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GIAN LUCA PICCONI, ERMINIO RISSO (a cura di), Edoardo Sanguineti e il gioco paziente della critica. Scritti dispersi 1948-1965, Milano, edizioni del verri 2017, pp. 328, € 23,00.


In: «Semicerchio» LVII (2017/2), Uncreative poetry, pp. 82-83.





Edoardo Sanguineti e il gioco paziente della critica
è il frutto a oggi più importante di un lavoro – che si prolunga oramai da diversi anni – dei curatori Gian Luca Picconi ed Erminio Risso. La loro ricerca prese il via nel 2011 nell’ambito di un Progetto dell’Ateneo genovese intitolato Per la bibliografia degli scritti di Edoardo Sanguineti e diretto dal Prof. Franco Vazzoler, il cui primo esito, limitato al segmento cronologico 1948-1969, è raggiungibile all’indirizzo http://www.bibliografiasanguineti.unige.it/ e il cui proseguimento è tuttora in corso di elaborazione.
Il volume stampato nella collana blu delle edizioni del verri raccoglie una serie di scritti di Edoardo Sanguineti, apparsi su varie testate dal 1948 fino al 1965 e in maggioranza rimasti da allora sostanzialmente inediti, seguiti da alcuni interventi critici sul Sanguineti storico delle letteratura presentati nel corso di una Giornata di Studi tenutasi a Genova il 5 giugno 2013 (quelli firmati da Luigi Surdich, Giordano Rodda, Niva Lorenzini), scritti appositamente per questa pubblicazione (Simona Morando, Paolo Zublena) o tradotti ora per la prima volta in Italia (Tommaso Ottonieri).
Oltre a essere gli esemplari più antichi della bibliografia sanguinetiana, gli articoli raccolti da Picconi e Risso testimoniano ampia parte delle relazioni biografiche e le principali tappe geografiche della giovinezza dell’autore. Ciò vale innanzi tutto per i due testi editi sul «Sempre Avanti!» e per i cinque tratti dalla rivista «Numero». Per l’edizione torinese del quotidiano socialista era stato regolarmente critico cinematografico, dal 1945 alla fine del 1947, quel Guido Hess Seborga che tanto influì sulla formazione di Sanguineti ragazzo, e non sembra un caso che questi abbia esordito su quelle pagine il 16 ottobre 1948 proprio con un articolo sul Neorealismo, il primo dell’antologia, cui seguì una settimana dopo una recensione del volume di Ungaretti Da Góngora e da Mallarmé. La collaborazione con il quotidiano sarebbe probabilmente continuata, anche grazie ai legami che Sanguineti aveva con l’associazione torinese Italia-URSS, ma il giornale cessò le pubblicazioni con la fine del mese di ottobre di quell’anno. Per la rivista fiorentina «Numero» vi fu un altro tramite torinese: infatti, fu il suo illustre professore di Liceo Albino Galvino a introdurre il giovane poeta al pittore Gianni Bertini che gli presentò poi la direttrice Fiamma Vigo. I testi qui riproposti – datati 1951-1953 – sono commenti e analisi di opere di Brecht, Foscolo, Kafka, Robert Warner e altri, ma di Sanguineti uscirono sulla rivista anche alcuni versi che anticipavano Laborintus.
Seguono quindi dodici scritti apparsi su «il verri» (tra il 1957 e il 1960) e quattordici provenienti da «marcatré» (tra il 1963 e il 1965). Com’è noto, dopo l’invito – del 1956 – di Luciano Anceschi a collaborare con la sua rivista, Sanguineti ne fu un contributore assiduo curando anche alcune rubriche: il primo scritto ritrovato è una presentazione degli ultimi numeri del periodico «Film» (ancora il cinema, quindi, tra i suoi interessi precipui), nei successivi si segnalano recensioni a Poesia straniera del Novecento curata da Attilio Bertolucci, a La casa di Arlecchino di Gianandrea Gavazzeni e a volumi del maestro Getto o di Landolfi fino alla risposta a un’Inchiesta sulle nuove tecniche narrative. Per la rivista genovese di Eugenio Battisti, Sanguineti inizia invece a scrivere nell’anno fatidico 1963 e già dal primo numero appare come responsabile della sezione Letteratura. Un lungo resoconto sul convegno del Gruppo 63 a Palermo, non firmato, gli viene qui attribuito in modo definitivo, accompagnato dalle recensioni a Come si agisce di Nanni Balestrini e a Letteratura e capitalismo in Italia di Venè, dai commenti alle ultime prese di posizione sul ‘romanzo’ di Moravia e Robbe-Grillet e a un intervento sulla situazione culturale che Eco aveva pubblicato su «Rinascita». Lo stesso è al centro anche dell’appendice a questa sezione del volume curato da Picconi e Risso, la trascrizione di una tavola rotonda tenutasi alla Casa della Cultura di Milano il 24 ottobre 1963 con Spinella, Eco, Venè, Aymone, Ferrata e Sanguineti.
I saggi critici che chiudono il volume s’intrecciano in più modi con i precedenti ripercorrendo gli studi e il confrontarsi di Sanguineti con l’opera del Boccaccio (nel caso di Surdich), con il plurilinguismo folenghiano (da parte di Rodda), con il manierismo e il Barocco (Morando), con Ungaretti (Lorenzini) e Landolfi (Zublena). Quest’ultimo è accompagnato da un più tardo esempio della pubblicistica letteraria dell’autore, una sua recensione a Il gioco della torre apparsa su «Il Lavoro» il 28 febbraio 1987. Il ricordo di Tommaso Ottonieri intitolato Magister Hypertrophiae. Una piccola memoria, rievocando alcuni suoi incontri con Sanguineti, ne problematizza il ruolo di maestro che rifiutava ogni discendenza e si pone come chiusa adeguatamente aperta all’antologia e al lavoro di recupero del complesso dell’opera sanguinetiana, che prosegue.

Claudio Panella

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