« indietro ROBERTO ROVERSI, La partita di calcio, Quarto NA, Tullio Pironti Editore, 2001, pp.132, Euro 7,23.
«L’ora del sangue impera / là dove / la tromba del giudizio / chiama raduna sceglie poi colpisce / prima che l’orizzonte del dubbio / apra le porte dell’Olimpo / colpendo il sole // e così / si consuma». Può essere una sentenza di condanna inappellabile per la civiltà contemporanea, eppure questa strofa sembra accennare anche, in quel chiamare radunare scegliere e colpire, a un calciatore che dopo aver vinto un contrasto si ferma, si coordina e sferra un tiro destinato alto sopra la traversa. Lungo novanta poesie che scandiscono il libro minuto per minuto, si gioca una partita continua tra un senso concreto di interpretazione a tratti ideologico mitologica degli ‘obbrobri’ (parola di Fortini scrivendo su Roversi) della storia vissuti nella vita quotidiana, e un senso allusivo dell’esistenza come competizione, conflitto in atto cui si può solo assistere dagli spalti dello stadio quali spettatori inermi ma animosi. Così la caverna, vocabolo nominato più volte, luogo platonico del pregiudizio, è sia la parte più profonda e nascosta dell’io e delle sue paure sia la rete dove insaccare il pallone. L’allegoria della partita di calcio regge bene una lettura storica della vita sociale e politica italiana degli ultimi anni, costellata di discese in campo, di agonismi affaristici e politici, di successi e consensi tanto popolari quanto mediatici e televisivi come se in ballo ci fosse una finale di Coppa dei Campioni e non strutturali questioni democratiche. Pur con un lessico che favorisce talvolta una trasfigurazione del vocabolo piano del linguaggio comune a formula di intonazione epica, il tono è quello della delusione o disperazione di chi, dai primi anni del dopoguerra, ha visto lo smottamento di un paese che è arrivato ora, rubando l’espressione dal titolo del progetto roversiano più ampio di cui questo volume fa parte, a farsi quasi ‘seppellire sotto la neve’. Non si tratta tuttavia di una ‘lettura’ senza vie d’uscita e non solo per i versi di chiusura del libro. Pochi, selezionati personaggi/ spettatori (Chet Baker, Glenn Gould, Che Guevara, Agrippa d’Aubigné), gli occhi dei quali guardano le trame dei testi e la cui voce compone giudizi e commenti, monologhi dell’io narrante, sono i veri protagonisti dell’opera. Famosi in ambito artistico o culturale, figure emblematiche. Come Glenn Gould, i cui polpastrelli hanno reinventato al pianoforte lo spartito per clavicembalo delle Variazioni Golberg di Bach. Non lo dice l’autore, ma forse la storia e la vita, come quello spartito, attendono di essere interpretate di nuovo con un’altra mano, con un altro strumento.
(Giuseppe Bertoni) ¬ top of page |
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