« indietro IN SEMICERCHIO, RIVISTA DI POESIA COMPARATA LXV (2021/2) pp. 98-99 (scarica il pdf) SAMGUK YUSA, Memorie storiche dei Tre Regni Iryon , a cura di MAURIZIO RIOTTO, Roma, Carocci 2020, pp. 806 (Biblioteca Medievale Testi) Il Samguk yusa, Memorie storiche dei Tre Regni, completato nel 1280, è una delle opere storiografiche più significative che la storia della Corea abbia mai prodotto fino a oggi. Le trasposizioni in lingua inglese sono state spesso il materiale più diffusamente consultato per la resa in altre lingue, nonostante le criticità che le traduzioni condotte su testi non originali, e dunque la mancanza delle necessarie conoscenze in ambito storico, antropologico e letterario, in genere comportano. Quello di cui parliamo è infatti un lavoro che richiede lunga preparazione, non solo per la vastità dell’opera, ma soprattutto per la sua complessità dal punto di vista linguistico e storico. Finalmente, dal 2019, l’opera ha la sua prima traduzione italiana (Carocci editore), condotta direttamente sull’edizione del 1512 (la più antica arrivataci per intero) grazie al prezioso e meticoloso lavoro di Maurizio Riotto, noto studioso coreanista, già professore di Lingua e letteratura della Corea presso l’università di Napoli l’Orientale e attualmente ordinario di Storia della Corea e culture comparate presso la Anyang University in Corea del sud. Il volume, arricchito dal testo originale in caratteri cinesi, dalle note esplicative e dalla cronologia reale, è entrato a far parte della Collana ISMEO “Il Novissimo Ramusio” e rientra nel Progetto MIUR “Studi e ricerche sulle culture dell’Asia e dell’Africa: tradizione e continuità, rivitalizzazione e divulgazione”.
Il Samguk yusa ci ha permesso di ricostruire, almeno in parte, la storia della Corea antica, caratterizzata da una consistente influenza cinese e da una ricchezza di aspetti culturali autoctoni al contempo. Si tratta di un’opera realizzata dal noto monaco buddhista Iryon (1206- 1289), personaggio costantemente impegnato nella ricerca di un riscatto culturale e letterario del proprio paese. Il maestro Iryon visse nel tardo periodo Koryo (935- 1392), quando l’importanza ricoperta dal credo Buddhista in Corea giunse al suo apice e la sua influenza pesava in modo consistente anche a livello politico. Tramite il Samguk yusa, infatti, sappiamo che il Buddhismo venne introdotto dal monaco Mukhoja (V secolo), descritto dal traduttore stesso come lo “straniero scuro” (Riotto 2020: 70), tra il 384 e il 530, ovvero durante il periodo dei Tre Regni; Koguryo (37 a.C.-668), Paekche (18 a.C.-660) e Silla (57 a.C.-935). L’autore non menziona esplicitamente lo scopo dell’opera, ma dal contenuto si percepisce chiaramente il suo tentativo di conciliare il pensiero confuciano, largamente trattato nella precedente e altrettanto importante opera storiografica realizzata dal prodigioso funzionario Kim Pusik (1075-1151), ovvero il Samguk sagi (Storia dei Tre Regni, 1145), con la tradizione culturale del Buddhismo coreano. Oltre ai documenti storici Iryon elaborò così diverse tipologie di fonti, come racconti folcloristici e popolari, leggende, epigrafi o perfino fatti riguardanti monaci più illustri. Nonostante l’importanza del credo buddhista data in quell’epoca, il Confucianesimo, in realtà, iniziava a occupare una posizione sempre più rilevante nella politica interna di Koryo. Successivamente, con l’avvento della dinastia Yi di Choson (1392-1910), il Buddhismo subì un drastico crollo, dovendosi misurare addirittura con leggi come quella antibuddhista emanata nel 1406 che limitava il numero dei templi e ordinava la demolizione di molti di essi. Il ruolo della fede buddhista, dunque, assunse man mano una posizione sempre più marginale nella vita pubblica del paese. Il Samguk yusa si compone complessivamente di cinque libri per un totale di 138 episodi. Il primo libro ‘Eventi prodigiosi (parte I)’ è dedicato principalmente ai miti di fondazione a partire da Wanggom Choson, il secondo ‘Eventi prodigiosi (parte II)’ riporta storie immaginarie di vari personaggi illustri dei Tre Regni, il terzo rende conto della diffusione e della promozione del Buddhismo in Corea, il quarto narra aneddoti su vari eminenti monaci buddhisti, infine il quinto contiene racconti popolari di vario tipo, come esorcismi e incantamenti, comunicazioni sensitive, eremitaggi e rimarchevoli esempi di devozione filiale. Tutt’oggi l’opera risulta insostituibile strumento di consultazione oltre che inestimabile fonte storica per la letteratura coreana. Basti pensare ad alcune mitologie legate alla fondazione dei vari regni antichi, come il mito di Tan’gun, il leggendario fondatore della Ko Choson (Corea antica) del 2333 a.C., nato dall’unione del Dio del cielo di nome Hwanung e un’orsa trasformata in una donna chiamata Ungnyo (donna orsa). Il Samguk yusa rappresenta proprio la testimonianza più antica di questo importante mito popolare. Va ricordato anche che proprio grazie a questa opera storiografica ci sono giunte le uniche poesie indigene hyangga dell’antico regno di Silla (668-935), un genere letterario particolare per l’uso dello hyangch’al, un sistema di trascrizione adoperato per valorizzare il suono della lingua parlata quando in Corea non esisteva ancora una scrittura autoctona e si utilizzavano solo ed esclusivamente gli ideogrammi cinesi. Per la sua grande varietà dei temi che spaziano dall’archeologia alla filosofia buddhista, dalla storia alla letteratura e perfino dall’epigrafia alla linguistica il Samguk yusa diventa un rilevante corpus di ricerca. Opera di estremo eclettismo, farcita da racconti variegati e piacevoli, ci accompagna in una migliore e più vasta conoscenza delle varie sfaccettature culturali e storiche di un paese che si è aperto al mondo solo da pochi decenni. Lo stile del maestro Iryon è fiabesco, i suoi temi estremamente variegati, ammirevole è la sua capacità di offrire molteplici percorsi di fruizione al lettore, suggerendo innumerevoli chiavi di lettura e invitando a un piacevolissimo viaggio nel tempo e nello spazio fra immagini e parole. Come messo in luce dal professor Maurizio Riotto nell’introduzione; «Il testo comunica e lascia qualcosa nell’animo del lettore, con una semplicità talora talmente diretta e disarmante da dare, sia pur per un solo istante, l’impressione che librarsi in aria e cavalcare le nuvole sia davvero possibile». di Imsuk Jung ¬ top of page |
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