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LUÍS CARLOS PATRAQUIM, O osso côncavo e outros poemas, Lisboa, Caminho 2004, pp. 192, s.i.p.

Luís Carlos Patraquim è considerato uno dei più importanti poeti del Mozambico della fase letteraria posteriore alle rivendicazioni politiche. In effetti, l’opera di questo poeta, che risiede da vent’anni a Lisbona, è caratterizzata da una forte impronta personale, avendo aperto nuovi orizzonti nella lirica mozambicana. La sua poesia si è arricchita con le più svariate contribuzioni della modernità del ventesimo secolo, e oggi si definisce particolarmente attraverso l’uso privilegiato dell’aspetto plastico e simbolico della parola, così come per la scelta per una ritmica che si serve del testo per introdurre riflessioni liriche ed oniriche.

Dialogando con poeti mozambicani (come Craveirinha, Rui Knopfli ed altri) e con poeti di altre letterature (come Sylvia Plath, G.Benn, Carlos Drummond de Andrade, Neruda, ecc), Patraquim rivisita cammini poetici e geografie affettive già percorse nel passato da lui stesso o da autori da lui identificati come precursori, per afferrarsi ad una memoria che, pur se altrui o ricostruita, come un mosaico, pezzo a pezzo, gli serva da scudo contro i «monsoni» che entrano nel suo primo libro, del 1980, e che gli prestano il titolo Monção. L’idea dell’origine, sia essa relativa al percorso letterario, sia essa relativa a Mozambico, costituisce uno dei temi costanti dell’opera di Patraquim, e assume l’importanza capitale del luogo dove potersi riconoscere. Un luogo ombelicale, quindi, pur se frammentario, scisso, multiplo, in costante mutazione, come recitano questi versi: «conosco l’effimero nella rete dei suoni / oltre gli stanchi sensi della poesia. / Nessun corpo è il mare». In questo contesto rientra la rete dei rimandi intertestuali, luogo di rappacificazione e di riposo del corpo, luogo dove questo corpo si riterritorializza, negli altri.

Allo stesso tempo, l’Isola di Mozambico risorge con forza, con il passar del tempo. La splendida poesia Muhípiti (p. 93) rivela il profondo legame dell’autore con la propria terra d’origine, così come il desiderio di trasformare il ricordo in qualcosa di vivo e vibrante come il linguaggio: «È dove depongo tutte le armi. Una palma / armonizzandoci il sogno. L’ombra. / Dove io stesso mi trovo. Lento e nudo. Sulle / onde eterne. Dove non sono mai stato e gli angeli / giocano alle barche con libri come mani [...]».

La poesia di Patraquim è mossa costantemente da due calamite fondamentali: da un lato, il desiderio di recuperare un luogo originario, iniziale, anteriore alla storia, l’origine mitica, qui intesa nelle sue molteplici sfaccettature, come origine letteraria, esistenziale, erotica, ecc. D’altro canto, vi è una forte tendenza verso l’interruzione, verso il salto, verso ciò che avviene con ritmo sincopato, verso ciò che manca: è O osso côncavo del titolo, che è vuoto al suo interno. È il ritmo del blues, nella raccolta Lindeburgo blues, del 1997. Da questa mancanza nasce la necessità di nuove formulazioni (Novas reformulações, titolo del 1992), con la coscienza di un viaggio che non può essere rinviato (A inadiável viagem, di 1985).

Tra diaspora e origine, tra esilio e viaggio, resta al lettore lo stimolo per attraversare le acque che abitano questo straordinario poeta mozambicano che rinnova con estrema originalità la lingua portoghese. Per intraprendere l’attraversata, l’autore ci consiglia di imbarcarci sulle «navi elementari» (Os barcos elementares) che circolano nei versi di questa attesa raccolta poetica.

 

Prisca Augustoni


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