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On Pseudo-Cyprian’s Heptateuchos. Biblical Rewriting between «Narratio Probabilis» and Allusive Intertextuality, a cura di Michele Cutino in collaborazione con Victoria Zimmerl-Panagl, Berlino/ Boston, De Gruyter, 2023, pp. viii + 152 (Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum CSEL. Extra Seriem).
 
Pubblicato per la sezione Extra Seriem del prestigioso Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum, che accoglie saggi e monografie su temi relativi al periodo patristico latino, il volume costituisce un’indagine preliminare sulla riscrittura in versi dell’Eptateuco attribuita tradizionalmente a Cipriano Gallo. L’obiettivo dichirato da Michele Cutino nell’introduzione è infatti quello di fornire una anticipazione dei risultati raggiunti dal team ERCAM (Équipe de Recherches sur le Christianisme Ancien et Médiéval) dell’Unité de Recherche 4377 di Strasburgo durante i lavori di riedizione del poema (il cui completamento è previsto per il 2024). Il volume presenta cinque interventi che costituiscono altrettanti saggi esemplificativi delle possibilità di analisi applicabili al testo: un esame di alcuni capitoli dell’Esodo volta a mettere in evidenza i principali problemi che lo studio dell’opera solleva (M. Cutino); un’indagine sulle fonti poetiche riscontrabili nei vari libri di cui si compone il poema (D. De Gianni); tre interventi su specifici episodi della Genesi (R. Lestrade), dei Numeri (F. Lubian) e del Deuteronomio (L. Furbetta), esaminati alla luce delle tecniche poetiche messe in campo dal versificatore. D’altronde l’Heptateuchos, che costituisce il tentativo più completo di riscrittura dell’Antico Testamento a noi pervenuto, manca ad oggi di un esame comprensivo che possa fornire una chiara definizione delle logiche di composizione e di selezione dei contenuti, degli echi intertestuali individuabili nonché dei destinatari e del contesto di produzione del poema. In questo senso si percepiscono oggi come carenti la pur meritoria edizione critica ad opera di Rudolf Peiper (Cypriani Galli poetae, Heptateuchos, accedunt incertorum de Sodoma et Iona et ad senatorem carmina et Hilarii quae feruntur in Genesin, de Maccabaeis atque de Euangelio, ed. da R. Peiper, Pragae-Vindobonae-Lipsiae, 1891) e il commento grammaticale e filologico di John Mayor (J.E.B. Mayor, The latin Heptateuch. Published Piecemeal by the French Printer William Morel (1560) and the French Benedictines E. Martène (1730) and J.B. Pitra (1852-88), London, 1889), ormai superati nei metodi e nelle conclusioni raggiunte.
Cutino [À la découverte d’un poème négligé: l’«Exode» de l’Heptateuchdichter. Exemple d’étude de la réécriture poétique des chapitres 1 e 2, pp. 1-32], tramite un’indagine esemplificativa dei primi due capitoli dell’Esodo, presenta un saggio dei diversi livelli di analisi applicabili al poema. Dopo aver evidenziato i problemi sollevati dall’editio princeps dell’opera, che si fonda a suo avviso su una errata recensio, prende in esame i rapporti del testo dell’Heptateuchos con l’ipotesto biblico, evidenziandone la fedeltà alla fonte scritturale e esplicitandone i modi di riscrittura: a fronte di una scarsa presenza di omissioni e amplificazioni, l’autore fa ricorso per lo più ai procedimenti di sintesi e abbreviazione. Al contempo, Cutino riscontra anche delle modifiche del racconto in senso razionalizzante, nonché un utilizzo della storiografia greco-giudaica per suggerire una diversa interpretazione dei fatti. Nella medesima direzione si muovono, a suo parere, le referenze alla letteratura classica, specialmente epica, che non sono semplici ornamenti formali, bensì elementi che concorrono a riorientare il racconto biblico. A chi si domanda quanta intenzionalità si nasconda dietro il lavoro citazionistico, Cutino risponde con l’analisi del passo relativo all’esposizione di Mosè, in cui dimostra magistralmente l’utilizzo del VI libro dell’Eneide per caratterizzare la salvezza del bambino da parte della figlia del Faraone come provvidenziale, secondo la prospettiva interpretativa offerta dalle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe. La definizione della riscrittura dell’Heptateuchos come «grado zero» dell’esegesi (cfr. F. Stella, Poesia e teologia. Volume 1: L’occidente latino tra IV e VIII secolo, Milano, 2001) è dunque aggiornata alla luce del sottile tentativo di stabilire, da parte dell’autore, un legame concettuale tra più situazioni. De Gianni [Non-Epic Classical Poetry in the Heptateuchos Poem. Horace, Persius and Martial, pp. 33-56], esamina le fonti classiche del poema, tralasciando tuttavia l’apporto dell’epica, fonte comune a tutte le riscritture di stampo eroico. L’attenzione si appunta dunque sugli influssi di altri generi letterari nella λξις dell’Heptateuchos, quali poesia lirica, epigrammatica e satirica, con particolare riguardo per Orazio, Persio e Marziale. Stupisce innanzitutto la presenza quantitativamente considerevole di un sostrato lirico. I casi di imitazione menzionati da De Gianni sono d’altronde convincenti e ben argomentati, assai più estesi e pervasivi del reimpiego di singoli nessi o vocaboli di utilizzo raro: il recupero riguarda anche porzioni estese del testo oraziano, che va incontro a una consistente riformulazione, rimanendo tuttavia ben riconoscibile alla base. Di minor entità il debito nei confronti di Persio, la cui conoscenza da parte dell’Heptateuchdichter sembra comunque alquanto plausibile sulla base dei luoghi citati a sostegno della tesi. Più incerta a mio parere la presenza di Marziale, di cui sono riportate solo una o due attestazioni significative. Secondo la lettura di De Gianni, il riuso delle fonti classiche – spesso puramente formale, ma in più di un’occasione di matrice allusiva – non solo evidenzia la cultura del versificatore, ma mostra anche una volontà di diversificare il dettato dell’opera indipendentemente dalle differenze di genere tra le varie sezioni della Bibbia: i segmenti narrativi non presentano un quantitativo maggiore di citazioni dall’epica rispetto a quelli in endecasillabi faleci. Nella stessa pericope si fa dunque ricorso a referenze classiche disparate per creare varietà e movimento di stili e registri.
Lestrade (La création de la femme (Gen. 2,18-24) dans la paraphrase biblique de l’Heptateuchos (Cypr. Gall. Gen. 32-37), pp. 57-86) applica il metodo comparativo al fine di mettere in luce la singolarità del poema dell’Heptateuchos rispetto alle opere contemporanee appartenenti allo stesso genere letterario. Attraverso l’esame dei sei versi tratti dall’episodio della creazione della donna narrato nella Genesi, mostra infatti come – a differenza dell’Alethia e del De spiritalis historiae gestis, che sono trattati esegetici in versi – il poema di Cipriano Gallo conservi una sua originalità per la fedeltà al dettato biblico e l’assenza di interventi teologici espliciti: laddove l’autore incappa in luoghi di dubbia interpretazione, compone versi oscuri che aggirano la necessità di prendere posizione. Questo rilievo sembra andare in direzione opposta rispetto ai dati emersi dall’analisi di Cutino: Lestrade si sofferma infatti sulla diversità di impostazione tra l’Heptateuchos e le opere di Alcimo Avito, Draconzio, Claudio Mario Vittore e Agostino, attribuendo minore importanza all’individuazione di possibili formulazioni esegetiche implicite. A suo parere l’opera è una semplice Bibbia «illstrata» (p. 84) che intende rendere piacevole la lettura delle Scritture e testimonia così la facilità con cui, sotto la superficie di un’epoca descritta come un tempo di rottura epistemologica e marcata dalle lotte dottrinali, «le jeune christianisme fusionne paisiblement avec le monde antique» (p. 84). Dall’analisi di Lestrade emerge dunque un intento letterario piuttosto che ideologico alla base della riformulazione scritturale. Una menzione è d’obbligo alla pregevole analisi dei vv. 32/33 (quem postquam effigie formatum ceu sua vidit | metitur solum mordaces volvere curas) in cui tramite il raffronto con il testo biblico si evidenzia come l’utilizzo di una narrazione onnisciente permetta al poeta dell’Heptateuchos di giustificare la scelta divina di creare la donna tramite una psicologia antropomorfa che vede il Dio della Genesi rispecchiarsi nella sua creatura e provare compassione per la sua solitudine: un’interpretazione letteraria che va a scapito dei presupposti ideologici.
Lubian [Reforging Balaam the Epic Way. The Embassy of King Balak and the Journey to Moab (Num. 22,1-35) in the poem of the Heptateuchos (Num. 579- 638), pp. 87-111], esamina le strategie messe in atto nella riscrittura di un libro fortemente normativo quale quello dei Numeri. In primo luogo, l’analisi dell’episodio dell’ambasciata del re di Moab Balak a Balaam, indovino israelita che è stato oggetto di discredito quasi unanime nelle fonti paleocristiane, evidenzia l’aderenza del parafraste alla prospettiva offerta sul personaggio dalle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe, dimostrando ancora una volta la vicinanza del poeta alla storiografia greco-giudaica. In secondo luogo, l’esame delle tecniche formali utilizzate – quali la semplificazione e resa obliqua del discorso diretto, l’eliminazione delle incoerenze e dei contenuti ripetitivi, l’elevazione dello stile piano tramite l’utilizzo di modelli epici – restituisce l’immagine di una parafrasi che va nella direzione di una narratio probabilis, adattata tuttavia alle norme estetiche dell’epica latina, familiare al poeta e al suo auditorio. Questa familiarità è dimostrata da Lubian tramite un’attenta lettura della scena di ribellione dell’asina di Balaam al padrone alla vista dell’Angelo del Signore: l’individuazione dei tasselli virgiliani presenti nel racconto permette di sottolineare il tentativo, da parte del poeta, di innalzare il tono rispetto alla fonte, attenuando gli elementi grotteschi della situazione.
Furbetta [Bible and Intertext: An Inquiry into the Narrative Strategies in the Heptateuchos Poem. The Example of «Metrum super Deuteronomium», pp. 113-140] si occupa infine della riscrittura del Deuteronomio, tramite l’analisi della quale dimostra che il poeta, nel riassumere gli eventi principali della sua fonte e nel semplificarne la trama, ricorre ad una manipolazione del testo biblico molto più complessa dell’impressione di linearità che il poema restituisce a una lettura superficiale. Il close reading permette infatti di cogliere il puzzle di omissioni, trasposizioni e ricombinazioni di cui l’autore si serve per creare un ordine che è solo illusorio. Particolarmente significativa da questo punto di vista l’analisi strutturale dei primi 60 versi del libro, corrispondenti a Deut. 1-20, tramite la quale si arriva a definire come «creative abbreviation» (p. 114) il processo di riscrittura messo in atto dal parafrasatore. Una seconda indagine sulla complessa giustapposizione di citazioni, echi e allusioni è volta poi a sottolineare la forte funzione dell’intertestualità nella totalità dell’opera.
In sintesi, i cinque contributi mostrano una sostanziale concordanza nell’individuare come intento prediletto del versificatore quello di fornire al lettore una narratio probabilis degli eventi biblici che compensi la disfunzionalità narratologica delle Scritture. Dalla lettura complessiva degli interventi emerge inoltre il fatto che, pur non facendo ricorso alla parafrasi esegetica, l’autore produce tuttavia una riscrittura orientata, stabilendo implicite comparazioni e suggerendo per mezzo di una trama di “intertestualità allusiva” prospettive differenti sull’evento narrato, spesso in linea con l’ideologia giudeo-ellenistica. Il rilievo accordato a questo elemento varia tuttavia nei diversi contributi, oscillando tra lo status di componente costitutiva e fondante del tessuto narrativo e quello di fattore riscontrabile in determinate sezioni. In generale, il volume costituisce un ottimo saggio dei vari gradi di analisi che è possibile utilizzare nello studio della riscrittura biblica e, più nello specifico, dell’Heptateuchos, dotando così il lettore di uno strumento metodologico applicabile a più opere dello stesso genere e, al contempo, fornendo una prima panoramica su un poema ancora largamente da esplorare. Gli approcci proposti sono validi e – se applicati su vasta scala – possono condurre a una conoscenza profonda delle tecniche, dei modi e delle intenzioni all’origine della versificazione dell’Eptateuco.
 
(Martina Paccara)

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