Home-page - Numeri
Presentazione
Sezioni bibliografiche
Comitato scientifico
Contatti e indirizzi
Dépliant e cedola acquisti
Links
20 anni di Semicerchio. Indice 1-34
Norme redazionali e Codice Etico
The Journal
Bibliographical Sections
Advisory Board
Contacts & Address
Saggi e testi online
Poesia angloafricana
Poesia angloindiana
Poesia americana (USA)
Poesia araba
Poesia australiana
Poesia brasiliana
Poesia ceca
Poesia cinese
Poesia classica e medievale
Poesia coreana
Poesia finlandese
Poesia francese
Poesia giapponese
Poesia greca
Poesia inglese
Poesia inglese postcoloniale
Poesia iraniana
Poesia ispano-americana
Poesia italiana
Poesia lituana
Poesia macedone
Poesia portoghese
Poesia russa
Poesia serbo-croata
Poesia olandese
Poesia slovena
Poesia spagnola
Poesia tedesca
Poesia ungherese
Poesia in musica (Canzoni)
Comparatistica & Strumenti
Altre aree linguistiche
Visits since 10 July '98

« indietro

Declinando The Oaten Flute.
Con qualche riflessione sulla critica della pastorale
 
di Elisabetta Bartoli
 
Introduzione
 
Mi sono avvicinata a Renato Poggioli nel decennio scorso, durante i miei studi sulla bucolica medievale[i]. Poggioli non dedica molto spazio agli autori medievali, escluso Dante, né menziona mai quei poeti mediolatini che sono stati al centro delle mie ricerche. Tuttavia rimasi colpita dall’approccio che lo studioso usava nell’analisi dei testi pastorali, convinta che alcuni spunti debbano essere ancora valorizzati in ambito critico e storiografico. Queste poche riflessioni, inevitabilmente parziali, sono dedicate alla critica sul genere pastorale condotta da Poggioli e si concentrano su aspetti e dettagli che più da vicino mi hanno interessato nei miei studi, come la dialettica tra canone bucolico e pastoral mode, il radicamento dei testi pastorali nella società e nella storia, l’evasione arcadica, il sincretismo delle figure pastorali.
The Oaten Flute è un volume postumo uscito nel 1975 in cui Bartlett Giamatti raccolse quattordici dei trenta saggi progettati da Renato Poggioli sulla pastorale, argomento di cui il noto comparatista si stava occupando quando scomparve. Di questo importante lavoro erano stati anticipati su rivista, vivente l’autore, il saggio eponimo[ii], che illustra il metodo di indagine applicato alla poesia pastorale, e altri contributi che permettono di individuare alcune coordinate costanti dell’approccio critico al tema – cioè, in senso lato, l’indagine dei rapporti economici e sociali riflessi diacronicamente nei testi pastorali – come quello dedicato alla Pastoral of the Self[iii] apparso nel 1959, quello, pubblicato nel 1962, che tratta di ‘Dante poco tempo silvano’: A Pastoral Oasis in the ‘Commedia’[iv], e i due studi del 1963, rispettivamente su Naboth’s Vineyard: The Pastoral view of the Social Order[v] e su Gogol’s Old-fashioned Landowners[vi]. Come ci informa lo stesso Giamatti, che provvide all’allestimento postumo del volume, i contributi furono scelti privilegiando quelli già completati dall’autore o che potevano considerarsi quasi definitivi; sempre dal curatore apprendiamo che la sequenza dei saggi nel libro rispecchia le intenzioni critiche di Poggioli: identificare una sorta di modello di pastorale (ideal type of pastoral) «sostituendo una prospettiva tematica a un approccio strettamente storico»[vii]. Bartlett Giamatti decise di preservare l’ordine cronologico solo all’interno dei singoli gruppi di saggi, tematicamente suddivisibili in cinque sezioni: i primi due illustrano l’orientamento ermeneutico; il terzo e il quarto (ma ce ne doveva essere un altro ancora) trattano dell’elegia, un tema importante nella ricezione moderna della pastorale, si pensi a Pastoral Elegy di Herrison[viii] o al peso esercitato da Thomas Gray perfino su William Empson[ix]. I saggi quinto e sesto discutono di pastorale cristiana e di Dante (limitatamente alla Commedia, senza trattare le ecloghe né le epistole); i capitoli settimo-nono riguardano l’emersione, a partire dal XVII[x] secolo, della figura del pastore/poeta solitario; gli ultimi cinque capitoli descrivono, in maniera diversa, come si infrangano gli antichi ideali bucolici nella modernità.
ebbene incompiuto, quello di Poggioli sulla pastorale è un lavoro ricchissimo di spunti e foriero di importanti sviluppi, con una visione letteraria di ampio respiro, nel tempo e nello spazio geografico, che si estende dalla letteratura classica greca e latina fino a quella russa del ‘900.
Poggioli comincia a dedicarsi alla letteratura bucolica in un milieu culturale, quello americano, in cui esiste fin dagli anni ’30 una certa attenzione scientifica per la pastorale, forse attratto dalla vivacità critica che circondava il tema, forse allettato da un genere letterario in cui il passato europeo classico si saldava opportunamente con la letteratura angloamericana moderna e contemporanea, costituendo uno strumento eccezionale per un’analisi comparatistica diacronica, forse ancora condotto a questo studio da motivi anche personali – fin dall’archetipo virgiliano questa letteratura è ricca di suggestioni che potevano costituire per Poggioli un motivo di consonante interesse autobiografico: partenza dalla terra natale, rapporto dell’intellettuale con il potere politico, centralità dell’esperienza letteraria, condivisione con la cerchia dei sodali.
Nei saggi di The Oaten Flute si possono rintracciare alcuni temi del dibattito contemporaneo a Poggioli – rapporto città vs. campagna, un topos della pastorale angloamericana, si pensi a English pastoral poetry di Frank Kermode[xi], indagine sull’etica bucolica nelle sue ricadute collettive, centralità del concetto di societas e di homo oeconomicus – ma resta declinata in maniera autoriale l’idea di operare in modo innovativo all’interno del genere letterario: pur rifiutando la pura descrizione della sua evoluzione storica, egli tiene ben fermi alcuni elementi strutturali e inalienabili della storia del genere stesso, così come costanti sono i riferimenti ai testi fondativi di Teocrito e soprattutto di Virgilio.
Nel panorama di studi sulla letteratura bucolica, i contributi degli storici della letteratura come Enrico Carrara, Walter Greg o Edmund K. Chambers[xii], i cui lavori uscirono tutti nel 1906, agiscono in maniera meno incisiva intorno alla metà del secolo scorso, perché contrastati da nuovi approcci ermeneutici come quelli di Bruno Snell che, sulla scia di Günther Jachmann[xiii], opponevano l’Arcadia virgiliana all’idillio teocriteo, ricercando un’età dell’oro intrisa di moderna – romantica – sensibilità elegiaca e nostalgica[xiv], o il New Criticism e saggi come quelli di William Empson o di Hallett Smith[xv], che si interrogavano sulla reattività moderna del genere pastorale attraverso un’interpretazione incentrata sul testo e apparentabile, per certi aspetti, alla lezione formalista europea[xvi].
Il libro di Poggioli si muove con attitudine comparatista, cercando una fruttuosa mediazione nella dicotomia critica vs. storia della letteratura, come sembra suggerire il sottotitolo del volume, presumibilmente dovuto al curatore – Essays on pastoral poetry and pastoral ideal – che dichiara:
 
I decided to group the essays as much as possible by types or themes and to arrange the groups in something like chronological order. This solution may not satisfy those interested in a strictly thematic approach or those who prefer a traditional historical sequence; but in my view such an order responded best to the author’s intention[xvii].
 
Il concetto di pastoral ideal era stato usato da Walter Greg per spiegare il sostrato filosofico e intenzionale dietro alla produzione pastorale indagata nel suo sviluppo diacronico:
 
Pastoral ideal reminds us [...] that the quality of pastoralism is not determined by fortuitous occurrence of certain characters but by the fact of the pieces in question being based more or less evidently upon a philosophical conception which no doubt underwent modification to the ages, but yet bears evidence of organic continuity[xviii].
 
Questo richiamo, così connotato all’interno del dibattito sulla pastorale, sembra quindi costituire un’apertura verso quella tradizione storico-letteraria palesemente rifiutata da studiosi come Smith nel 1952[xix], ma per certi aspetti sempre funzionale e non estranea al modus operandi di Poggioli, come ricordava Giamatti nella prefazione, anche se non esaurisce l’intento del volume, proteso in maniera decisa verso l’indagine tematica.
Nessuna sorpresa che uno studioso con la formazione di Poggioli non sapesse prescindere del tutto dalla contestualizzazione cronologica dei testi; del resto negli anni ’70, quando esce The Oaten Flute, i tempi sono maturi per un confronto dialettico delle varie posizioni critiche maturate nel corso del secolo, come dimostra il volume di Eleanor Terry Lincoln Pastoral and Romance: Modern Essays on Criticism[xx], uscito nel 1969, che raccoglie saggi di approcci critici diversificati tra cui The Pastoral of the Self in cui Poggioli, passando da Shakespeare a Cervantes arriva a Rousseau per teorizzare la frattura tra la pastorale d’amore e quella narcisistico-romantica[xxi]. Il saggio incluso nella miscellanea è indicativo: il rapporto tra poeta-pastore e individualismo era un tema centrale sia nella storia della pastorale (in qualche modo fin dalla secentesca querelle Rapin-Fontanelle[xxii]), sia, ma rovesciato, nei lavori come quelli di Empson, in cui il poeta non è più profeta ma, per dirla con Alpers, «is a man speaking to man» [xxiii].
In The Oaten Flute si rintracciano molte letture, per esempio quella di Curtius[xxiv] in relazione al locus amoenus o quella freudiana sull’edonismo sessuale, ma una delle eco più forti è quella empsoniana: da Some Version of Pastoral derivano alcune intuizioni che si rintracciano nel percorso critico di Poggioli, ma sempre svolte in maniera indipendente, come il rapporto che collega lo stile alla comunità[xxv], l’ottica economico-sociale, il rifiuto dell’individualismo romantico[xxvi], l’idea della matrice pastorale della narrativa proletaria avanzata da Empson che Poggioli non condivide, poiché ritiene che la letteratura industriale non idealizzi le masse, le descriva e basta[xxvii]. Ma l’invenzione critica più potente di Poggioli è probabilmente quella della pastorale dell’innocenza contrapposta alla pastorale della felicità, tema che egli sviluppa muovendo da una riflessione sul rapporto tra pastore arcadico e pastore evangelico, posti in antitesi[xxviii]. Le due figure, invece, fin dal saggio di Wilhelm Schmid del 1952 sul Titiro Cristiano[xxix], venivano interpretate nei termini complementari di un’imitazione contrastiva[xxx], che però genera contrasto solo nel periodo tardo-antico, per evolversi – ben presto secondo Fontaine[xxxi] – in un fruttuoso sovrasenso sincretico della figura pastorale. Poggioli stesso, nel saggio The Christian Pastoral, muove dalla contaminatio culturale tra l’ecloga IV di Virgilio e gli episodi evangelici della Natività, di cui sottolinea i molti elementi bucolici, per concentrarsi poi sull’aspetto messianico e profetico che accomuna la storia di Cristo a quella del puer virgiliano. Procedendo nel confronto tra l’Arcadia classica e quella cristiana, emergono progressivamente elementi che conducono a esiti dicotomici associabili alle due versioni: l’arcade è parco, il monaco vive di privazioni, la scelta di povertà per il primo conduce all’autogratificazione, per il secondo all’automortificazione[xxxii].
La contrapposizione tra la cultura pastorale e quella cristiana coinvolge aspetti ideologici (nella visione economica della vita pastorale la natura è materna, mentre in quella cristiana postlapsaria la natura non è più spazio edenico di contemplazione, ma luogo da coltivare con fatica), etici (la morale del pastore prescrive poche virtù ma bandisce molti vizi; il pastore non è ossessionato dalla colpa e dal peccato), economici (l’otium: il pastore non è come l’agricoltore e il mercante; il pastore ha tempo, grande tema dell’epoca moderna) e sociali (in relazione alla collettività, la pastorale è politicamente conservatrice, sogna il passato non il futuro). Il pastore vive entro certi parametri immutabili in una sorta di edonismo illuminato, governato da un’interiorizzata moderazione: l’otium – che nella riflessione di Poggioli salda fruttuosamente Virgilio con Dante e Rabelais – testimonia il rapporto pacificato col tempo in un mondo in cui il lavoro non è necessario e il pastore può coltivare sé stesso; con gli occhi alla perduta età dell’oro, non ha ambizioni di emancipazione sociale o economica. È una lettura che predilige l’impatto sociale e collettivo della letteratura pastorale rispetto a quello intimistico e soggettivo, più indagato dalla critica: vi si rintracciano infatti solo alcune delle costanti del genere individuate da Klopsch e Krautter per la bucolica medievale[xxxiii]. Tali riflessioni contestualizzano l’analisi del genere nella dialettica novecentesca, ma incidono anche sulla ricezione moderna della bucolica medievale, che - come anticipato - nei saggi di Poggioli è identificata con il paradigma cristiano sotteso all’ecloga messianica di Virgilio (la IV)[xxxiv] e con l’Eden di Dante. Il contributo dantesco alla letteratura bucolica è stato ormai pienamente indagato anche grazie ai molti studi del recente anniversario, ma gli ambiti di cui si è discusso per la produzione pastorale sono legati prevalentemente alla riflessione sulla lingua, latino e volgare, allo stile e al suo conseguente adeguamento della materia[xxxv]. Poggioli mette l’accento sul Dante filosofo politico e usa una prospettiva diversa, partendo dal rapporto urbe-locus amoenus: come già tratteggiato nel capitolo incipitario[xxxvi], nell’analisi del concetto di società organizzata, condotta nel saggio su Dante poco tempo silvano, il cives si oppone all’uomo che vive nello stato di natura e in quanto cittadino è portatore di valori positivi. Nei versi di Purg. XXXII pronunciati da Beatrice, a cui fa idealmente eco il riferimento a Carlo Martello di Par. VIII[xxxvii], la dimensione edenica, silvana, è un soggiorno temporaneo dell’uomo mentre passa dalla città terrena a quella di Dio. L’appartenenza alla societas coinvolge inevitabilmente il concetto di giustizia, qui discusso sempre in termini dicotomici tra arcadia classica e cristiana: all’innocenza pura associata all’età dell’oro si contrappone quella dispensata secondo il merito nell’Eden dantesco[xxxviii], connotato da elementi peculiari, acutamente individuati da Lino Pertile:
 
However, contrary to what we find in any acquisitive culture, the pursuit of happiness is not for Dante the same thing as the pursuit of prosperity, but its opposite. Dante’s ideal is Christian poverty: a Golden Age without gold. Dante implies, man achieves the happiness he was created for. Thus with a characteristic leap, Poggioli suggests that Dante’s Eden ‘‘represents the legitimate ‘pursuit of happiness’ that the American commonwealth felt should be constitutionally guaranteed to all men and specifically to its own citizens’’. […] The connections between […] earthly paradise and the Abbaye de Thélème, and […] earthly paradise, limbo and heavenly paradise remain to this day most insightful.[xxxix]
 
Per Poggioli la trasformazione dantesca delle convenzioni pastorali classiche, in primo luogo quella dell’Età dell’oro nella Commedia, «trasfigura […] l’intera tradizione di poesia pastorale»[xl].
Poggioli aveva sapientemente coniugato in maniera comparatistica spunti empsoniani, suggestioni marxiste, teorie freudiane e tradizione filologico-letteraria. In anni recenti la critica pastorale ha imboccato strade diverse, spesso parallele ma prevalentemente non comparatistiche[xli]. Potrà essere utile ripensare il lavoro di Poggioli sulla pastorale in maniera meno cursoria di quanto fatto qui: credo che si confermerà l’autonomia critica dello studioso, che trova fin da subito importanti attestazioni nella letteratura critica americana sulla pastorale, se – mi limito a pochi esempi – Richard Cody nel 1969[xlii] lo considera autore decisivo insieme a Walter Greg e Bruno Snell, se Peter Marinelli già nel 1971[xliii] discute della pastorale dell’innocenza/pastorale della felicità di Poggioli in un volume fondamentale, che si proietta verso Robert Frost e Philip Roth; la menzione di Poggioli non passa inosservata e trova spazio anche nella breve recensione di Patrick McCarthy al volume di Marinelli[xliv]. Nello studio più importante sulla poesia pastorale degli ultimi decenni, What is Pastoral? (1996), Paul Alpers, teorizzatore del pastoral mode, si sofferma a più riprese sul lavoro «dell’agile e sofisticato Poggioli», che aveva tratteggiato con «acume e intelligenza il pastoral ideal»[xlv].
 
NOTE


[i] E. Bartoli, Arcadia medievale. La bucolica mediolatina, Roma, Viella 2019.

[ii] Uscì sull’«Harvard Library Bulletin» XI/2 del 1957; una prima versione italiana del saggio di apertura apparve su «Inventario» VIII del 1956 col titolo «Zampogna e cornamusa», pp. 216-247. Ringrazio Roberto Ludovico che mi ha fornito la riproduzione digitale. Una traduzione italiana, sempre del saggio eponimo, si legge col titolo Il flauto d’orzo a cura di R. Bisso, Ferrara, Book Editore 2012.

[iii] Su «Dedalus» 88, Number IV, Quantity and Quality (1959) pp. 686-99.

[iv] In «Eightieth Annual Report of the Dante Society» 80 (1962) pp. 1-20.

[v] In «Journal of the History of Ideas» XXIV/1 (1963) pp. 3-24.

[vi] In «Indiana Slavic Studies» III (1963) pp. 504-20.

[vii] R. Poggioli, The Oaten Flute, Harvard University Press, Cambridge 1975, pref. Bartlett Giamatti, p. VI.

[viii] T. P. Harrison, The Pastoral Elegy, Austin, University of Texas 1939; il volume è importante per l’analisi dell’elegia pastorale che include autori postclassici e medievali più e meno noti, tra cui Nemesiano, poeta tardo-antico, Radberto Pascasio, autore carolingio che compose una ecloga trenodica amebea, e Petrarca.

[ix] «The truth finds in Gray’s Elegy has such authority because [...] he connects its ‘massive calm’ to the tragic aspects of accepting life’s risks [...]. And yet what is said is one of the permanent truths; it is only in degree that any improvement of society could prevent wastage of human powers; the waste even in a fortunate life, the isolation even of a life rich in intimacy [...] is the central feeling of tragedy», P. Alpers, Empson on Pastoral in «New Literary History» 10/1 (1978) pp. 101-123, p. 109.

[x] Nell’apertura del saggio Pastoral and Soledad, in The Oaten Flute, p. 182, Poggioli chiarisce che la solitudine del pastore non è un tratto archetipico del genere, ma che diventerà un elemento costitutivo per la pastorale italiana e, in generale, europea, dopo il Rinascimento, dal XVII secolo in poi.

[xi] F. Kermode, English Pastoral Poetry, from the Beginnings to Marvel, London, Harrap & Co. 1952.

[xii] E. Carrara, La Poesia pastorale, Milano, Vallardi 1906; W. Greg, Pastoral Poetry & Pastoral Drama. A Literary Inquiry, with Special Reference to the Pre-Restoration Stage in England, Oxford, Horace Hart 1906, H. Chambers, English Pastoral, London, Gresham 1906.

[xiii] G. Jachmann, L’Arcadia come paesaggio bucolico, «Maia» 5 (1952) pp. 161-74.

[xiv] L’approccio di Snell viene criticato da Ernst A. Schmidt, Arkadien: Abendland und Antike, «Antike und Abenland» 21 (1975) pp. 36-57.

[xv] H. Smith, Elizabethan Poetry. A Study in Conventions, Meaning, and Expression, Harvard, Harvard University Press 1952. Partendo dall’assunto che la storia è attività di sintesi, mentre la critica è attività analitica, nel capitolo sulla pastorale critica gli studi sul genere letterario come quelli di Greg, sottolineando che non si sarebbe mai notato il tema dell’otium nella pastorale elisabettiana continuando a riesaminare la storia precedente del genere letterario.

[xvi] Si tratta insomma di metodi critici che prediligono il mode bucolico rispetto alla definizione canonica del genere letterario, interpretazioni che operano prescindendo dalla sequenza storica e privilegiano l’autonomia autoreferenziale del testo rispetto al contesto.

[xvii] Bartlett Giamatti, Preface, p. VI, in The Oaten Flute.

[xviii] W. Greg, Pastoral Poetry and Pastoral Drama. Preface, p. 5.

[xix] H. Smith, Elizabethan Poetry.

[xx] L’indice del volume è indicativo del tentativo di dar conto dei diversi approcci allo studio della pastorale: troviamo giustapposti saggi di W. Greg (Pastoral, A Literary Inquiry), H. Smith (Elizabethan Pastoral), di E. Panofski (Et in arcadia ego), di W. Empson (Proletarian Literature) fino ad E. Auberbach (The Knight Sets Fonth).

[xxi] È nota in questo ambito la predilezione di Poggioli per Goethe rispetto a Rousseau, cfr. P. Alpers, What is Pastoral?, Chicago, University of Chicago Press 1996, p. 34, n. 32. In una lettera a Poggioli dell’8 aprile del 1960 Calvino definisce Pastoral of the Self «un finissimo saggio». La corrispondenza Calvino-Poggioli è inedita, devo questa segnalazione alla generosità di Roberto Ludovico, che ha studiato il carteggio.

[xxii] Sulla querelle si veda tra gli altri J. E. Congleton, Theories of Pastoral Poetry in England, 1684-1798, Gainesville, University of Florida 1952 e la recensione al volume di E. Bloom su «Modern Language Notes» 69/3 (1954), pp. 197-199; Alpers, What is Pastoral?, p. 10, n. 3.

[xxiii] Alpers, Empson on Pastoral, p. 106.

[xxiv] E. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, trad. it. di A. Luzzatto e M. Candela, Firenze, La Nuova Italia 1992 (I ed. 1948), pp. 207-223 (I edizione in tedesco 1948; I edizione inglese 1953).

[xxv] È una situazione ideale per lo scrittore e il suo pubblico quando i conflitti suoi e i nostri si rispecchiano nelle relazioni sociali e nelle convenzioni, comprese le forme d’arte. Questo aspetto è valorizzato da Alpers nella già ricordata recensione al volume di Empson, in particolare p. 117.

[xxvi] Si veda ancora Pastoral of the Self.

[xxvii] Si cfr. The Oaten Flute, p. 29.

[xxviii] I nodi concettuali sono espliciti fin dal saggio di apertura: «The bucolic ideal stands at the opposite pole from the Christian one», The Oaten Flute, p. 1.

[xxix] Tityrus Christianus, in «Rheinisches Museum für Philologie» (1952), pp. 101-65.

[xxx] R. Herzog, Die Bibelepik der lateinischen Spätantike, München, Fink Verlag 1975.

[xxxi] Jaques Fontaine, La conversion du christianisme à la culture antique: la lecture chrétienne del’univers bucolique de Virgile, in « Bulletin de l’Association Guillaume Budé» 1 (1978) pp. 50-75, sostiene che la fusione tra bucolica antica e cristiana sia dovuta all’affinità dell’immaginario pastorale e ai molti elementi comuni alle due culture (risonanze bibliche si possono trovare nelle ecloghe virgiliane, così come le Sacre Scritture abbondano di riferimenti che tradizionalmente connotano le bucoliche classiche).

[xxxii] «Christian poverty is a quest after innocence; pastoral poverty after happiness as well […]; Christian poverty connects poverty with self-mortification, Pastoral poverty connects poverty with self-gratification», The Oaten Flute, p. 8; concetto esplicito in The Christian Pastoral, in The Oaten Flute, p. 123.

[xxxiii] P. Klopsch, Mittellateinische Bukolik, in Lecture médiévales de Virgile, Atti del colloquio dell’Ecole Française de Rome (Roma, 25-28 ottobre 1982), Roma, EFR 1985, pp. 145-165; K. Krautter, Die Renaissance der Bukolik in der lateinischen Literatur des XIV Jahrhunderts: von Dante bis Petrarca, München, Fink Verlag 1983. Più generico per la definizione di canone, ma esteso come ambito cronologico preso in esame è il volume di E. Kegel Brinkgrave, The Echoing Woods. Bucolic and Pastoral from Theocritus to Wordsworth, Amsterdam 1990.

[xxxiv] Nel saggio sulla pastorale cristiana discute della IV Ecloga di Virgilio, dei Vangeli e arriva fino a Milton.

[xxxv] La scelta dell’ecloga da parte di Dante è ormai interpretata unanimemente come risposta alla richiesta di Giovanni del Virgilio che chiedeva al grande poeta di cimentarsi in una tragedia in stile senecano scritta in latino. La bibliografia è molto vasta, mi limito a rimandare alle edizioni commentate del carteggio bucolico Dante-Del Virgilio (a cura di G. Albanese in Opere, II, Milano, Mondadori 2014; a cura di M. Petoletti in Nuova edizione commentata delle opere di Dante per Roma, Salerno Editrice 2016; a cura di M. Pastore Stocchi nel suo volume Dante Alighieri, Epistole, Ecloghe, Questio, Roma-Padova, Antenore 2012. Si vedano anche gli studi di C. Villa e le riflessioni sull’ars poetica oraziana (Il problema dello stile umile, in Dante the Lyric and Ethical Poet, a cura di G.Z. Barański, M. McLaughlin, London 2010, pp. 215-232. Per una sintesi G. Albanese, Petrarca bucolico tra Dante e Boccaccio, in «Studi Petrarcheschi» 22-23 (2019-2020) pp. 183-205 e il recente volume Il latino di Dante, cur. P. Chiesa, F. Favero, Firenze, Sismel 2022; J. Combs-Shilling, Tytirus in Limbo in «Dante Studies» 133 (2015) pp.1-26.

[xxxvi] «Country life is at best a purgatory and real shepherds are even less innocent and happy than citydwellers and courtiers», The Oaten Flute, p. 2.

[xxxvii] «Sarebbe peggio, per l’omo in terra, se non fosse cive».

[xxxviii] Sia la pastorale dell’innocenza che quella della felicità hanno il loro rovesciamento: nella Commedia dantesca Matelda rappresenta la pastorale della felicità mentre Beatrice in Purg. XXII («sarai tu poco tempo silvano / e sarai meco senza fine cive») esprime la qualità transeunte di quella felicità, Dante poco tempo silvano, in The Oaten Flute, pp. 144-51. Il termine ‘felice’, che in Dante rimanda anche alla nozione di innocenza, assume una particolare pregnanza in relazione ai passi della Commedia: la felicità qualifica il luogo edenico (‘questo luogo’/‘qui’) ma anche lo ‘stato felice/innocente’ di Matelda e, più avanti (Purg. XXX, 74-5), proprio nel momento dell’incontro con Dante, lo stesso termine connota, nelle parole di Beatrice, lo stato dell’uomo nel Paradiso Terrestre: «Come degnasti d’accedere al monte?/Non sapei tu che qui è l’uom felice?».

[xxxix] L. Pertile, Renato Poggioli Reader of Dante, in Renato Poggioli: an Intellectual Biography, ed. by R. Ludovico, L. Pertile, M. Riva, Firenze, Olschki 2012, pp. 197-207, p. 205-6. Meno rilevante per l’ambito pastorale europeo medievale e moderno il saggio di M. Marazzi, Pastorali americane, da Poggioli a Giovannitti, in Natura Società Letteratura, Atti del XXII Congresso ADI, cur. A. Campana e F. Giunta, Roma, Adi editore 2020, pp. 1-5.

[xl] Poggioli, Dante poco tempo silvano, p. 152.

[xli] Tra gli studi dedicati alla riflessione sul canone bucolico nel medioevo si veda F. Stella, La poesia carolingia a tema biblico, Spoleto, Cisam, 1993; F. Mosetti-Casaretto, L’ecloga medievale come falso genere pastorale? Il caso della bucolica carolingia, in Contrafactum, Atti del convegno di Bressanone, a cura di F. Peron, A. Andreose, Padova 2008, pp. 59-77; per una sintesi del dibattito mi permetto di rinviare al mio volume Arcadia medivale. La bucolica mediolatina. Tra gli scavi filologici o storico-letterari sui testi pastorali, come quelli di Dante e Petrarca, si vedano i lavori di E. Fenzi sul Bucolicum carmen (I, III, IV, V, VI, XI, XII) di Petrarca apparsi su rivista negli ultimi anni in cui lo studioso ricostruisce minuziosamente i riferimenti storici sottesi ai testi; si vedano anche le edizioni commentate delle ecloghe di Dante già citate precedentemente; tra le letture comparative si vedano almeno Alpers, What is Pastoral?; S. Heaney, Ecloghe in extremis, la capacità di resistenza della pastorale, in Resistenza del classico, Milano, Mondadori 2010, pp. 61-78; si cfr. anche il volume miscellaneo Pastoral and the Humanities: Arcadia Re-inscribed, cur. S. Bjornstad-Velasquez, M. Skoie, Exter, Bristol Phoenix Press 2006. Rilevanti anche le interpretazioni meno letterarie in senso proprio, legate all’eco-criticism e al post-pastoral, si veda T. Saunders, Using Green Words or Abusing Bucolic Ground in Pastoral and the Humanities, pp. 3-13; T. Gifford, Post-Pastoral as a Tool for Ecocriticism, in Pastoral and the Humanities, pp. 14-27; G. Garrand, Pastoral, Anti-Pastoral and Post-Pastoral in L. Westling (ed.) The Cambridge Companion to Literature and Environment, Cambridge, Cambridge University Press 2014, pp. 17-30.

[xlii] R. Cody, The Lanscape of the Maind Landscape of the Mind: Pastoralism and Platonic Theory in Tasso’s Aminta and Shakespeare’s Early Comedies, Oxford, Clarendon 1969.

[xliii] P. Marinelli, Pastoral. The Critical Idiom Series. New York, Barnes & Noble 1971: nel volume si parla già di pastorale legata all’enfasi ecologista.

[xliv] Si veda anche la recensione al volume di P. McCarthy in «The Modern Language Journal» 56/7 (1972) pp. 463-64.

[xlv] Alpers, What is Pastoral?, p. 34 e n. 31.


¬ top of page


Iniziative
5 marzo 2025
Il testo-natura. Presentazione di Semicerchio 70 e 71, Roma Sapienza.

22 novembre 2024
Recensibili per marzo 2025

19 settembre 2024
Il saluto del Direttore Francesco Stella

19 settembre 2024
Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi

16 settembre 2024
Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni

21 aprile 2024
Addio ad Anna Maria Volpini

9 dicembre 2023
Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"

15 ottobre 2023
Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi

30 settembre 2023
Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio

11 settembre 2023
Recensibili 2023

11 settembre 2023
Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto

26 giugno 2023
Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato

21 giugno 2023
Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova

6 maggio 2023
Blog sulla traduzione

9 gennaio 2023
Addio a Charles Simic

9 dicembre 2022
Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma

15 ottobre 2022
Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi

13 maggio 2022
Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio

26 ottobre 2021
Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"

16 ottobre 2021
Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre

11 ottobre 2021
La Divina Commedia nelle lingue orientali

8 ottobre 2021
Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français

21 settembre 2021
HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"

11 giugno 2021
Laboratorio Poesia in prosa

4 giugno 2021
Antologie europee di poesia giovane

28 maggio 2021
Le riviste in tempo di pandemia

28 maggio 2021
De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca

21 maggio 2021
Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini

11 maggio 2021
Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube

7 maggio 2021
Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana

23 aprile 2021
La poesia di Franco Buffoni in spagnolo

22 marzo 2021
Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021

19 giugno 2020
Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio

1 giugno 2020
Call for papers: Semicerchio 63 "Gli ospiti del caso"

30 aprile 2020
Laboratori digitali della Scuola Semicerchio

» Archivio
 » Presentazione
 » Programmi in corso
 » Corsi precedenti
 » Statuto associazione
 » Scrittori e poeti
 » Blog
 » Forum
 » Audio e video lezioni
 » Materiali didattici
Editore
Pacini Editore
Distributore
PDE
Semicerchio è pubblicata col patrocinio del Dipartimento di Teoria e Documentazione delle Tradizioni Culturali dell'Università di Siena viale Cittadini 33, 52100 Arezzo, tel. +39-0575.926314, fax +39-0575.926312
web design: Gianni Cicali

Semicerchio, piazza Leopoldo 9, 50134 Firenze - tel./fax +39 055 495398