« indietro IL GALLO SILVESTRE, n. 17-18, segreteria e redazione c/o Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Siena, via Roma n. 47, 53100 Siena. E mail: gallosilvestre@tiscali.it.
Dopo una lunga pausa, di gestazione da una parte e di attesa dall’altra, esce finalmente il nuovo numero doppio del Gallo silvestre. Quadripartita, la bella rivista dedica due sezioni alla traduzione e due alla scrittura.
Il Libro d’ore ospita la ricca traduzione di Gianni Celati da Hopkins, quella di Antonio Prete, rinnovata, de Il Cimitero marino di Valéry, quattro stupende poesie di Rilke tradotte da Andrea Landolfi e, dello stesso autore, due sonetti (piccolo campione di un più ampio lavoro di Sabrina Mori Carmignani). Seguono Neruda, tradotto da Stefano dal Bianco, e un Larkin (anzi quattro!) del periodo giovanile, da Francesco Petrocchi. La sezione si conclude con una scelta, variegata pur nell’esiguo numero, di tre poesie di Alexandre O’Neill tradotte dal portoghe se da Clelia Bettini.
Come a completamento di questa prima sezione, la terza, Del tradurre, presenta, tradotta da Sara Tagliacozzo, un’intervista con Jean-Pierre Attal del poeta Bonnefoy, che pur distinguendo tra poesia e traduzione, non può fare a meno di considerarle binari paralleli, poiché «la traduzione è possibile proprio perché la sua difficoltà è una lezione di esigenza che per mette di accedere a un più alto grado di rigore nella scrittura». Segue un saggio di Prete su Pedro Meléndez Silva, autore un po’ trascurato, il cui lavoro di traduttore merita invece una grande attenzione, e di cui si annuncia l’uscita in italiano del saggio Per una metafisica del tradurre. Il saggio seguente, di Laura Barile, è ricco di acute osservazioni sugli echi leopardiani in Laforgue. Concludono la sezione le suggestive note di Donata Feroldi alla traduzione, già edita da Feltrinelli, di Notre Dame de Paris di Hugo, che si articolano in due parti: la prima propone un’immagine del traduttore come traghettatore del testo attraverso il mare che separa le lingue; la seconda indaga più a fondo il caso Hugo con mille spunti che non si posso no in alcun modo riassumere.
Complementare a questa, piuttosto teorica, la seconda sezione si intitola L’esilio, la lingua, e accoglie le coinvolgenti Istantanee di Mosès (traduzione di Antonella Moscati e postilla di Clemens-Carl Härle) e Lingua di due sponde di Nuria Amat (traduzione di Silvia Raccampo). I due testi sono come diari in cui, pur in situazioni e per motivi completamente diversi, la lingua è l’oggetto di una ricerca nient’affatto priva di ostacoli. Dai continui cambiamenti imposti al primo, al mutismo infantile della scrittrice barcellonese, si evince un desiderio impossibile di appartenenza linguistica, che, mai risolto, conduce a una più acuta sensibilità per la lingua e le sue potenzialità. La scrittura raccoglie e valorizza allora una lingua ibrida, che «continua non ad esi stere, ma ad ‘insistere’, malgrado o forse proprio per via degli eventi».
Il bellissimo testo di Amat, dal tono autobiografico, è anche e soprattutto un saggio sul suo linguaggio e le sue scelte di poetica, guida illuminante per comprenderne più a fondo i testi, di piacevole lettura e grande utilità sia per lo studioso che per il lettore appena agli inizi di una frequentazione con una scrittrice (purtroppo in Italia poco tradotta) che si mostra qui in tutta la sua promettente complessità.
Infine, nella sezione intitolata La stanza del poeta, un solo testo occupa poche ma intense pagine: Quadrara delle aquile (dialogo) di Claudio Damiani. Il dialogo tra due personaggi che si chiamano (allusivamente?) Laura e Francesco si incentra sul paesaggio, e dal paesaggio sposta l’attenzione ad alcuni elementi isolati della natura, le pietre e gli alberi, e trova in essi lo spunto per più generali domande che sta al lettore, se vuole, assumere. Ma certamente vorrà, perché il tono è così intimo e dimesso, e la natura così vicina, e, verrebbe da dire, l’aria così limpida che ci si sente come gli alberi, pronti «a inebriarsi del cielo e dell’aria» o «a succhiare dalla terra la linfa vitale», in questo spazio che abbiamo in comune, sospeso tra la terra e il cielo e partecipe di entrambi.
Claudia Marulo
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