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KONSTANTINOS KAVAFIS, Che siano tanti i mattini d’estate, a cura di Massimo Scorsone, Milano, Rizzoli ‘BUR’, 2013, pp. 1-231, € 11,50.


in: Semicerchio LI (2014/2) Per Seamus Heaney, pp. 98 - 99


Massimo Scorsone, alcuni anni fa, nel volume XXXII-XXXIII di «Semicerchio» si era cimentato in una traduzione latina di alcune poesie di Kavafis[1], creando un nuovo, particolare ponte tra il poeta alessandrino e la cultura classica. Con questo nuovo lavoro riprende il discorso su Kavafis presentando una traduzione, in italiano, delle poesie canoniche dell’Alessandrino composte tra il 1897 e il 1933. Nella sua Introduzione Scorsone rintraccia due elementi fondamentali che caratterizzano gli stilemi poetici della scrittura di Kavafis. Da un lato avvicina il poeta agli autori a lui coevi (Proust, D’Annunzio, Yeats o Pirandello, ma anche ai poeti simbolisti, parnassiani e ai movimenti culturali di fine secolo) senza appartenere a nessuna ‘scuola’ o movimento in particolare, per quanto i suoi dettami poetici talora sembrino accostarsi alle correnti appartenenti soprattutto alla letteratura fin de siécle. La sua diversità è sottolineata da Scorsone, il quale concorda con Sangiglio nel definire Kavafis una voce alternativa, nuova, di avanguardia anche nel quadro della poesia neogreca degli anni Venti. Il poeta alessandrino è infatti messo a confronto con Sikelianòs e Kazantzakis, più giovani di lui ma anche loro espressione di uno spirito innovatore. Dall’altro lato la poetica di Kavafis è connotata dal dialogo del poeta con la cultura classica, al punto che si serve qualche volta della classicità per raccontare il presente consolidando, in tal modo, il legame tra passato e presente. Nelle sue poesie il presente è raccontato con una dimensione ironica o sarcastica sempre velata di un erotismo che, riflette Scorsone, è l’elemento dominante nella sua opera: «Diletto e riflessione, ardore e sarcasmo si rinvengono in questo modo indissolubilmente fusi in una sola, intensa sensazione di sottile godimento […]. Si tratta evidentemente, non solo di componenti sufficienti e indispensabili a serbare la compiutezza dell’immagine di sé che il poeta volle trasfigurata nella sua opera, ma altresì di elementi costitutivi di una peculiare teoria estetica […] che, al di là di ogni vieto stereotipo maudit, sanno conferire all’intero universo kavafisiano una sua maliosa e perversa attrattiva». La sua poesia, osserva il curatore, si rivela un connubio tra Parola e Fantasia dove, citando le parole di Eliot «le cose attinte dai libri […] e le cose attinte dalla vita vissuta pulsano con lo stesso palpito vivo». Grazie alla sua traduzione elegante e ricercata, mai ad litteram, senza per questo alterare il significato dei testi o dare una visione personale delle liriche kavafisiane, Scorsone rimarca dunque il flusso continuo tra il passato e il presente, e del presente vissuto e descritto attraverso il passato.
La sezione «Testimonianze e giudizi critici» presenta un’antologia di brani esemplari sulla fortuna critica di Kavafis che vanno da alcune pagine tratte dal testo di E.M. Forster del 1923, uno dei primi saggi sul poeta alessandrino, all’Introduzione di Ezio Savino per le Poesie segrete tradotte e pubblicate da Crocetti, a un testo critico di Nassos Vaghenàs, curatore di un volume importante pubblicato a Salonicco, sulla universalità della poesia di Kavafis, al giudizio di Nicola Gardini, per concludere con un brano tratto dall’Introduzione di Seamous Heaney alla traduzione inglese delle poesie di Kavafis pubblicate nel 2007.
Il pregio di questa nuova edizione delle poesie di Kavafis tradotte in italiano è pertanto la ricchezza di informazioni bibliografiche, presenti fin dall’Introduzione, molto utili sia al lettore non specializzato che allo studioso dell’opera del poeta alessandrino. La Nota bibliografica, che chiude questa lunga introduzione all’opera poetica di Kavafis, perfeziona le informazioni fornite in precedenza. Scorsone ci offre una panoramica molto ampia sulle traduzioni in italiano dell’opera del poeta Alessandrino, a cominciare dalle versioni pubblicate da Antonio Catraro su un foglio letterario di Alessandria d’Egitto nel 1919 per finire con l’antologia di Kavafis edita nel 2011 per i tipi del «Corriere della Sera», inclusa nella collana “Un secolo di poesia” e curata da Filippomaria Pontani. Abbastanza ampio e utile è anche il panorama delle pubblicazioni in altre lingue con riferimenti alle traduzioni più conosciute in inglese, francese e tedesco pubblicate nel XX secolo. La fortuna di Kavafis in Europa è presentata anche con i testi critici di riferimento, proposti per titoli emblematici, pubblicati dal 1919 (un saggio di E. Forster uscito su «The Nation») fino al 2010 (Imagination and Logos: Essays on C. P. Cavafy, a cura di Panaghiotis Roilos, edito negli Stati Uniti). Per finire, molto ricca è la sezione dedicata alla bibliografia italiana che inizia con un Saggio sulla poesia di Costantino Cavafis pubblicato da Filippo Maria Pontani nel 1940 per arrivare a un testo di Ghiorgos Kentrotìs (Alessandria e Roma nella poesia di Costantino Kavafis, «Dictio» 2, 2007-2008). Per quanto riguarda l’antologia delle poesie canoniche la suddivisione in sezioni per periodi di composizione rende ancora più chiaro lo sviluppo della poetica dell’Alessandrino.
Che siano tanti i mattini d’estate è insomma un volume da aggiungere alla propria biblioteca perché è uno dei migliori volumi di poesie di Kavafis usciti in Italia.

(Gabriella Macrì)

[1] M. Scorsone, Kavafis latino, «Semicerchio» 32-33 (2005), pp. 58-60.

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