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GWENDOLYN BROOKS:
SONETTI DAL FRONTE
a cura di Antonella Francini
Gwendolyn Brooks (1917-2000), primo scrittore afroamericano premiato col Pulitzer nel 1950, poeta laureato dell’Illinois e consulente presso la Library of Congress di Washington dal 1985 al 1986, esplorò la forma del sonetto nei suoi libri d’esordio, A Street in Bronzeville (1945) e Annie Allen (1949). La sequenza che proponiamo, inedita in italiano (come lo è quasi tutta l’opera di questa rinomata figura della poesia americana postmoderna), costituisce l’ultima sezione del primo volume e fu ispirata dalle lettere che alcuni soldati inviarono a Brooks durante la seconda guerra mondiale. Ogni testo è narrato da una voce diversa, cosicché l’intero ciclo è una sorta di composizione polifonica che testimonia l’esperienza dei soldati neri, la perdita dei loro giovanili entusiasmi nell’incontro con la storia. Definite dall’autrice una serie di sonetti «off-rhyme», fuori rima, per una situazione altrettanto stonata, queste poesie coniugano la storia individuale e sociale dei combattenti afroamericani con la più alta tradizione poetica occidentale piegando il sonetto a divenire un forum da cui i diversi narratori denunciano l’ambiguità del rapporto con la loro nazione e lanciano una sfida alla poesia lirica e alle sue convenzioni. La struttura petrarchesca o shakesperiana su cui si modellano i 12 testi è alterata per mettere enfasi su un sofisticato intreccio fonico e semantico e su una lingua immaginativa estremamente raffinata affinché, nell’effetto corale, si percepisca l’ampiezza dei motivi sociali, politici e umani che Brooks tocca nel dirigere le voci dei suoi soldati. Perfino il titolo propone un termine dal significato mobile: «bar», infatti, non solo indica il locale dove i soldati neri ricercano il piacere dell’alcol e delle donne, ma anche la color bar, la linea che demarca la segregazione, il confine fra vita e morte, la condanna pubblica del soldato che sgarra, le sbarre di ogni prigione fisica o psicologica. Questa lingua polisemica caratterizza tutto il ciclo e coincide con il tema di fondo dei sonetti – una meditazione sull’ambiguità dei rapporti fra bianchi e neri, fra il soldato e la sua patria.
Nella prima poesia l’ufficiale nero citato in epigrafe illustra la condizione dei militari di colore, le cui tecniche di sopravvivenza nella società bianca si annullano davanti alla guerra e alla morte; la morte, nell’immagine di corpi di anonime vittime di guerra che reclamano la loro identità è il tema del secondo sonetto; nel terzo, il pensiero si proietta oltre «l’inferno» immaginando il ritorno del reduce e il suo difficile rientro nella normalità; la destinataria del quarto è una madre cui viene tolto il conforto della retorica disponibile per salutare il figlio in partenza per il fronte; nel quinto si profila l’utopia della pace per il soldato narrante che s’immagina altrove, gli occhi fissi sulle dita inanellate e smaltate di una seducente pianista; nel sesto il senso di colpa di un sopravvissuto fa sì che si dichiari devoto ai compagni caduti e rifugga dai piaceri della vita; nel settimo il tema del razzismo si esplicita in una macabra divisione dei corpi neri dai bianchi sul campo di battaglia; la dedicataria dell’ottavo e del nono è la patria, cui viene sarcasticamente attribuito uno status divino (si veda l’aggettivazione ternaria che allude alla Trinità), un dio dalla dubbia benevolenza e ambiguamente ammaliante, caduto dal suo trono così come il giovane soldato è caduto dalla sua spensierata innocenza; il decimo e l’undicesimo sono una parodia del classico tema d’amore e l’amata, cui i sonetti si rivolgono, è anche l’America, altera e lontana come la bandiera (la Old Glory) che sventola festosa e indifferente sulle «raffiche di dolore»; nell’ultimo, infine, la voce di veterani attacca la retorica del patriottismo e della guerra mentre nella loro mente risuona il ritmo folle di eserciti in marcia.
GAY CHAPS AT THE BAR
souvenir for Staff Sergeant Raymond Brooks and every other soldier
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RAGAZZI ALLEGRI AL BAR
Souvenir per il Sergente di Stato Maggiore Raymond Brooks e per ogni soldato
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gay chaps at the bar
... and guys I knew in the States, young officers, return from the front crying and trembling. Gay chaps at the bar in Los Angeles, Chicago, New York. . . .
LIEUTENANT WILLIAM COUCH
in the South Pacific
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ragazzi allegri al bar
... e ragazzi che conobbi negli Stati Uniti, giovani uffciali, ritornano dal fronte piangendo e tremando. Ragazzi allegri al bar a Los Angeles, Chicago, New York...
TENENTE WILLIAM COUCH
nel Sud Pacifico
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We knew how to order. Just the dash
Necessary. The length of gaiety in good taste.
Whether the raillery should be slightly iced
And given green, or served up hot and lush.
And we knew beautifully how to give to women
The summer spread, the tropics, of our love.
When to persist, or hold a hunger off.
Knew white speech. How to make a look an omen.
But nothing ever taught us to be islands.
And smart, athletic language for this hour
Was not in the curriculum. No stout
Lesson showed how to chat with death. We brought
No brass fortissimo, among our talents,
To holler down the lions in this air.
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Sapevamo ordinare. Giusto quel goccio
che basta. La misura di buongusto dell’allegria.
Se il frizzo debba essere leggermente ghiacciato
e offerto fresco, o servito caldo e abbondante.
E mirabilmente sapevamo dare alle donne
il banchetto estivo, i tropici del nostro amore.
Quando insistere, o trattenere un appetito.
Sapevamo la parlata bianca. D’uno sguardo fare un presagio.
Ma nulla mai c’insegnò a essere isole.
E l’arguta lingua atletica per quest’ora
non era nel curriculum. Nessun’ardita
lezione c’istruì a conversare con la morte.
Non portavamo ottoni fortissimi fra i nostri talenti
per abbattere a grida i leoni in quest’aria.
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still do I keep my look, my identity ...
Each body has its art, its precious prescribed
Pose, that even in passion’s droll contortions, waltzes,
Or push of pain - or when a grief has stabbed,
Or hatred hacked - is its, and nothing else’s.
Each body has its pose. No other stock
That is irrevocable, perpetual
And its to keep. In castle or in shack.
With rags or robes. Through good, nothing, or ill.
And even in death a body, like no other
On any hill or plain or crawling cot
Or gentle for the lilyless hasty pall
(Having twisted, gagged, and then sweet-ceased to bother),
Shows the old personal art, the look. Shows what
It showed at baseball. What it showed in school.
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eppure mantengo il mio aspetto, la mia identità ...
Ogni corpo ha la sua arte, la sua prescritta preziosa
posa, che perfino nelle buffe torsioni della passione, valzer,
o morsa di pena – o quando un dolore ha colpito,
o l’odio spezzato – è la sua, e di nessun altro.
Ogni corpo ha la sua posa. Nessun altro capitale
che sia irrevocabile, perpetuo
e suo da tenere. In castello o capanna.
Con stracci o toghe. Nel bene, nel nulla, o nel male.
E perfino in morte un corpo, come nessun altro
su qualunque collina o piano o su una branda contorto
o gentile per l’affrettato feretro disadorno
(dopo spasimi, blocchi, e il dolce stop al fastidio),
mostra la vecchia arte personale, l’aspetto. Mostra quello
che mostrava al baseball. Quello che mostrava a scuola.
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my dreams, my works, must wait till after hell
I hold my honey and I store my bread
In little jars and cabinets of my will.
I label clearly, and each latch and lid
I bid, Be firm till I return from hell.
I am very hungry. I am incomplete.
And none can tell when I may dine again.
No man can give me any word but Wait,
The puny light. I keep eyes pointed in;
Hoping that, when the devil days of my hurt
Drag out to their last dregs and I resume
On such legs as are left me, in such heart
As I can manage, remember to go home,
My taste will not have turned insensitive
To honey and bread old purity could love.
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i miei sogni, le mie opere, devono aspettare fin dopo l’inferno
Conservo il miele e ripongo il pane
in vasetti e armadi delle mie volontà.
Metto etichette chiare, e a ogni chiavistello e coperchio
dico, Resta fermo finché non torno dall’inferno.
Ho molta fame. Sono incompleto.
E nessuno sa dire quando potrò ancora pranzare.
Nessun uomo sa offrirmi altra parola che Aspetta,
la debole luce. Tengo gli occhi puntati;
sperando che, quando i giorni dannati del mio dolore
si trascineranno ai loro ultimi istanti e ricomincerò
sulle gambe che mi saranno lasciate, col cuore
che saprò gestire, ricordi d’andare a casa,
e il mio gusto non sia diventato insensibile
al miele e al pane che l’antica purezza sapeva amare.
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looking
You have no word for soldiers to enjoy
The feel of, as an apple, and to chew
With masculine satisfaction. Not «good-by!»
«Come back!» or «careful!» Look, and let him go.
«Good-by!» is brutal, and «come back!» the raw
Insistence of an idle desperation
Since could he favor he would favor now.
He will be «careful!» if he has permission.
Looking is better. At the dissolution
Grab greatly with the eye, crush in a steel
Of study - Even that is vain. Expression,
The touch or look or word, will little avail,
The brawniest will not beat back the storm
Nor the heaviest haul your little boy from harm.
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guardare
Non hai parole di cui i soldati godano
la sensazione, come d’una mela, e mastichino
con soddisfazione mascolina. Né «addio!»
«ritorna!» o «attento!» Guarda, e lascialo andare.
«Addio!» è brutale, e «ritorna!» la rozza
insistenza d’una futile disperazione
perché se potesse favorire favorirebbe ora.
Starà «attento» se gli sarà concesso.
Meglio guardare. Alla dissoluzione
afferra molto con l’occhio, stringi in uno sguardo
d’acciaio – Anche quello è inutile. Espressione,
il tatto o vista o parola serviranno a poco.
Il più coraggioso non respingerà la bufera
né il più forte scamperà il tuo ragazzo dal male.
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piano after war
On a snug evening I shall watch her fingers,
Cleverly ringed, declining to clever pink,
Beg glory from the willing keys. Old hungers
Will break their coffins, rise to eat and thank.
And music, warily, like the golden rose
That sometimes after sunset warms the west,
Will warm that room, persuasively suffuse
That room and me, rejuvenate a past.
But suddenly, across my climbing fever
Of proud delight - a multiplying cry.
A cry of bitter dead men who will never
Attend a gentle maker of musical joy.
Then my thawed eye will go again to ice.
And stone will shove the softness from my face.
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piano post-bellico
Nell’intimità d’una sera osserverò le sue dita,
abilmente inanellate, declinanti in abile rosa,
implorare gloria dalle compiacenti chiavi. Vecchi appetiti
romperanno le bare, risorgeranno a mangiare e ringraziare.
E la musica, cautamente, come il rosa dorato,
che talvolta scalda l’ovest dopo il tramonto,
scalderà quella stanza, persuasivamente soffuso
in quella stanza e in me, ringiovanirà un passato.
Ma, all’improvviso, nella mia febbre crescente
di superbo piacere – il riverbero d’un grido.
Un grido di aspri uomini morti che non
accompagneranno mai un’artefice gentile di gioia musicale.
Poi il mio occhio sgelato ritornerà di ghiaccio.
E pietra spingerà via la dolcezza dalla mia faccia.
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mentors
For I am rightful fellow of their band.
My best allegiances are to the dead.
I swear to keep the dead upon my mind,
Disdain for all time to be overglad.
Among spring flowers, under summer trees,
By chilling autumn waters, in the frosts
Of supercilious winter – all my days
I’II have as mentors those reproving ghosts.
And at that cry, at that remotest whisper,
I’ll stop my casual business. Leave the banquet.
Or leave the ball – reluctant to unclasp her
Who may be fragrant as the flower she wears,
Make gallant bows and dim excuses, then quit
Light for the midnight that is mine and theirs.
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mentori
Poiché sono il giusto compagno della loro banda.
La mia fedeltà migliore è per i morti.
Giuro di tenere in mente i morti,
sdegnare sempre ogni momento di super felicità.
Fra fiori di primavera, sotto alberi d’estate,
alle fredde acque d’autunno, nei geli
dello sdegnoso inverno – ogni mio giorno
avrò come mentori quei biasimanti fantasmi.
E a quel grido, al più remoto dei bisbigli,
interromperò le mie faccende casuali. Lascerò il banchetto.
O lascerò il ballo – riluttante a sciogliermi da lei
forse fragrante come il fiore che indossa,
farò inchini galanti e scuse confuse, poi abbandonerò
la luce per la mezzanotte che è mia e loro.
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the white troops had their orders but the Negroes looked like men
They had supposed their formula was fixed.
They had obeyed instructions to devise
A type of cold, a type of hooded gaze.
But when the Negroes came they were perplexed.
These Negroes looked like men. Besides, it taxed
Time and the temper to remember those
Congenital iniquities that cause
Disfavor of the darkness. Such as boxed
Their feelings properly, complete to tags
A box for dark men and a box for Other –
Would often find the contents had been scrambled.
Or even switched. Who really gave two figs?
Neither the earth nor heaven ever trembled.
And there was nothing startling in the weather.
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le truppe bianche avevano i loro ordini ma i Neri sembravano uomini
Credevano che la formula fosse fissa.
Avevano obbedito alle istruzioni per escogitare
un tipo di freddo, un tipo di sguardo nascosto.
Ma quando vennero i Neri rimasero perplessi.
Questi Neri parevano uomini. Inoltre gravava
sul tempo e sull’umore ricordare quelle
iniquità congenite che portano
disgrazia all’essere scuro. Così propriamente
incassati i loro sentimenti, completi d’etichetta –
una cassa per gli uomini scuri e una cassa per Altro –
Trovavano spesso che il contenuto era stato confuso.
O anche scambiato. Chi se ne fregava?
Né terra né cielo tremarono mai.
E nel clima non c’era nulla d’allarmante.
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firstly inclined to take what it is told
Thee sacrosanct, Thee sweet, Thee crystalline,
With the full jewel wile of mighty light
With the narcotic milk of peace for men
Who find Thy beautiful center and relate
Thy round command, Thy grand, Thy mystic good –
Thee like the classic quality of a star:
A little way from warmth, a little sad,
Delicately lovely to adore –
I had been brightly ready to believe.
For youth is a frail thing, not unafraid.
Firstly inclined to take what it is told,
Firstly inclined to lean. Greedy to give
Faith tidy and total. To a total God.
With billowing heartiness no whit withheld.
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prima di tutto inclini ad accettare ciò che si dice
Tu cosa sacrosanta. Tu dolce. Tu cristallina,
Con tutto l’artificio prezioso di luce possente –
col latte narcotico di pace per gli uomini
che trovano il Tuo bel centro e raccontano
il Tuo fermo comando, il Tuo grande, il Tuo mistico bene –
Tu come la qualità classica d’una stella:
poco lontano dal calore, un po’ triste,
delicatamente bella da adorare –
ero pronto a credere allegramente.
Poiché la gioventù è cosa fragile, non impavida.
Prima di tutto incline ad accettare ciò che si dice.
Prima di tutto incline a piegarsi. Avida d’offrire
fede tersa e totale. A un Dio totale.
In onde d’entusiasmo nessun briciolo trattenuto.
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«God works in a mysterious way»
But often now the youthful eye cuts down its
Own dainty veiling. Or submits to winds.
And many an eye that all its age had drawn its
Beam from a Book endures the impudence
Of modern glare that never heard of tact
Or timeliness, or Mystery that shrouds
Immortal joy: it merely can direct
Chancing feet across dissembling clods.
Out from Thy shadows, from Thy pleasant meadows,
Quickly, in undiluted light. Be glad, whose
Mansions are bright, to right Thy children’s air.
If Thou be more than hate or atmosphere
Step forth in splendor, mortify our wolves.
Or we assume a soveregnity ourselves.
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«Dio opera nel mistero»
Ma spesso ora l’occhio giovane recide la sua
raffinata velatura. O cede ai venti.
E più d’un occhio che tutto il tempo ha tratto
il raggio di luce da un Libro resiste all’impudenza
del moderno bagliore che non ha mai visto tatto
o tempestività, o il Mistero che avvolge
la gioia immortale: può semplicemente dirigere
piedi mutevoli su zolle bugiarde.
Esci dalle Tue ombre, dai Tuoi amabili prati, esci
veloce, nella pura luce. Sii contento, Tu le cui
dimore sono splendenti, di rassettare l’aria dei Tuoi figli.
Se Tu sei più che odio o atmosfera
fatti avanti in splendore, umilia i nostri lupi.
O assumeremo noi una sovranità.
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love note I: surely
Surely you stay my certain own, you stay
My you. All honest, lofty as a cloud.
Surely I could come now and find you high,
As mine as you ever were; should not be awed.
Surely your word would pop as insolent
As always: «Why, of course I love you, dear.»
Your gaze, surely, ungauzed as I could want.
Your touches, that never were careful, what they were.
Surely – But I am very off from that.
From surely. From indeed. From the decent arrow
That was my clean naïveté and my faith.
This morning men deliver wounds and death.
They will deliver death and wounds tomorrow.
And I doubt all. You. Or a violet.
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nota d’amore I: Certamente
Certamente, resti tu la mia certezza, il mio tu
rimani. Tutta onesta, altera come nuvola.
Certamente, potrei venire ora a cercarti lassù,
mia come non mai; non dovresti aver paura.
Certamente la tua parola esploderebbe insolente
come sempre: «Ma sì, caro, senz’altro t’amo».
Lo sguardo, certamente, scoperto come lo vorrei.
Le carezze, mai state accorte, quel che furono.
Certamente – Ma da questo sono assai lontano.
Da certamente. Da infatti. Dalla discreta saetta
ch’era la mia ingenuità pura e la mia fede.
Stamani uomini consegnano ferite e morte.
Morte e ferite consegneranno domani.
E io dubito tutto. Te. O una violetta.
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love note II: flags
Still, it is dear defiance now to carry
Fair flags of you above my indignation,
Top, with a pretty glory and a merry
Softness, the scattered pound of my cold passion.
I pull you down my foxhole. Do you mind?
You burn in bits of saucy color then.
I let you flutter out against the pained
Volleys. Against my power crumpled and wan.
You, and the yellow pert exuberance
Of dandelion days, unmocking sun;
The blowing of clear wind in your gay hair;
Love changeful in you (like a music, or
Like a sweet mournfulness, or like a dance,
Or like the tender struggle of a fan).
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nota d’amore II: bandiere
Eppure ora la sfida è cara di portare
belle bandiere di te sulla mia indignazione,
coprire, con graziosa gloria e allegra leggerezza,
i recinti sparsi della mia fredda passione.
Ti tiro giù nella mia tana. Ti dispiace?
Poi bruci in frammenti di sfacciato colore.
Ti lascio sventolare sulle raffiche di dolore.
Sul mio potere sgualcito ed esangue.
Te e l’impudente esuberanza dei giorni
del giallo dente di leone, del non beffardo sole:
il soffio limpido del vento nei tuoi festosi capelli;
amore in te mutevole (come una musica, oppure
dolce litania di morte, o come una danza,
o d’un ammiratore la tenera contesa).
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the progress
And still we wear our uniforms, follow
The cracked cry of the bugles, comb and brush
Our pride and prejudice, doctor the sallow
Initial ardor, wish to keep it fresh.
Still we applaud the President’s voice and face.
Still we remark on patriotism, sing,
Salute the flag, thrill heavily, rejoice
For death of men who too saluted, sang.
But inward grows a soberness, an awe,
A fear, a deepening hollow through the cold.
For even if we come out standing up
How shall we smile, congratulate: and how
Settle in chairs? Listen, listen. The step
Of iron feet again. And again wild.
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il progresso
E indossiamo ancora le uniformi, seguiamo
il grido rotto delle trombe, orgoglio e pregiudizio
strigliati e spazzolati, falsiamo lo scialbo ardore
iniziale, di tenerlo fresco ci auguriamo.
Ancora applausi alla voce e al volto del Presidente.
Ancora commenti al patriottismo, canti,
saluti alla bandiera, gran tripudio, gioia
per la morte d’uomini che pure salutarono e cantarono.
Ma dentro cresce una sobrietà, sgomento,
paura, un vuoto che nel freddo sprofonda.
Poiché anche se ne venissimo fuori vivi
come faremo a sorridere, congratularci: e come
sistemarsi nelle sedie? Ascolta, ascolta. Il passo
di piedi di ferro di nuovo. E di nuovo folle.
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Iniziative |
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22 novembre 2024 Recensibili per marzo 2025
19 settembre 2024 Il saluto del Direttore Francesco Stella
19 settembre 2024 Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi
16 settembre 2024 Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni
21 aprile 2024 Addio ad Anna Maria Volpini
9 dicembre 2023 Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"
15 ottobre 2023 Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi
30 settembre 2023 Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio
11 settembre 2023 Recensibili 2023
11 settembre 2023 Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto
26 giugno 2023 Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato
21 giugno 2023 Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova
6 maggio 2023 Blog sulla traduzione
9 gennaio 2023 Addio a Charles Simic
9 dicembre 2022 Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma
15 ottobre 2022 Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi
13 maggio 2022 Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio
26 ottobre 2021 Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"
16 ottobre 2021 Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre
11 ottobre 2021 La Divina Commedia nelle lingue orientali
8 ottobre 2021 Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français
21 settembre 2021 HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"
11 giugno 2021 Laboratorio Poesia in prosa
4 giugno 2021 Antologie europee di poesia giovane
28 maggio 2021 Le riviste in tempo di pandemia
28 maggio 2021 De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca
21 maggio 2021 Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini
11 maggio 2021 Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube
7 maggio 2021 Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana
23 aprile 2021 La poesia di Franco Buffoni in spagnolo
22 marzo 2021 Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021
19 giugno 2020 Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio
1 giugno 2020 Call for papers: Semicerchio 63 "Gli ospiti del caso"
30 aprile 2020 Laboratori digitali della Scuola Semicerchio
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