« indietro MARCO CIPOLLINI, Sirene, Pisa, Edizioni ETS 2004, pp. 440, € 20,00.
Difficile dare una definizione univoca ed esauriente di questo ambizioso ed intenso poema in esametri, che si snoda lungo cinque libri di dodici canti ciascuno, per un totale di 14400 versi. E che al suo interno ha, come il mare, un ritmo ad onde, circolare, e tante storie, vere o «morgane». Se il metro, la struttura e lo stile richiamano l’epica («un’epica nuova, di eroi senza eletti natali») a partire dalla iniziale Invocatio alle 50 ninfe del mare, che «vivon realmente, e non solo nell’inno sfibrato / di antichi poeti», se l’argomento – il manifestarsi proibito (un tempo soltanto infido e pericoloso, ora semmai salvifico) delle immortali Sirene agli uomini della contemporaneità – chiaramente mira a rifondare nella tradizione una mitologia moderna, l’arco temporale che si abbraccia va dal 1943 al 1968, in una Toscana infestata dagli eccidi dei nazifascisti. I contenuti spaziano dal romanzo di formazione e dall’amore puro e contrastato tra il giovane coraggioso Davide, ex studente, combattente e poi partigiano, e Alia, bellissima Sirena che lo salva da naufragio, disposta per lui a diventar donna e soffrire la prostituzione, alla vita di una operosa e povera campagna stremata dalla guerra, non estranea a episodi d’amicizia e solidarietà tra vittime alla pari; dalla lontana legge cosmogonica che fonda il mare, le sue creature, i suoi insondabili misteri, fino al rivelarsi escatologico di una dimensione eterna, una sorta di visione del paradiso e dell’inferno, esperita dal giovane protagonista in coma, risvegliatosi poi per cantare, da poeta, il trionfo della luce e dell’amore, e farsi, da novello Ulisse, novello Dante. Poema, quindi, di un doppio registro (aulico e classicista, simbolico e didascalico, ma anche satirico, grottesco); di un mutevole piano d’indagine, quello storico e locale, delle memorie famigliari (compare perfino, quasi al termine, l’autore-testimone privilegiato dei fatti, con tanto di nome reale) e quello dell’eterna lotta tra bene e male, angeli – qui le Sirene – e demoni-mostri a corromperne la purezza e la perfezione; tanto che non sapremmo dire se a prevalere nell’immaginario arcaizzante sia la versione romantica ma storicizzata della Sirenetta della favola, o l’elevatio animae fino al pegno maiuscolo del conclusivo PRODEO PRO DEO. Poetica di dilemma tra una divinità perfetta ma fredda e una umanità corruttibile ma amabile; poetica di onde, erba, luce, vento, giorni (queste le cicliche parole-chiave che concludono, ciascuna, i canti di ogni libro), di nostalgici epiteti e composti («dolce-affioranti», «infinito-echeggianti», e reminescenze ora virgiliane ora medievali e dantesche (l’anticristo ed il «gran loico», la «fulgida stella», la materia «informata» dall’eterno). Uno stile fecondo, classicista ma duttile, capace anche di punte ironiche e musicalità contemporanee. La lettura suscita impressioni e reazioni cangianti. Desta ammirazione il sapiente gioco delle rime, citazioni più o meno esplicite; imbarazzano certi passaggi, ora perché franti, ora perché lenti; sorprende la ripresa di una misurata ma amara saggezza greca, ad esempio nella gnome «Esistere è solo una spuma del caso / un nulla che brilla un istante!»; ma anche colpiscono alcune mirabili scene di guerriglia, ingiustizia o violenza dettagliatamente descritte, così come desta curiosità, dell’autorepersonaggio, l’acuto assurgere a proprio cognome ed emblema la «cipolla», umile ma fatta di strati segreti e di molteplici livelli. E persuasiva appare l’iniziale dichiarazione «Meglio sfinirsi a morgane mentali che il nulla fissare»: come volesse alludere con rassegnazione a uno dei (tanti) sempiterni compiti del poeta, la finzione consapevole e consolatoria di creare mondi dal nulla, contro il nulla folle della Storia.
Caterina Bigazzi
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