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ROSALBA DE FILIPPIS (a cura di), Paura. Intellettuali e artisti sulle angosce del nostro tempo, Firenze, Edizioni della Meridiana, 2016, pp. 112, € 12,00.

La paura è un sentimento dominante del nostro tempo: sarà sufficiente aprire un giornale, accendere la televisione o frequentare i tanto discussi social network per capire l’aria pesante che talvolta si respira. Un clima di perenne incertezza che vede da un lato persone sempre più spaventate alla costante ricerca di un capro espiatorio (da leggersi anche nel senso girardiano del termine), e dall’altro una politica che fatica a dare risposte a queste (non più tanto) nuove ansie. Poco importa quali siano gli argomenti in questione: siano questi l’immigrazione, la crisi economica, la globalizzazione, il terrorismo o i cambiamenti climatici, ci sarà sempre chi farà di tutto per minimizzare o screditare i timori di coloro che vedono delle minacce in questioni come quelle sopracitate; mentre si farà strada anche chi, in maniera opposta, proverà ad amplificare le paure già insite nella popolazione, proponendo soluzioni semplici a problemi complessi, che meriterebbero approfondite discussioni e dibattiti meno sterili. Paura. Intellettuali e artisti e sulle angosce del nostro tempo prende il tema della paura e lo analizza, lo sviscera; dà voce a punti di vista che guardano il problema da molteplici angolazioni. Una prospettiva, ad esempio, è quella della malattia; qui, ne parlano Alessandro Moscè e Ezio Bosso. Il primo (poeta, scrittore e critico), nel suo intervento, racconta della rara forma di tumore che lo colpì in età preadolescenziale, che lo costrinse a incessanti cure; questo, nel momento in cui il suo punto di riferimento era il calciatore Giorgio Chinaglia: non un semplice idolo, ma un simbolo di vittoria e tenacia, figura alla quale Moscè ha dedicato anche il romanzo Il talento della malattia, dove la grave vicenda giovanile dell’autore incontra le gesta sportive di Chinaglia; dimostrazione che paura e malattia possono dar vita anche a opere letterarie, come avvenuto anche nei secoli addietro. Il noto musicista Ezio Bosso, affetto da SLA, risponde invece alle domande dell’avvocato civilista Luciano Marocco: non solo la malattia, ma anche il successo e la conoscenza di sé sono l’oggetto delle risposte di Bosso, il quale afferma che le angosce del nostro tempo siano da combattere con bellezza e conoscenza. Una tesi che sembra accomunare gran parte degli scritti presenti in Paura: «accudire ciò che siamo stati, studiarlo, promuoverlo in condivisione e onestà, è uno dei modi per combattere chi ci vuole niente» (p. 19), afferma Luca Nannipieri, anch’egli convinto che si debba sconfiggere la paura attraverso l’arte. Il saggista si concentra in particolar modo su ciò che compone i nostri paesi e le nostre città: è la Storia che deve essere difesa, in modo tale da tutelare anche noi stessi e la nostra memoria collettiva. Davide Rondoni, poeta, dal canto suo, prova a spiegare la paura con due suoi componimenti, concludendo che l’amore debba sempre venire prima della paura: ma quest’ultima deve essere comunque amata e rispettata. Libri, cultura e conoscenza sono anche protagonisti in Coltivare il re-incanto con leggerezza (pp. 93-95): l’esperta di marketing culturale Catterina Seia si rifà al concetto di leggerezza, di calviniana memoria, che non implica assolutamente la mancanza di profondità; cita poi il progetto “Cartesio” della cooperativa Arcobaleno, il quale accoglie «gli ultimi della fila dalle periferie esistenziali», ma pure tutti quei libri che altrimenti sarebbero destinati al macero. Tiziano Fratus, scrittore e poeta, definito «cercatore d’alberi», stimola il lettore al ritrovamento della consapevolezza del proprio essere nel mondo, a una pace che può essere cercata e trovata nella natura attorno a noi, anche in quella che sta a pochi passi da casa. La miglior letteratura per ragazzi è il fulcro del brano firmato dallo scrittore e giornalista Alessandro Zaccuri che, parlando di «paura come eccezione», parte dal Pinocchio di Collodi e dal personaggio dell’Omino di burro, colui che condurrà i ragazzi al Paese dei balocchi, il quale nasconde un animo spietato e malvagio dietro una maschera mansueta, al contrario dell’apparentemente temibile Mangiafoco. La morale è la seguente: è necessario esser capaci di riconoscere gli Omini di burro che intralciano il nostro cammino. Quello dell’antropologo Fabio Dei è un discorso molto articolato che parte da Zygmunt Bauman e Marc Augé; s’interroga sui legami tra paura e politica, sul perché il monopolio della paura sia troppo spesso in mano alla destra e sul perché la sinistra tenda spesso a prendere sottogamba le inquietudini del popolo; una tesi che sta bene insieme anche col breve saggio dell’urbanista Marco Romano, La città e la paura: passando per le utopie di Moore e Campanella, la fenomenologia della paura è spiegata per mezzo dello spazio urbano, di come questo sia cambiato negli anni e nei secoli e di come la modernità e la contemporaneità abbiano fallito nell’ambito della sicurezza, sfociando nella ghettizzazione degli ultimi, alimentando la paura senza contrastarla. Armando Punzo racconta la sua esperienza del teatro delle carceri, argomento assai discusso, più volte oggetto di narrazioni, servizi giornalistici e film (Cesare non deve morire dei Fratelli Taviani, 2012); il regista e drammaturgo parla del teatro come «uscita da sé»; sul palcoscenico, l’uomo può trasformarsi in qualcos’altro: «la mia eresia è credere nelle potenzialità trasformatrici dell’uomo» (p. 82). «Le paure si smantellano, in primo luogo, ascoltandole» (p. 15), scrive Rosalba de Filippis, presentando questo saggio a più mani come un testo rivolto ai giovani; a quei giovani che la curatrice e ideatrice del volume, in qualità di insegnante, guarda negli occhi ogni giorno, percependo prima dai loro volti, e poi dalle loro parole, la precarietà del presente e la poca fiducia nel domani: due elementi che già da soli possono scatenare le paure più disparate, rappresentativi, in questo caso, di una intera generazione, circondata da una realtà che, conclude sempre de Filippis, «esprime bisogni urgenti e domande che esigono risposte» (p. 16). Obiettivo del libro è dunque anche quello di provare a dare qualche risposta, talvolta suscitando anche qualche nuovo interrogativo, cercando di prendere in esame le varie forme che la paura può assumere, senza però ricondurre il discorso alla sola – e, ad ogni modo, imprescindibile – dimensione socio-politica.

(Marco Renzi)

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