percorsi migratori originali, fra cui Edith Bruck, Amelia Rosselli e Toni Maraini da una parte o Arnoldo de Vos e Heleno Oliveira dall’altra, studiati da un’angolatura inedita. Tuttavia la parte più innovativa di questo studio riguarda la produzione poetica dall’inizio degli anni Duemila a oggi che ci fa scoprire una miriade di poeti di provenienza eterogenea — dal Corno d’Africa ai Balcani, dall’l’Europa dell’Est al Sudamerica, fino all’Iran — di cui l’autrice analizza in maniera approfondita le opere in base al criterio ineludibile di letterarietà. Nell’impossibilità di elencarli tutti, ricordiamo le pagine dedicate con ampie citazioni all’albanese Gëzim Hajdari, al brasiliano Julio Monteiro Martins e allo straordinario percorso di Barbara Serdakowski, dalla Polonia natia al Marocco, dal Canada al Venezuela, che si stabilisce definitivamente a Firenze nel 1996. Se colpisce l’estrema varietà di queste scritture nondimeno si possono individuare delle linee comuni — oltre le varie formulazioni dell’esilio, dell’appartenenza e dell’immaginario — come quelle espresse nei numerosi testi metapoetici che testimoniano della consapevolezza e della ricerca inerenti all’espressione poetica. Il forte incremento delle voci femminili nell’ultimo periodo, ha portato Mia Lecomte a fondare con altre nel 2009 la Compagnia delle poete, un’officina poetica caratterizzata da una dimensione collettiva che si è fatto conoscere con spettacoli e performance transculturali e translingue, luogo per eccellenza di contaminazioni e di ibridazioni infinite e di una profonda riflessione sulla corporeità. Nel volume sono stati mano a mano esplicitati numerosi concetti come ad esempio quelli di identità in transito o di disappartenenza e, data l’evoluzione costante di questo campo letterario, appare evidente il superamento di alcune categorie letterarie e la necessità di emanciparsi da un angusto canone letterario italiano, non solo per accogliere nuove voci e confrontarle con voci italiane, ma per riconoscere finalmente che quelle transnazionali con le loro dinamiche innovative, sono un elemento imprescindibile per il futuro dell’italofonia letteraria tutta. Corredato da appendice, indice note e ricca bibliografia, questo volume che abbraccia un materiale immenso e complesso, costituisce una bella sfida e un prezioso strumento per studiosi e amanti della poesia in un mondo sempre più globale. (Marie-José Hoyet) ¬ top of page |
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