« indietro CARLO TIRINANZI DE MEDICI (A CURA DI), Antonio Prete, scrittura delle passioni. Una conversazione, una bibliografia e due saggi inediti, Roma, Artemide, 2018, pp. 180, Euro 25,00. Il libro curato da Carlo Tirinanzi De Medici Antonio Prete, scrittura delle passioni, segna un momento importante non solo ovviamente per l’opera di Prete, ma altresì per la ricostruzione della sua carriera e delle sue opere. Questo volume, il cui sottotitolo Una conversazione, una bibliografia e due saggi inediti esplicita ciò che vi è contenuto, si allontana ben presto dalla semplice operazione accademica per ripercorrere in maniera complice («Compilare la bibliografia di uno studioso è un lavoro che può sembrare freddo e distaccato, anche noioso. […] Ma dietro ogni titolo si intravede una tappa dell’itinerario intellettuale dell’autore: e quello di Antonio Prete, così lungo e significativo, è stato particolarmente interessante da ricostruire» (11)), il lungo percorso intellettuale di Prete. Il lavoro di Tirinanzi De Medici è molto importante e prezioso, sia per la corposa bibliografia degli scritti dell’autore, che percorre gli anni dal 1963 al 2017 (opportunamente divisa per anno e con un’appendice di interventi dell’autore su media non cartacei, di interviste, pubblicazioni in lingua straniera e di traduzioni), che per la lunga intervista, che corrisponde forse al cuore del volume, che mostra chiaramente come il percorso biografico di Prete si leghi inestricabilmente a quello letterario; all’intervista, che occupa il posto centrale, si aggiungono due saggi di Prete e due di Tirinanzi De Medici. In particolare il saggio di Prete che apre il volume, Un’apertura. Lungo il cammino, e quello che invece lo chiude, Un epilogo. La lettera, il cielo: fisica e poetica del libro, sono due testimonianze importanti degli autori, dei temi e delle poetiche che hanno attraversato tutta la sua vita, e sono costruiti su un intreccio di fatti personali e studi prediletti. Nel primo l’autore disegna una sorta di autobiografia del suo percorso intellettuale relativo agli anni della formazione, come i legami con amici e maestri, e ricostruisce il suo itinerario personale di giovane professore di ruolo nella scuola negli anni delle proteste giovanili. Nel mezzo del racconto sulle proficue frequentazioni con Edmond Jabès, Mario Luzi e Yves Bonnefoy, trovano spazio squarci poetici di grande statura, come il racconto, fulmineo, dei lunghi viaggi dalla Puglia natia a Milano con un treno notturno, «con i vagoni affollati di emigranti» che «da un lembo estremo della penisola» portava a Milano: «l’ascolto di voci dialettali e il colloquio con esse, la percezione dell’appartenenza a una terra di povertà, già fatta acuta nella vita quotidiana del paese, e di là da essa il delinearsi di altri mondi possibili o solo illusori, avranno forse influito nel prendere forma di un’idea di letteratura che cerca di non separare l’affabulazione dalla condizione umana, l’invenzione dalla corporeità e dalle sue ferite» (9). Il saggio conclusivo invece, La lettera, il cielo: fisica e poetica del libro, trascrizione della conferenza tenuta dall’autore presso il Castello di Copertino durante le giornate di studio a lui dedicate, oltre a confermare ancora il legame tra Prete e la Puglia (di cui è fulgida testimonianza il recente Torre saracena. Viaggio sentimentale nel Salento edito nel 2018 da Manni), squaderna le corde più profonde della sua esplorazione sul tema del libro, luogo sul quale Prete porta avanti un’interrogazione incessante sulla scia dell’amico e sodale Jabès a cui, tra l’altro, l’intervento è dedicato: «Al libro, ai suoi fogli, alla sua scrittura, è consegnata la storia dell’uomo sulla terra: ferite e desideri, invenzioni e passaggi di stagioni e epoche, memoria e utopia» (169). Nella conversazione Tirinanzi De Medici è preciso nel guidare lo scrittore tra i momenti essenziali non solo della sua vicenda, ma anche del secondo Novecento italiano. Si segue così l’arrivo a Milano da Copertino, gli studi all’Università Cattolica, l’esperienza militare a Firenze nell’anno dell’alluvione del 1966, la febbre del 1968, l’insegnamento prima liceale e poi all’Università di Siena, i fuochi delle numerose riviste (da Il gallo silvestre a Il semplice con Celati), risalendo fino al momento presente con una riflessione sull’importante saggio di Prete Compassione (Bollati Boringhieri, 2013), ovvero una riflessione, secondo le parole dell’autore, sul «prender forma, nell’arte, di un pensiero della relazione con l’altro che passa attraverso la condizione dolorosa» (54). Hanno infine uno spazio centrale gli incontri con quelli che poi sono diventati i maestri e gli amici di Prete, «uno dei protagonisti del dibattito critico dell’ultimo quarto del Novecento» (123) come meritoriamente lo definisce Tirinanzi De Medici in uno dei suoi saggi, da Gianni Celati a Romano Luperini, da Mario Apollonio a Franco Fortini. (Matteo Moca) ¬ top of page |
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