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« indietro SALUTO
di Francesco Stella ![]() Théodore Géricault, La zattera della Medusa (1818-1819, Paris, Louvre)
Con questo numero, in un momento della storia italiana che sta rendendo eroici i sacrifici di editori e autori di cultura, si chiude la collaborazione di «Semicerchio» con la casa editrice Le Lettere. Dal 2011 «Semicerchio» continuerà con altro editore a pubblicare i suoi fascicoli e i libri che ne nascono, e si augura di vivere una stagione di ulteriore rilancio culturale e di più estesa diffusione, ma non sarà possibile dimenticare questi 20 anni. Dal 1991 al 2010 la rivista, fondata nel 1986 e arrivata a Le Lettere dopo essere stata per tre anni inserto ‘militante’ di «Pégaso» e per altri tre anni periodico dell’editore Maremmi (in entrambi i casi con tiratura di migliaia di copie), aveva ristrutturato il proprio piano editoriale inserendosi in un catalogo prestigioso con un editore, erede della gloriosa esperienza di Sansoni, accreditato nella pubblicazione di testi e studi di antica tradizione e alto livello qualitativo, anche se rivolto a un pubblico più selezionato. Grazie a questa scelta e all’ambiente ideale trovato presso Le Lettere la rivista è cresciuta per contenuti, collaborazioni, grafica e qualità redazionale, e insieme ad essa è cresciuta la casa che la ospitava. Sono stati vent’anni entusiasmanti, nei quali la piccola cerchia di poeti, traduttori e studiosi universitari che componeva la redazione dei primi tempi si allargava a collaborazioni con autori e critici di tutta Italia e, dopo la svolta ‘interculturale’ del 1996, di tutto il mondo. La rivista e la Scuola di scrittura creativa che la affianca con i suoi seminari, i suoi convegni e i suoi festival sono diventati, se è lecito autodefinirsi, un punto di riferimento per la conoscenza critica della produzione poetica e comparatistica in tutte le lingue: le sezioni di recensioni, studi e traduzioni di poesia araba, africana (nelle sue varietà linguistiche), coreana e cinese, angloamericana, portoghese e brasiliana, finlandese, lituana, persiana, che si affiancavano a quelle di poesia italiana, francese, inglese, tedesca, russa e spagnola, perimetrate dalla sezione classico-medievale e da quella sulla poesia per musica, uniche in tutta la pubblicistica italiana, fornivano e forniscono al lettore e allo studioso un quadro senza paralleli per estensione, completezza e, ci auguriamo, per il rigore impegnato ma non partigiano con cui abbiamo inteso esercitare il nostro ruolo di lettori. Culmine di questa attività di esplorazione internazionale sono stati i volumi antologici di «Poesia straniera», pubblicati da «Repubblica» nel 2004 in decine di migliaia di copie e realizzati grazie al lavoro del Comitato Scientifico e redazionale di «Semicerchio» e ai materiali della rivista. Al tempo stesso le antologie diacroniche su temi, antropologici o stilistici, che ogni numero ha affrontato – da La malattia al Denaro, dalla Cucina poetica al Sonetto interculturale, dal Linguaggio della natura nel Medioevo ai Futurismi extraitaliani, dalle relazioni fra Firenze e San Pietroburgo alla nuova Poesia del Pacifico (l’elenco è sul sito) – hanno stimolato prospettive nuove e fornito agli studi materiali sui quali tuttora si esercitano le nuove ricerche. È stata una stagione frenetica per numero di impegni e di collaborazioni, che ha portato su «Semicerchio» firme illustri (premi Nobel, premi Pulitzer, premi Viareggio e Montale) e autori emergenti che hanno spesso confermato la propria qualità, con una disponibilità e un’apertura (istitutivi del nome stesso di ‘cerchia aperta’) che sono riusciti a fare della rivista la camera di incubazione di alcuni dei migliori poeti fiorentini e italiani e insieme la vetrina di nomi eccellenti o rivelazioni di poesia internazionale. Gradualmente, le ‘scoperte’ segnalate da «Semicerchio» trovavano spazio editoriale, e in primis lo trovavano nelle collane della casa editrice Le Lettere, soprattutto nel «Nuovo Melograno», che ha pubblicato il viaggio sapienziale del carolingio Audrado di Sens e le prime traduzioni italiane della poesia del Nobel Andrić, il caso popolare di Anne Sexton e i best-sellers di poesia femminile angloindiana, e così via fino a diventare un serbatoio permanente di suggerimenti e anticipazioni. Collaborazioni con enti pubblici e privati, fondazioni e università italiane ed estere hanno fatto di «Semicerchio» un ponte privilegiato fra ricerca accademica e militanza critica, e se questo ha comportato un profilo forse meno vistoso nel mondo letterario italiano e nel grande pubblico, si è tramutato in un beneficio evidente per la conoscenza reciproca fra autori italiani ed esteri in un ambiente di verificata qualità, un primo esperimento di rivista europea come oggi la scuola ‘interculturale’ e la cittadinanza transnazionale delle nuove generazioni di fatto richiede. In questo, cioè nella sua ‘poetica’ fondativa e nella sua attività di collegamento come nella scelta di temi ‘politici’o nell’apertura alla scrittura della migrazione (che su «Semicerchio» ha trovato voce ancor prima che dilagasse in pubblicazioni anche non specialistiche), la rivista si augura di aver svolto anche un ruolo civile, in un dialogo continuo con le questioni sociali senza il quale il discorso letterario è destinato a inaridirsi in un soliloquio autoreferenziale.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il supporto della casa editrice, sia attraverso la direttrice Nicoletta Pescarolo, che ha accolto con favore non solo la concezione della rivista ma tutte le collaborazioni che dalla rivista sono nate, sia attraverso le forze che si sono succedute in una redazione sempre attenta alla qualità editoriale e – elemento non secondario ma non comune – alla dignità estetica della pubblicazione. È a loro dunque che va il nostro ringraziamento. Qualunque innovazione «Semicerchio» possa generare in futuro, è inevitabile che un periodo di venti anni di vivacissima attività e brillante espansione, anche se in perenne affanno per la scarsa sensibilità delle istituzioni, rimarrà un’avventura irripetibile, che coincide con la stagione migliore della vita di molti di noi, quella in cui più forte è stata la fiducia nel valore fondante e non rinunciabile della creazione letteraria e dell’apertura all’altro, specie se più debole e oscuro perché meno familiare per epoca, lingua, stile o abitudini di lettura. Di questo tempo, che è stato il tempo della giovinezza nostra e di «Semicerchio», l’editore che salutiamo saprà serbare certamente la memoria più degna.
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