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Poesia contemporanea. Quindicesimo quaderno italiano, a cura di FRANCO BUFFONI, Milano, Marcos y Marcos 2021, pp. 352, € 25,00.

(pp. 117-118).

 

Chi segue la poesia italiana contemporanea conosce i Quaderni di Franco Buffoni: creati nel 1991 presso l’editore Guerini e Associati, poi passati a Marcos y Marcos (dopo un breve periodo con Crocetti), negli ultimi trent’anni hanno pubblicato i testi di alcuni fra i più famosi poeti italiani (Stefano Dal Bianco, Italo Testa, Alessandro Fo, Marco Giovenale, Massimo Gezzi, Laura Pugno, ecc). Per Buffoni è sempre stato importante che queste selezioni poetiche non fossero rappresentative di un gruppo (inteso sia in senso letterario sia come gruppo detentore di un privilegio, ad esempio maschile), di una scuola o di una regione geografica, e che fossero in qualche modo “neutrali” rispetto agli schieramenti del dibattito letterario. Le ultime edizioni hanno rispecchiato questa attenzione di tipo sociologico: il numero di autrici e autori è stato quasi sempre bilanciato, le differenze di gender ben rappresentate, la poesia lirica di tipo tradizionale alternata a forme sperimentali molto eterogenee fra loro. Se leggiamo il Quindicesimo quaderno a partire dalla Premessa introduttiva, notiamo che la neutralità è anche geografica, cioè sono rappresentate regioni culturalmente distanti fra loro: Piemonte (Matteo Meloni), Marche (Emanuele Franceschetti), Lombardia (Sara Sermini e Dario Bertini), Lazio-Veneto (Simone Burratti), Toscana (Linda Del Sarto) e, per la prima volta nella storia dei Quaderni, Sardegna (Francesco Ottonello). Al tempo stesso, questo non è un libro fatto di regionalismi. Con il passare degli anni Buffoni ha scelto sempre più autori poliglotti, sia perché traduttori (è il caso di Del Sarto, che traduce dal polacco), sia perché italiani che vivono o studiano all’estero (ad esempio Sermini, che studia in Svizzera, o Ottonello, che ha studiato inglese in Germania). I Quaderni sono rappresentativi di una tendenza – l’internazionalismo, se così lo si può chiamare – che è effettivamente generazionale (Come un Erasmus è il titolo di un testo di Burratti; «in affitto in una città non mia» si legge, invece, in una poesia di Ottonello) e che riguarda molti dei nati fra il 1986 (come Sermini) e il 1994 (anno di nascita della più giovane del gruppo, Del Sarto). A proposito della geografia di questo Quindicesimo quaderno, Franceschetti e Bertini sono senz’altro poeti urbani, Burratti addirittura è antibucolico, mentre Meloni è il più tradizionale nella rappresentazione dello spazio naturale. A questi tre autori si affianca Ottonello, i cui testi alludono più volte allo spazio di un’isola, la Sardegna; non si tratta, tuttavia, di una rappresentazione ingenua o romantica: lo spazio e il tempo di Ottonello sono un «eden digitale», una invenzione futuristica e tecnologica. Anche i fiori di Sermini sono «[…] fiori finti e vasi e foglie / da spazzare, estirpare», oppure fiori veri, come «la pervinca del Madagascar», ma visti come al microscopio, quasi che lo scopo della poesia fosse la correttezza della definizione botanica (Antonella Anedda, nella prefazione ai suoi testi, parla di una poesia di «erbari»). Per quanto riguarda Del Sarto, infine, sembrerebbe che lo spazio e il tempo siano assenti nei suoi testi d’amore; in realtà la natura è presente come repertorio di metafore («La mia vita è il rampicante/ che ho avvinghiato qui alla mano») proposte con ironia, a volte evidenziata da rime e assonanze («Belli mondi possibili che andate - / vi chiedo una nuova terra madre»; «non importa l’apparenza della cosa - / ho ancora da innaffiare la mia rosa»).

Come si intuisce da questa breve rassegna, i sette selezionati sono distanti fra loro sia dal punto di vista stilistico, sia per il soggetto enunciativo dei testi. Meloni, Franceschetti e Del Sarto sono fedeli a una lirica più tradizionale, ma quella di Del Sarto è anche una forma di parodia, mentre i testi di Franceschetti (il più deangelisiano del Quindicesimo quaderno) sono più filosofici. Nelle poesie di Bertini e di Sermini, in modi diversi, è presente una riflessione sul piano morale, mentre Ottonello sembra credere più degli altri nell’oltranzismo formale (e linguistico) come principio di poetica. Le poesie e le prose di Burratti, invece, sono quelle più sperimentali dal punto di vista del soggetto dei testi. Le prose quasi totalmente paratattiche e nominali, che cercano l’azzeramento del punto di enunciazione (Asparagi, Come un epilogo), influenzate da autori come Broggi e Bortolotti, si alternano a testi (sia in versi sia in prosa) nei quali Burratti si sforza di costruire un io al passo dei tempi, come notato da Mazzoni nelle pagine introduttive.

Da Poesia contemporanea. Quindicesimo quaderno italiano, in conclusione, vengono fuori idee di poesia molto diverse fra loro. Il merito del curatore e del comitato di selezione (che comprende, oltre a Buffoni, Umberto Fiori, Massimo Gezzi, Fabio Pusterla, Claudia Tarolo e Marco Zapparoli) è proprio quello di conciliare attenzione alle differenze – sia poetiche sia sociologiche – rappresentatività generazionale e valore dei testi.

(Claudia Crocco)


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