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SALMA KHADRA JAYYUSI (ed.),
Modern Arabic Poetry. An Anthology,
New York,
Columbia University Press 1991 (reprint), 498 pp.
 
Di Marianna Salvioli 
 
Dopo aver prodotto l’ormai fondamentale studio sulla poesia araba Trends and Movements in Modern Arabic Poetry(13), in questo volume Salma Khadra Ja- yyusi presenta al pubblico anglofono le voci più significative della poesia araba del Novecento. Modern Arabic Poetry. An Anthology rientra nel PROTA, Project of Translation from Arabic Literature, fondato dalla stessa Jayyusi nel 1980, per promuovere la traduzione di una letteratura che sembrava praticamente assente dalla scena editoriale americana e occidentale in generale.
Curare un’antologia della poesia araba moderna significa anzitutto imbattersi in una produzione estesa sia sul piano temporale che spaziale, confrontarsi con un’area che va dal Golfo Persico all’Atlantico e, nell’impossibilità di dar conto di tutti gli autori, delineare le proprie scelte. Salma Khadra Jayyusi ha voluto presentare, oltre ai poeti affermati, anche i nuovi talenti, cercando di pro- porre di tutti poesie inedite in inglese, salvo per quei componimenti ritenuti particolarmente significativi, che sono stati pertanto ritradotti. La pratica traduttoria è stata finalizzata alla leggibilità nella lingua d’arrivo: i testi sono stati prima tradotti da un esperto bilingue, poi resi in poesia da un poeta di lingua inglese, secondo l’idea, affermata dall’autrice, che solo i poeti possono tradurre poesia. L’antologia è divisa in due sezioni: Poets Before the Fifties and Poets After the Fifties, la seconda molto più ricca della prima. In entrambe i poeti sono presentati in ordine alfabetico, e i loro versi sono preceduti da una breve introduzione, in cui si ripercorrono la vita e la produzione dell’autore. Nella maggior parte dei casi, alla fine di ogni poesia, si trovano i nomi del primo e del secondo traduttore (14) e, eventualmente, le note esplicative. Sempre per rispondere al criterio di leggibilità, la traslitterazione dei nomi arabi non è scientifica, ma adattata ai lettori di lingua inglese (15). 
Nell’introduzione al volume, Salma Khadra Jayyusi, curatrice dell’antologia nella quale è lei stessa inclusa in qualità di poetessa e traduttrice di alcune poesie, ripercorre le tappe fondamentali della rinascita poetica araba, fornendo un’ampia rassegna degli autori più rappresentativi e soffermandosi su alcune figure centrali. La bipartizione dell’antologia è giustificata dall’eccezionalità della rivoluzione poetica degli anni ’50, in cui la pubblicazione della raccolta Schegge e cenere della poetessa irakena Nazik al-Mala’ikah inaugurò la poesia del verso libero. Ma la suddivisione in prima e dopo gli anni cinquanta è legata anche ad una data che segnò in maniera decisiva l’evoluzione della storia, della cultura e della coscienza nel mondo arabo: il 1948, la nakba («la disfatta»), la sconfitta degli eserciti arabi ad opera del nascente Stato d’Israele.
La prima fase è attraversata da tre importanti movimenti: il classicismo, il cui massimo rappresentante è l’egiziano Ahmed Shawqi, il romanticismo, con il celebre Gibran Kahlil Gibran, e il simbolismo, con il libanese Sa‘id ‘Aql, solo per citare i maggiori. Dopo questa fase di gestazione, inizia un periodo particolar- mente fecondo per la poesia araba, ben documentato nell’antologia, ove sono presenti quasi tutti i paesi arabi, anche se in misura diversa: l’area mediorientale predomina, con paesi quali il Libano, la Siria, la Palestina, l’Iraq, sull’area occidentale, il Maghreb. Seguono i poeti del Golfo (Bahrein, Kuwait), della penisola araba (Arabia Saudita, Oman, Yemen), di un paese africano come il Sudan e, naturalmente, i poeti d’Egitto. Tale fase è attraversata da alcune figure d’eccezione, oltre alla citata Nazik al-Mala’ikah, che insieme al connazionale Badr Shakir al- Sayyab diede inizio alla poesia del verso libero, si segnalano l’altro grande poeta irakeno ‘Abd al-Walid al-Bayyati, il siriano Adonis, il libanese Yusuf al-Khal, il palestinese Mahmoud Darwish e l’egiziano Salah ‘Abd al-Sabur. Non mancano le voci di donne (tra le altre Fadwa Tuqan, Huda Na‘mani, Saniyya Salih, Salma Khadra Jayyusi, ecc.), ma sorprende l’assenza di una poetessa che seppe coniugare femminismo e letteratura, la palestinese di origine libanese Mayy Ziyadah. I temi dei componimenti sono i più vari, anche se il contenuto politico sembra prevalere: la poesia araba diventa una poesia del desiderio, del desiderio di giustizia e di liberazione, e la tragedia palestinese è sempre in primo piano nella produzione dei paesi arabi. Come nei poeti modernisti occidentali, ai quali il rinnovamento della poesia araba deve molto (numerosi poeti arabi furono anche traduttori di Eliot, Pound, Eluard, Aragon, ecc.), la città, sia araba sia occidentale (si veda il lungo poema scritto da Adonis dopo il suo viaggio a New York, incluso nell’antologia), è un luogo di alienazione, miseria e sfruttamento. Solo la città palestinese non è connotata negativamente, anzi è il luogo delle radici individuali e storiche. Lontano dalle metropoli, in al- cune poesie riecheggiano i luoghi e i protagonisti della poesia araba antica: il deserto, la gazzella, il cammello (al-Munif al-Wahaiby, Yasin Taha Hafiz).
In un mondo privo di libertà potrebbe non esserci più spazio per l’amore, ma non è così: il poeta più famoso in tutto il mondo arabo, il siriano Nizar Qabbani, scrive soprattutto d’amore e di donne, della loro libertà anche sul piano sessuale. La vena mistica si avverte invece in autori come i sudanesi Yusuf Bashir e Muhammad al-Majdi al-Majdhub.
Dal punto di vista della forma poetica, dal verso libero si approda alla poesia e al poema in prosa, mentre sul piano linguistico si delineano due tendenze fondamentali: da un lato, la predilezione per un linguaggio complesso e raffinato, ricco di metafore, il cui caposcuola è Adonis, e che in alcuni suoi epigoni si sclerotizza fino a diventare astruso; dall’altra, la scelta di un linguaggio chiaro e semplice, in cui eccellono i già citati Qabbani e Bayyati. Nei poeti contemporanei si avvertono i germi di un cambiamento, rispetto per esempio alla poesia degli anni ’70: essi affermano la possibilità di dire la violenza senza usare un linguaggio violento, di abbandonare la voce epica per una più sommessa, più semplice e diretta, che sappia trasferire sul piano individuale le angosce collettive, come testimonia la poesia degli irakeni Hameed Sa‘id, Yasin Taha Hafiz, ‘Abd al-Razzaq ‘Abd al-Wa- lid ecc., che aprono la strada al più giovane Kamal Sabti; quella del poeta del Bahrein Qasim Haddad, dell’egiziano Amal Dunqul, e dei tunisini al-Munif al-Wahaybi e Muhammad Ghuzzi, che riprendono la poesia sufi e quella modernista, ma evitando lo stile metaforico e il tono altisonante.
Questo, in breve, l’ampio panorama delineato nell’antologia, utile strumento di conoscenza di un mondo altro da sé, e di godimento estetico, seppure in traduzione, della sua produzione poetica. La molteplicità delle voci rappresentate riflette un universo composito, fatto di etnie, religioni o sette diverse (cristiani, musulmani, drusi, alawiti), di stili e dia- letti differenti, che ritrova tuttavia la sua fondamentale unità sul piano culturale, e poetico in particolare.
 



13 Salma Khadra Jayyusi, Trends and Movements in Modern Arabic Poetry, Leiden, Brill, 1977, 2 voll.
14 Talvolta il poeta-traduttore non ha ritenuto necessario intervenire sulla resa del tra- duttore bilingue, e pertanto è stato indicato solo il nome di quest’ultimo.
15 La traslitterazione scientifica dei nomi dei poeti è tuttavia riportata alla fine del volume.

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