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DELLA LETTERATURA ABORIGENA AUSTRALIANA
di Margherita Zanoletti
I poeti non credono alle date,
credono che la loro storia cominci dalla presenza.
A. Merini
Secondo la tradizione aborigena, in principio il pianeta era completamente vuoto. La Terra come noi la conosciamo, e tutto ciò che essa contiene, risale al Tempo del Sogno (Alcheringa1), durante il quale, per azione di alcuni misteriosi esseri soprannaturali, vennero alla luce tutti gli elementi e le creature terrestri, compreso l’uomo. Inoltre, nel Tempo del Sogno vennero generate le leggi a cui gli uomini obbediscono: le leggi della convivenza umana, le regole della distribuzione del cibo, quelle del matrimonio, i rituali dell’iniziazione e le cerimonie funebri. Al termine dell’azione creatrice, il Tempo del Sogno non si concluse del tutto: fu un inizio che non ebbe mai fine. Alcuni miti narrano la scomparsa dei misteriosi creatori: abbandonate le spoglie mortali, essi continuarono a vivere in luoghi segreti, come grotte, alberi, pozze d’acqua; altri salirono in cielo per divenire corpi celesti; altri ancora si trasformarono in forze naturali come il vento, la pioggia, il fulmine o il lampo. Perciò il paesaggio, tuttora abitato da alcuni spiriti creatori, è icona della creazione. Di qui la portata spirituale dello stupore del poeta di fronte al rinnovarsi della natura come ciclico rituale.
La società aborigena è fondata sulla narrazione2. I viaggi delle creature del Tempo del Sogno, che crearono il paesaggio e stabilirono le norme per gli esseri umani, sono narrati nei cicli di canzoni e iscritti nel paesaggio stesso. A partire dal 1770, anno dello sbarco di James Cook sul continente australiano, gli aborigeni hanno utilizzato la narrazione secondo due scopi principali: da un lato, nell’intento di perpetuare la propria saggezza e le proprie tradizioni culturali; dall’altro, per attribuire un senso all’impatto con la colonizzazione europea3. La scrittura, pertanto, è un fenomeno relativamente recente, che affonda le proprie radici nella tradizione orale: tale tradizione, alla base della scrittura aborigena, risulta di fondamentale importanza per il mantenimento della continuità culturale e per fornire a chi ascolta analisi e interpretazioni della società contemporanea.
Una tradizione «multimediale» Penny Van Toorn4 paragona sotto certi aspetti le storie e le canzoni della tradizione orale aborigena a multi media interattivi, dove una rete di sistemi di significato opera simultaneamente per trasmettere le informazioni attraverso transazioni dialogiche. Durante le cerimonie rituali, sia il pubblico, sia i danzatori sono partecipanti attivi e il significato delle parole è collegato al contesto della danza, ai gesti rituali, ai disegni, alle incisioni e ai dipinti sul corpo: la tradizione orale, in altri termini, è legata sia alla comunicazione non verbale, sia all’ampio spettro della vita sociale e culturale della comunità.
Di conseguenza, tradurre la narrativa orale in parole, in inglese, interpretandola in contesti culturali alieni e utilizzandola per scopi non tradizionali per anni ha significato semplificare e spesso distorcere forma e funzione originarie. Alcune pubblicazioni più recenti5, tuttavia, hanno cercato di superare il problema, utilizzando accorgimenti grafici che rendano l’idea del ritmo e delle pause, oltre che della pronuncia e dei cambi di tono.
La scrittura aborigena nasce, in parte, dal desiderio di comunicare a un pubblico bianco, rivolgendosi al maggior numero possibile di lettori e, nello stesso tempo, dalla necessità di confrontare il proprio passato con il presente, facendoli convivere: l’analisi della contemporaneità opera attraverso il filtro della cultura, attingendo a quell’immenso sistema di interpretazione della realtà che è il mito.
Dietro una costruzione testuale apparentemente lineare e ingenua, si cela una spontanea complessità fatta dall’intreccio di tante storie, dove i significati si sovrappongono, si sedimentano e riposano inquieti, come spesso avviene quando la memoria individuale arricchisce la memoria collettiva di particolari, con l’aggiunta di nuove sfumature e angolature. In altri termini, esiste una complessità imparentata alle modalità in cui il testo ha avuto origine, con le fonti orali e tradizionali da cui scaturisce e con il formato al quale ha dovuto adeguarsi, trasformandosi in testo scritto.
Prime voci scritte Le primissime testimonianze aborigene scritte sono lettere, spesso dettate da bianchi e legate al contesto delle missioni o delle riserve governative. A partire dall’apertura della prima scuola elementare per aborigeni (Paramatta, NSW, 1815) e con la diffusione graduale dell’istruzione, gli aborigeni iniziarono a scrivere lettere, petizioni, articoli di giornali locali; tutto questo materiale era, naturalmente, sorvegliato dalle istituzioni e in gran parte scritto per le autorità bianche. Per tutto il diciannovesimo secolo, e fino alla prima metà del Novecento, tuttavia, le pratiche di scrittura aborigena rimangono estranee ai generi letterari più «alti».
L’anno spartiacque tra storia e preistoria della letteratura aborigena australiana è il 19296. In questa data, David Unaipon pubblica Native Legends, la prima trascrizione delle voci che, per millenni, si sono tramandate i miti e i racconti della tradizione. La seconda data significativa è il 1964, anno in cui compare il primo libro di poesie di Kath Walker, We are Going7, in assoluto la prima raccolta poetica a essere pubblicata da un autore aborigeno. Prima di queste due date, si snoda la linea dei millenni di quando la parola abitava solo gli spazi della memoria e quelli, immensi, del continente australiano, sconosciuti alla cultura occidentale e alla lingua inglese.
Le reazioni I primi tentativi di elaborare per iscritto una rapsodia millenaria riscuotono un successo immediato: il primo romanzo aborigeno, Wild Cat Falling8, esce nel 1965 a opera di Mudrooroo Narogin (Colin Johnson); First Born and Other Poems, di Jack Davis, nel 1970. Tre anni dopo, esce Because A White Man’ll Never Do It, di Kevin Gilbert, il primo saggio di politica, mentre nel 1978, lo stesso autore fa pubblicare Living Black, una raccolta di storie tradizionali aborigene raccontate, finalmente, da un punto di vista aborigeno9.
Lo sbocciare di un questa nuova stagione creativa porta con sé due importanti risultati. In primo luogo, gli autori aborigeni si rendono conto di essere in grado meglio di chiunque altro di rielaborare e proporre la propria cultura. In secondo luogo, accanto al fiorire della produzione artistica, la cultura aborigena diviene oggetto di studio nelle università. Ci si interroga su chi sia il poeta aborigeno, cosa lo differenzi rispetto a un autore in lingua inglese e si comincia a pensare che valga la pena occuparsene in modo sistematico e scientifico. Autori di spicco, tra i quali Kath Walker, si sono proposti con coraggio all’attenzione del pubblico occidentale, ottenendo spesso riconoscimenti ufficiali da parte di università di tutti i continenti e, nello stesso tempo, stimolando il mondo accademico a dilatare gli orizzonti della ricerca.
Una storia complessa, una produzione variegata La rievocazione del passato, chiave di volta della letteratura aborigena, è in primo luogo legata all’evoluzione storica più recente, e parla del contrasto tra le due fasi pre- e post-coloniale, riallacciandosi al tentativo di riabilitazione e riscatto della cultura attraverso il recupero della tradizione orale e il travaso (o meglio, la sua rilettura) in una cornice culturale rinnovata, adatta alla nuova situazione storica. Il secondo livello della rievocazione è quello mitologico: un livello nel quale i piani aristotelici non hanno senso, dove presente e futuro si annodano originando soluzioni stilistiche di apparente incoerenza temporale.
Seguendo la tesi di Philip Morrissey, tutta la letteratura aborigena è letteratura politica10. Sin dai primi esordi, le opere sulle quali è germogliata una nuova letteratura, modello e specchio per autori e produzioni successive, si interrogano insistentemente sulla definizione di contemporaneità e sul ruolo dell’artista all’interno della società contemporanea. La dimensione politica della scrittura aborigena è correlata a una serie di preoccupazioni e si esprime esplicitamente in una varietà di modi, modulandosi intorno a temi come la resistenza alla repressione, la riconciliazione con la cultura dei colonizzatori, la celebrazione della propria tradizione, la riconfigurazione di alcuni aspetti del patrimonio orale nel formato scritto, e la sopravvivenza culturale e della comunità11.
Tutto ciò si trasforma in una variegata, prolifica produzione letteraria. La varietà della letteratura aborigena è testimoniata dalla cruciale raccolta Paperbark, pubblicata nel 1990 dai curatori Jack Davis, Stephen Muecke, Mudrooroo Narogin e Adam Shoemaker, che ne ripercorre a grandi linee la storia. Nella sua introduzione, che illustra la filosofia, le finalità e l’intento del libro, viene affermato che non si tratta di un tentativo di omogeneizzare e ridurre la complessità della scrittura aborigena, bensì di ispirarsi ai principi della molteplicità e del pluristilismo.
Focus sulla poesia Oodgeroo, Kevin Gilbert, Jack Davis e Mudrooroo sono considerati i fondatori della letteratura aborigena contemporanea.
Negli anni Sessanta e Settanta, la letteratura aborigena emerge di pari passo con l’entrata del popolo aborigeno sulla scena politica della nazione. Le condizioni storiche che hanno favorito la nascita di una letteratura aborigena scritta influenzano inevitabilmente ogni verso, anche laddove non si tratti di contenuti «politici» in forma diretta; l’ombra della colonizzazione fa da sfondo allo scintillio del rancore. La prima generazione di scrittori aborigeni condivide una serie di metodi e preoccupazioni: rivendicare la giustizia e il possesso della terra, battersi contro i pregiudizi razziali e le menzogne storiche del progresso e dell’insediamento pacifico dei bianchi, insistendo, inoltre, sulla continuità tra passato e presente.
L’opera di Oodgeroo, e in particolare la sua poesia, fu spesso criticata proprio a causa delle sue implicazioni sociali e politiche: per alcuni utilizza uno stile troppo «moderno» e pertanto inautentico, per altri è una poesia troppo diretta (povera di metafore e immagini) e quindi scarsamente poetica. Oodgeroo ha uno stile caratterizzato da semplicità (lessicale e metrica: ricorda le nursery rhymes), brevità, wit, uso di forme proverbiali; la preoccupazione estetica segue l’urgenza di trasmettere un preciso messaggio.
Nella sua introduzione alla raccolta antologica Inside Black Australia (1987), Kevin Gilbert parla in toni appassionati dell’autenticità dei concetti di aboriginality12 e giustizia come dei soli principi in grado di sostenere la futura Australia13. Gilbert raffigura l’Australia contemporanea come un campo di battaglia sul quale si scontrano due forze opposte, una positiva (aborigeni) e una negativa (colonizzatori) e mette sull’attenti rispetto a una lettura depoliticizzata, puramente estetica dei testi. Gli autori scelti - tra i quali Frank Doolan, James Everett, Mary Duroux, Rex Marshall e Julie Watson Nungarrayi - devono la propria notorietà, più che ai loro versi, all’attivismo politico e al ruolo ricoperto all’interno delle comunità. All’interno di una tradizione primariamente orale come quella aborigena australiana, dove ciascuno è potenzialmente poeta, l’accento viene posto su contenuti e finalità dialogiche piuttosto che sulle innovazioni formali, tanto che spesso il testo acquista maggior efficacia se interpretato dal poeta stesso durante performance dal vivo. Anche Gilbert fu spesso criticato per il suo stile troppo «politico». Molte sue poesie costituiscono monologhi drammatici, o includono stralci dialogici tra voci aborigene molto eterogenee tra loro (uomini, donne, giovani, vecchi, cittadini, rurali) o addirittura con altri testi e autori.
In termini di linguaggio e di contenuto, Lionel Fogarty è forse il poeta aborigeno più radicale. Fogarty considera e utilizza la lingua inglese come un medium non suo (a differenza di Oodgeroo, che se ne appropria): nelle sue composizioni incorpora elementi della lingua tradizionale, utilizza parole che in inglese e nell’uso aborigeno dell’inglese hanno diverso significato, sovverte la grammatica e la sintassi per tenere il lettore in posizione esterna e disorientarlo. La prima generazione di poeti aborigeni, Oodgeroo, Gilbert, Davis e Fogarty, ha lasciato il testimone ad autori altrettanto significativi come Mudrooroo e Roberta Sykes. I due cicli di Mudrooroo The Song Circle of Jacky (1986) e Dalwurra (1988) rappresentano tentativi importanti di imitare lo stile dei canti tradizionali. Roberta Sykes, a sua volta, con Love Songs and Other Revolutionary Actions (1979) ha ispirato una generazione di scrittrici aborigene, nello stesso tempo rivolgendosi a un pubblico non aborigeno. In tempi più recenti, è emersa una generazione di poeti urbani, la cui opera parla spesso di alienazione e razzismo, e che affonda le radici nella tradizione dei canti di protesta che li ha preceduti. Si tratta, tra gli altri, di Lisa Bellear, Anita Heiss, Kerry Reed-Gilbert (figlia di Kevin Gilbert) e Kim Scott14.
Nella selezione di liriche proposta, ho cercato di rispettare la polifonia e il carattere acerbo e antico delle liriche. Dai toni soffusi di malinconia, emergono un rancore ancora presente e una memoria storica fresca e tagliente del passato di sofferenza e umiliazione, assieme all’esigenza di trovare una propria identità interna alla nuova situazione sociale e alle influenze culturali dell’Australia «bianca».
NOTE
1 «Our legends tell of the spirit world and they go back to the Alcheringa (now renamed «Dreamtime» without our permission). We know that the earth is our mother who created us all. We cannot own her, she owns us. So we are the custodians of our Earth Mother, whom we must respect and protect at all times. The damage done to the Australian environment over the last 200 years shows that many of the white strangers who came amongst us did not understand this need for respect and protection». Oodgeroo Noonuccal (ed.) Australian Legends and Landscapes, Milson’s Point, NSW: Random Century, p. 8. La citazione è tratta è una raccolta di leggende tradizionali aborigene corredate da illustrazioni e fotografie a cura dei Reg Morrison. Ancora Kath Walker: «Australian archaeologists are just now beginning to discover what Aboriginal people have always known. [...] Our ancient history is locked in a cultural memory, which in turn is locked in the alcheringa, or as it has been re-named (incidentally, without our permission), the Dreamtime». Walker, K., Towards a Global Village in the Southern Hemisphere. Nathan, Qld: Institute for Cultural Policy Studies, Division of Humanities, Griffith University, 1989, p. 3.
2 Cfr. Morrissey, P., Aboriginal Writing, in The Oxford Companion to Aboriginal Art and Culture. Melbourne: Oxford University Press, 2000, pp. 313-320.
3 «All human legends are many things. They record our history. They inform us of our geographical places, of good and evil. They are our communication with each other. In the Aboriginal instance, each separate tribe has its own unique legends, traditionally passed down through word of mouth from generation to generation». Oodgeroo Noonuccal (ed.) Australian Legends and Landscapes, cit., p. 5.
4 Van Toorn, P., Indigenous Texts and Narratives, in Webby, E. (ed.), The Cambridge Companion to Australian Literature, CUP, Cambridge, 2000, p. 20.
5 Roe, P., Gularaburu, 1983; Benterrak Muecke, S., Roe, P., Reading the Country, 1984; Neidjie, B., Story About Feeling, 1989; Taylor, J. (ed.), Wandjuk Marika: Life Story, 1995. Cfr. Van Toorn, P., Indigenous Texts and Narratives, cit., pp. 21-22. L’Autore accenna inoltre alle pubblicazioni antologiche e al dilemma relativo all’inclusione o meno di autori aborigeni: nel primo caso si rischia l’accusa di appropriazione culturale, nel secondo di discriminazione eurocentrica.
6 Cfr. Morrissey, P., Aboriginal Writing, cit.
7 Kath Walker, We are Going, Brisbane, Jacaranda Press 1964.
8 Cfr. Mudrooroo, Gatto selvagio cade, Le Lettere, Firenze, 2003, trad. italiana a cura di Lorenzo Perrona.
9 Gilbert, K. (ed.), Inside Black Australia. Melbourne: Penguin, 1988, p. 187.
10 Morrissey, P., Aboriginal Writing, cit., p. 313.
11 Sull’argomento, Antony Giddens ha operato una classificazione tenendo conto dei contenuti e delle finalità di un’opera: 1) opere che auspicano emancipazione politica (emancipatory politics), vista come il superamento di ingiustizia e discriminazione sistemiche; 2) opere che propongono politica di vita (life politics), ovvero la creazione di principi etici di vita e coesistenza; 3) opere che offrono una combinazione di 1) e 2).
12 «The concept of Aboriginality did not even exist before the coming of the European. Rather, Indigenous Australians identified themselves and others according to kinship groups, skin groups, or on the basis of their relationship to totems, the Dreaming or particular tracts of land. [...] Stereotypical images of the other, created by the coloniser, are based on notions of difference and otherness. Such differences then become a justification for controlling the other». Kurtzer, S., Wandering Girl: Who Defines «Authenticity» in Aboriginal Literature?, «Southerly»,3, 1988, p. 20-29. Cfr. anche Fanon, F., «The fact of Blackness» in Donald, J. And Rattansi, A. (eds.), Race, Culture and Difference, London, sage Publications, 1992.
13 Cfr. Gilbert, K. (ed.), Inside Black Australia. Melbourne: Penguin, 1988, p. 187.
14 Cfr. Douglas, J. (ed.), Untreated: Poems by Black Writers, Ali-ce Springs, Jukurrpa Books, 2001; Reed-Gilbert, K. (ed.), Message Stick: Contemporary Aboriginal Writing, Alice Springs, Jukurrpa Books, 1997; Bellear, L., Dreaming in Urban Areas, St Lucia, University of QLD Press, 1996.
Liriche tratte da: Kevin Gilbert (ed.), Inside Black Australia – an Anthology of Aboriginal Poetry, Ringwood, Penguin Australia, 1988.
W. LES RUSSEL Originario del Victoria, nel 1979 fonda e dirige l’Aboriginal Mining Information Centre, uno dei più grandi centri di ricerca indigeni al mondo. Nel 1986 pubblica la raccolta di liriche Greed for Green.
PANSY ROSE NAPALJARRI
Insegnante di materie letterarie presso la Lajamanu School, Hooker Creek (Northenrn Territory).
EVA JOHNSON
Originaria di Daly River, Northern Territory, all’età di tre anni viene sottratta alla madre naturale dalle autorità e affidata alla missione di Croker Island. Dal 1957 vive a Adelaide, dove si aggrega al Black Theatre, recita e scrive teatro.
BOBBI SYKES
Originaria di Townsville, Queensland. Studia Scienze dell’educazione a Harvard, ha all’attivo numerose pubblicazioni di saggistica e di poesia ed è una delle voci più influenti della letteratura aborigena contemporanea.
MUDROOROO NAROGIN Il suo primo romanzo, Wild Cat Falling, esce nel 1965. L’opera si rivelò profetica nel modo in cui l’autore sviluppò temi indigeni relativi alla terra, tradizione, identità, governo e comunità, e nel modo in cui seppe escogitare una soluzione narrativa che implicasse una ricreazione del sé e della propria cultura attraverso un ritorno alle proprie origini culturali. Senza necessariamente fare esplicito riferimento a Wild Cat Falling, gli autori aborigeni successivi esplorarono gli stessi temi e adottarono soluzioni narrative simili. Subito dopo la pubblicazione di Wild Cat Falling, Mudrooroo partì dall’Australia, per trascorrere un lungo periodo in Asia. Rientrato in Australia sul finire degli anni Settanta, incominciò a pubblicare regolarmente romanzi, che ottennero un buon successo di pubblico e critica. Ma l’opera più significativa è Writing from the Fringe, una raccolta di saggi critici di letteratura aborigena che venne pubblicata nel 1990.
L’idea centrale di Writing from the Fringe si ispira alla periodizzazione operata da Frantz Fanon, il quale, nella storia della letteratura aborigena, identifica una serie di tappe lungo un percorso progressivo, che parte da una letteratura assimilata e culturalmente alienata per approdare a una letteratura attiva e propositiva. Semplificando la categorizzazione di Fanon, Mudrooroo sostiene che la letteratura aborigena sia entrata nella fase attiva, durante la quale molti aborigeni, che in precedenza non avevano mai pensato di diventare autori, iniziano a scrivere. Secondo Mudrooroo, tuttavia, molto di ciò che viene scritto è ancora una filiazione e non ancora autenticamente aborigeno. La poesia di Lionel Fogarty viene citata come esempio di scrittura in cui si mescolano elementi del linguaggio parlato indigeno, espressioni di impegno politico e tecniche moderne di versificazione: un esempio, cioè, di autentica scrittura aborigena decolonizzata.
Un’altra tesi di Mudrooroo sostiene che l’autentica scrittura aborigena sia contraddistinta da una peculiare testualità. L’autore fa l’esempio del miscuglio di tempi verbali frequente negli scrittori aborigeni. Ciò, di per sé, non è soltanto un tratto distintivo della letteratura aborigena, ma, più in generale, caratterizza la narrazione conversazionale, testualizzata nel momento in cui viene messa per iscritto senza alcuna rielaborazione formale.
L’opera e il pensiero di Mudrooroo sono decisivi in un periodo - a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta - e in un campo d’indagine fino ad allora dominati da intellettuali non aborigeni. Mudrooroo rappresenta per la prima volta gli interessi degli scrittori e della società aborigena in ambito critico; si interessa di figure internazionali come Fanon, Malcom X, Bob Marley, incoraggiando la critica a pensare la letteratura aborigena come parte di un fenomeno globale, utilizzando e adattando la teoria post-coloniale per la sua interpretazione teorica.
JACK DAVIS
È l’autore più importante e influente del teatro aborigeno, specialmente nel corso degli anni Ottanta. Sceneggiatore, poeta e curatore, Davis ha ispirato e incoraggiato una generazione di attori, registi e sceneggiatori aborigeni. Famoso soprattutto per la sua trilogia (The First Born, 1979; The Dreamers, 1982; No Sugar, 1985), Davis mette l’accento sulle ansie e le aspirazioni umane che accomunano colonizzatori e colonizzati, e che rendono possibile una coesistenza etica, pur entro una cornice rigorosa in cui analizza strategie ed effetti del razzismo.
ARCHIE WELLER
Originario di Subiaco, Western Australia. Studia a Perth e inizia presto a scrivere il suo primo libro, The Day of the Dog, dopo il quale pubblica altri libri tra cui una antologia poetica (Us Fellas) curata assieme a Colleen Francis-Glass.
LAURY WELLS
Originario di Walgett, New South Wales.
DEBBY BARBEN
Originaria di Carlton, Victoria.
ROBERT WALKER
Originario di Port Augusta. Trascorre i suoi 25 anni di vita quasi interamente in detenzione, a partire dai 12 anni. Dall’autopsia effettuata dopo la sua morte presso la Fremantle Prison risultano abusi e violenze da parte delle guardie carcerarie.
KEVIN GILBERT
Originario di Condobolin. Curatore dell’antologia poetica Inside Black Australia (1988), da cui sono stati tratti questi testi, è autore di opere teatrali, politiche (Because a White Man’ll Never Do It, 1973) e di Living Black (1978), un’antologia di storia orale aborigena.
Liriche tratte da: Kath Walker, We Are Going, Brisbane, Jacaranda Press, 1964.
OODGEROO NOONUCCAL (KATH WALKER)
Una delle figure più rappresentative della letteratura aborigena australiana, se si considera che la sua raccolta d’esordio, We are Going (1964) costituì la prima raccolta poetica pubblicata da un autore aborigeno australiano.
Originaria del Queensland e nata da padre di origine inglese e madre aborigena, nel corso degli anni Sessanta divenne una delle personalità di spicco del movimento in difesa dei diritti degli indigeni d’Australia, nonché uno dei principali motori e sostenitori del Referendum costituzionale del 1967, che garantì agli aborigeni i diritti di cittadinanza. La sua opera letteraria, dunque, si situa all’interno di un contesto più ampio, in cui trova spazio un’intera serie di attività (politiche, sociali, artistiche, educative) finalizzate all’emancipazione del popolo aborigeno e, più in generale, alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle questioni razziale e ambientale.
Nel 1988, in segno di protesta nei confronti delle celebrazioni ufficiali in occasione del bicentenario dalla fondazione dell’Australia, Kath Walker scelse di chiamarsi col nome aborigeno Oodgeroo Noonuccal, firmando da quel momento in poi le proprie opere con il nome della propria tribù d’origine.
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