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KIM, SOWŎL, Fiori d’azalea. Traduzione dal coreano e prefazione a cura di Jung, Imsuk, Orientalia, 2022.

 Sebbene la letteratura coreana si stia affermando in Italia grazie alla traduzione di diversi romanzi contemporanei, bisogna ammettere che quella moderna, in particolare, è ancora relativamente poco conosciuta, pur occupando una posizione di rilievo nella sua storia. Considerata la scarsa rappresentanza delle poesie moderne coreane in Italia, e più, in generale, di romanzi moderni, degna di nota è l’uscita della traduzione italiana di Fiori d’azalea, l’unica raccolta di 127 poesie di Kim Sowŏl (1902-1934) con testi paralleli in italiano e coreano (Orientalia Editore, 2022), grazie al minuzioso e pregevole lavoro di Imsuk Jung, docente di Lingua e letteratura della Corea presso l’Università per Stranieri di Siena, la cui carriera di traduttrice abbraccia una vasta gamma di scritti letterari e non letterari dal coreano all’italiano. La raccolta comprende i componimenti poetici pubblicati il 1920 e 1925, suddivisi in 16 sezioni, i cui argomenti vengono presentati in modo sequenziale e ordinato. Tra le varie edizioni pubblicate dopo la sua prima uscita nel 1925, è stata selezionata una versione riveduta di quella rilasciata nel 1950, che rappresenta il primo caso di adozione dell’Ortografia unificata per Han’gŭl del 1933, la cui facilità di comprensione unita alle tematiche trattate l’ha resa ampiamente popolare durante la Guerra di Corea. In effetti, le opere del poeta sono spesso considerate tesori della letteratura coreana, nonostante il suo breve periodo creativo.
 Kim Sowŏl è uno dei poeti coreani più noti e rappresentativi della prima metà del XX secolo, insieme Han Yongun (1879 1944), Chŏng Chiyong (1902-1950) e Yun Tongju (1917-1945), considerati pietre miliari nello sviluppo della poesia moderna coreana. I sentimenti espressi nella letteratura del primo Novecento sono strettamente connessi al contesto storico dei cosiddetti «anni bui». Naturalmente, i componimenti poetici di Kim Sowŏl non fanno eccezione, poiché riferiscono dell’annessione da parte dell’Impero giapponese (1910-1945), il quale esercitava, tramite l’autorità coloniale, un rigido controllo su ogni faccenda culturale e sociale della Corea. Non v’è da stupirsi, quindi, che sia possibile osservare spesso temi come la ‘persona amata’, la ‘perdita’ e la ‘nostalgia’. Tali sentimenti si riflettono in tutta la raccolta, raggiungendo la sua perfezione in titoli come Mare (p. 32), Avrei tanto sperato. Se avessi avuto un campo dove utilizzare il vomere (p. 216) e Terra di un paese altrui (p. 164).
 Nel linguaggio poetico, Kim Sowŏl adotta un lessico vicino alla gente comune, facilmente riconducibile alla vita quotidiana, attraverso il quale trasmette emozioni profonde cercando di adattarsi alla composizione in ‘vernacolare’. Tale aspetto emerge chiaramente dalla poesia intitolata Fiori d’azalea (p. 246), il componimento poetico più noto, in cui affronta il tema della partenza e dell’assenza della persona amata, evocando il fiore che si schiude in tutta la penisola coreana all’inizio della primavera pur poi esprimendo un sentimento peculiare coreano denominato han, spesso tradotto come rimpianto, rancore, o risentimento. La semplicità delle parole usate nelle poesie, unita alla sua metrica tradizionale basata sul ritmo dei canti popolari coreani, ha creato uno stile unico che ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura. Non è certo un caso, che molti dei suoi componimenti siano stati ripresi nei testi di alcune tra le canzoni più amate dal popolo coreano per tutto il Novecento.
Nel riportare il linguaggio, la metrica e lo stile distintivo di Kim Sowŏl in una lingua così lontana dal coreano, è stata fatta un’attenta scelta per rimanere il più possibile fedeli al testo originale, stabilendo un equilibrio tra la traduzione analogica e quella organica. Dal punto di vista metrico, in particolare, l’edizione italiana della raccolta riesce per lo più a conservare lo schema ben definito del poeta, preservandone le rime, le assonanze e la musicalità dei versi, come si evince da Fiori d’azalea e Il ruscello (p. 252). L’altro aspetto rilevante è l’integrazione dei risultati di ricerche più recenti sul narratore poetico di Kim Sowŏl, tradizionalmente identificato come una figura femminile, considerato il tono morbido e delicato delle sue poesie d’amore, come in Un giorno lontano (p. 28), Invocando lo spirito (p. 236) e La partenza (p. 254). Tuttavia, a partire dai primi anni Duemila, alcuni studiosi hanno iniziato a considerare il narratore poetico in maniera più sofisticata, evitando di limitarlo al genere femminile. Tali osservazioni, attentamente valutate dalla traduttrice caso per caso, sono state integrate nella resa in italiano della raccolta, talvolta lasciando spazio all’interpretazione dei lettori, come avviene in Fiori d’azalea, dove tale ambiguità è evidente. Le poesie di Kim Sowŏl sono indubbiamente innovative, sia in termini di con tenuto e di tema, sia nella forma e nell’estetica. È stato un poeta di grande talento i cui testi incarnano l’anima del popolo coreano, come afferma la professoressa Imsuk Jung nella prefazione, «perché a qualsiasi suo conterraneo si stringa il cuore per un profondo senso d’affezione e comunanza. Lo accompagna un sentimento quasi inspiegabile, un’emozione che è a tratti uno squarcio ancora dolente dell’animo» (p. 23). La raccolta di poesie Fiori d’azalea è giunta in Italia dopo circa cento anni della sua prima pubblicazione. Il lettore italiano, nonostante la distanza temporale e geografica tra i due Paesi, sarà portato a identificarsi sia nelle tematiche trattate sia nella semplicità del linguaggio utilizzato. Come evidenziato dalla traduttrice, «Kim Sowŏl è dunque poeta dalle diverse sfaccettature. I suoi versi hanno la capacità di offrire molteplici percorsi di fruizione al lettore, suggerendo innumerevoli chiavi di lettura e invitando a riflessioni continue» (p. 23).

(Kukjin Kim)
Università per Stranieri di Siena

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