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SONIA GENTILI, Viaggio mentre morivo, introduzione di Giancarlo Pontiggia, Torino, Nino Aragno Editore, 2015, pp. 140, € 12,00.

La terza raccolta di poesie di Sonia Gentili, vincitrice del «Premio Viareggio» 2016, parte da una ripresa faulkneriana, ovvero dal titolo del romanzo Mentre morivo (del ’30), a sua volta citazione dal libro XI dell’Odissea, quello della discesa agli Inferi da parte di Ulisse. Ma dove in Faulkner l’io narrante – quello di una donna in agonia trasportata dal marito e dai figli verso il luogo che sarà quello della sua sepoltura – racconta ciò che accade intorno a sé prima del trapasso, qui il viaggio a cui l’io lirico si abbandona è quello di una perdita del controllo della coscienza del sé per farsi abitare dalla visione, è quello del passaggio dalla fine ad un nuovo inizio. Il soggetto si indebolisce, diventa campo di battaglia di sogni ed immagini, e vive un’esperienza ai margini, sul limite: «viaggio dove il presente si consuma / nel nero ventre della luce, trasparente / come nel buio l’attesa della luna». È la creazione poetica il centro di questa raccolta, tanto che la poesia eponima dà il titolo anche alla prima sezione, la più corposa (68 testi), in cui il componimento Morfina, ispirato ad un racconto di Bulgakov, coglie l’‘uscita’ dal mondo che l’io poetico sperimenta, come l’oppiaceo porta ad un lento isolamento verso terreni sconosciuti: « […] velo / che copre il vetro d’un mistero / che non è giorno, né sera, né / tormento, solo onda / senza riva che discende, […] / […] Il velo che ricopre / di mistero il galleggiare / lontano del presente, il vetro / segreto nel ventre / dell’inondazione, la morfina / che sgorga dalla rivelazione » (p. 13). Il ricorso alle assonanze, alle rime imperfette e all’allitterazione, così come l’uso frequente dell’enjambement, cifre stilistiche di tutta la raccolta, creano un fluido nei versi che accompagna il baluginìo di ciò che ditta dentro, costituito da intermittenze di luci ed ombre. In Fiat lux – e luce sia – l’atto creativo conduce il poeta in un presente assoluto, in un hic et nunc lontano da ogni ordine cronologico: «vada la luce, consumi le pianure / e vada poi perdendosi, già morta, / dentro le vene aride di dio / dentro le vene aride che io / sento distendersi immortali nelle / notti / sento confondersi ai mortali nella / notte / le vene della mano / che domani / frantumerà ancora sul mondo / le ossa della nostra / luce» (p. 11). Il ritmo è quasi da preghiera, da litanìa medievale, anche se pur all’interno di un tracciato contemporaneo, e può ricordare la poesia di Patrizia Valduga, anche per ‘l’incursione’ dell’anafora e della rima («resti distesa e poi / potrà svanire / pensi a brillare e poi / potrà morire») che contribuiscono a cambiare improvvisamente registro.
La poesia di Sonia Gentili – autrice, tra l’altro, del saggio Novecento scritturale. La letteratura italiana e la Bibbia – è nutrita di citazioni, di riferimenti ai classici (pensiamo ai titoli delle raccolte precedenti: L’impero e la Gorgone, 2007; Parva naturalia, 2012), di rinvii agli autori più amati, come indica la Nota ai testi: fonte di ispirazione sono i versi dell’Iliade o della prima Lettera ai Corinzi, di Eliot, di Primo Levi o di Amelia Rosselli. Ma questo è anche un libro di luoghi ben definiti, di Città – titolo della seconda sezione – in cui la poetessa ci presenta sotto forma di tableaux degli incontri, come in Stazione Termini (Pathmos): «Due vecchie si rivelano nell’isola / dello spartitraffico a chi guida e si è fermato / al rito del semaforo // […] // […] Sono lo stomaco profetico / del mondo, sono l’eterno digiuno / ed il ritorno, sono parole dimenticate dentro / solitudini, il velluto / nero della premonizione » (p. 98). E in 2013 Mumbai, il formicolío della vita è solo «[...] una zattera / poggiata sui vapori, avvolta in stracci / d’afa dolce e infetta», e «[...] gli occhi / vuoti della vita in fiore che attende / e si consuma in un odore / di corpi e gelsomino, greve / come in un inguine, sordo e sempre / uguale come un canto» (p. 100). In Voix de Marseille, componimento in francese – una delle lingue della poesia di Sonia Gentili, oltre all’italiano, al latino e a citazioni in greco e in inglese –, la città è descritta con un climax: «[...] remplie / de cris, de mort et de / miracles, assise sur le vide / de ses sentiers qui se perdent / en points brûlants et lumineux // Marseille remplie de prophétie, assise / sur la lumière de notre / absence […]» (p. 107).
La raccolta si chiude con un Piccolo canzoniere (5 liriche) dedicato ad un bambino non-nato, ove si ritorna alla forma della poesia antica per cui dalla perdita nasce il canto: «io voglio e prego e grido / che nemmeno un po’ di questo / mi abbandoni » (Zakhor, p. 129). Ritorna l’enumerazione per polisindeto, che scandisce un movimento a climax, con la funzione di rallentare il ritmo, mentre l’assenza dà origine a delle immagini a tinte forti: «[…] verde e rossa è la tua casa nel mio ventre, / ma l’hai lasciata, e la mappa / della tua vita ignota è una strana / striatura colorata // […] Il letto / è una vela nell’azzurro […] / […] il fuoco / del tuo buio animale che è un bianco / più innocente di ogni cosa […]» (Colori (la vita fuori dalla storia), p. 132).. La gamma di colori disseminati nella raccolta è ampia: predominanti il nero, il blu, il verde, il giallo e il rosso, ma presenti anche il bianco, il grigio, il viola, il rosa e l’azzurro, che contribuiscono a creare immagini cromatiche molto forti. Viaggio mentre morivo è un libro composito, e «impervio» anche, come lo definisce Giancarlo Pontiggia nell’introduzione, in cui la poetessa mostra al lettore la «bestia irrazionale», la vita, che si sta incamminando verso la sua fine: «[…] passa / il contemplare ultimo che è un gesto / dimenticato tra le erbe, come Socrate / ha lasciato / un’ultima aria suonata con il flauto prima / di morire» (Passaggio, p. 32). Così la vita se ne va, com’era nata, lasciando dietro di sé solamente un suono lontano e leggero nell’aria.

(Laura Toppan)

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