« indietro MIGUEL ROJAS MIX, I cento nomi d’America, a cura di ANTONELLA CIABATTI, trad. di MAURA ALESSANDRINI ET ALII, Firenze, Le Lettere 2006, pp. 246, € 21,50.
I cento nomi d’America è un’opera poliedrica i cui capitoli – quasi dei saggi indipendenti – trattano argomenti di varia natura: vi trovano spazio, infatti, questioni sociali, storiche, letterarie, politiche e, più in generale, problematiche culturali. Da un punto di vista tematico questo libro potrebbe quindi ascriversi a filoni di ricerca quali gli Studi culturali e quelli postcoloniali, affermatisi in particolar modo nei paesi anglosassoni. Il testo si snoda a partire da un incipit autobiografico, per proseguire con una serie di capitoli (ridotti di numero rispetto all’edizione originale Los cien nombres de América. Eso que descubrió Colón, 1991) dedicati alle problematiche dell’identità latinoamericana. Non a caso l’autore, Miguel Rojas Mix (Santiago del Cile, 1934), ha dedicato la propria traiettoria professionale alla promozione dell’America latina e delle sue culture: ha insegnato Storia dell’Arte e della Cultura presso l’ateneo della capitale cilena e ha partecipato all’esperienza politica di Unidad Popular; dopo il colpo di Stato militare del 1973, ha lasciato il paese. In Europa, oltre a proseguire l’attività di docenza in Francia, ha fondato il Centro Extremeño de Estudios y Cooperación Iberoamericanos (CEXECI) con sede a Cáceres e Badajoz (Spagna), del quale è tuttora direttore. Ha inoltre pubblicato molti contributi critici sulla storia dell’arte e della cultura del continente americano, rivelando un particolare interesse per i fenomeni della comunicazione di massa e per i fumetti. Tutte queste esperienze, da quella di storico dell’arte e della cultura a quella di militante politico, trovano eco ne I cento nomi d’America.
Come suggerisce il titolo, il libro si ispira alla molteplicità di termini utilizzati per definire il continente americano e, in particolare, l’insieme dei paesi situati tra il Río Bravo e Capo Horn. «Nuovo Mondo», «America latina», «Ispanoamerica» e «Iberoamerica» sono alcuni tra i vari nomi dati al subcontinente; tutti loro, lungi dall’essere semplicemente denotativi, sono al contrario espressioni di specifiche idee politiche e riflettono, spiega Rojas Mix, una visione peculiare, un progetto sociale o un’ideologia diversa, e spesso divergente, dalle altre.
Alcuni di questi nomi esprimono il desiderio latinoamericano d’integrazione, da intendersi sia come processo multilaterale tra i vari Stati dell’area, sia come aspirazione a conciliare le diverse etnie e culture presenti all’interno di ciascun paese; altri termini (o magari gli stessi, ma piegati all’ideologia del più forte) sono stati invece sfruttati come un’etichetta per dottrine politiche volte a giustificare la volontà egemonica di alcuni paesi stranieri. È il caso di «Panamerica» e «panamericanismo», che nella prassi non hanno corrisposto all’ideale d’unità e di solidarietà continentale a cui molti anelavano, bensì alla volontà di supremazia degli Stati Uniti; non a caso, nel testo affiorano i controversi rapporti dell’America latina con il suo potente vicino, dall’enorme conquista territoriale ai danni del Messico nell’Ottocento fino alle ingerenze nella vita politica dei paesi iberoamericani negli ultimi decenni. Del resto, parte della questione terminologica che costituisce l’ossatura del libro nasce da un vulnus linguistico che riguarda proprio gli USA: «America» e «americano» sono diventati quasi appannaggio degli abitanti degli Stati Uniti e non presentano quindi l’ampio significato continentale che dovrebbero avere; per non perseverare in questo squilibrio, Rojas Mix, con un’ottica egalitaria nei confronti di tutti i paesi del continente, utilizza termini come «statunitense» e «usamericano» quando tratta degli Stati Uniti.
L’America, come ci insegna la sua Storia, ha vari «progenitori»: l’indigeno, il bianco – venuto come conquistatore o come immigrato in cerca di fortuna – e l’africano, giunto in schiavitù. In particolare, nel libro si pone l’accento sugli indigeni, sui creoli e sui mestizos, quel grande strato di popolazione nato dall’incontro di razze e culture diverse dopo la conquista. Rojas Mix riserva in effetti molti capitoli alle problematiche delle popolazioni aborigene, spesso afflitte, come del resto l’America latina in toto, da dilemmi identitari: i nativi coabitano infatti con popolazioni di origine europea che un tempo li decimarono, li convertirono a forza al cristianesimo, distrussero le loro culture per poi inserirli in fondo alla scala sociale di un mondo che, ormai caratterizzato per lo più da ethos europei, non era più il loro; le popolazioni native si sono infine viste etichettare dal conquistatore con un nome, indios, che, esteso indistintamente a tutti gli indigeni delle colonie, ha appannato le peculiarità di ogni singola etnia: ancora una volta, dunque, un nome imposto da non-americani o, quanto meno, dagli ultimi arrivati. Leggendo I cento nomi d’America si ha inoltre la possibilità di comprendere l’evoluzione di correnti di pensiero come l’indianismo, l’indigenismo e l’andinismo, volte a riabilitare, con esiti spesso poco efficaci, l’immagine dell’aborigeno e a rivendicarne il ruolo nella società.
Rojas Mix, infine, pone in rilievo la figura dello scrittore e politico cileno Francisco Bilbao (1823-1865), a cui spetterebbe la paternità dell’espressione «America latina»; in una conferenza tenuta a Parigi nel 1856, ci racconta infatti l’autore, Bilbao utilizzò l’aggettivo «latinoamericano»: l’avvenimento non è marginale se si considera che il termine vide poi crescere la propria importanza fino a diventare preponderante nei discorsi sull’identità delle ex colonie.
Il lettore incontrerà in quest’opera, dall’ideazione quasi enciclopedica, una miriade di riferimenti, citazioni ed estremi bibliografici che denotano certamente un grande spessore documentaristico. Al contempo va tenuto presente che si tratta di una lettura che offre alcuni passaggi piuttosto ostici per chi non abbia già avuto contatti col mondo iberoamericano: sovente, infatti, l’autore si limita a citare – senza soffermarvisi e senza collocarli nel loro contesto – fenomeni, personaggi ed eventi storici certamente preminenti per l’America latina, ma d’altro canto sconosciuti o quasi ad un fruitore italiano che non ne segua le vicende. Nonostante la notevole densità di informazioni, I cento nomi d’America è consigliabile non solo allo specialista, ma anche ad un lettore particolarmente interessato e attento, per il quale questo testo si rivelerà essere una miniera di idee, spunti e riflessioni sulla realtà latinoamericana.
(Matteo De Beni)
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