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ALBERTO RUSSO PREVITALI, Letteratura e reale lacaniano. La critica psicoanalitica e l’al di là del senso, Modena, Mucchi, 2023, pp. 266, € 20,00.
 
A partire dagli anni Sessanta, sotto la spinta della linguistica saussuriana e delle teorie di Jacques Lacan, la critica psicoanalitica ha conosciuto una fase importante di rinnovamento. In Italia, il nome più emblematico di questa stagione è certamente quello di Stefano Agosti, che in alcuni saggi teorici e in numerose letture analitiche ha offerto degli esempi mirabili dell’interazione feconda tra la critica letteraria e la psicoanalisi lacaniana. Com’è noto, tra i molti autori studiati da Agosti, questo approccio ha dato dei risultati particolarmente significativi nell’interpretazione della poesia di Andrea Zanzotto, il quale, a partire da La Beltà, pone quella che egli chiama “la croce” costituita da psicoanalisi e linguistica come una delle basi operative della sua poetica.
In Italia, dopo la prima fase di diffusione legata alla prospettiva dell’’inconscio strutturato come un linguaggio’, l’interesse per l’opera di Jacques Lacan ha continuato a crescere nei decenni successivi, e ciò ha contribuito a farla conoscere nella sua integralità, con studi che hanno presentato e approfondito soprattutto la sua ultima fase, quella più incentrata sul registro del reale. In questo registro, al centro della riflessione non è più la visione retorico-linguistica dell’inconscio, ma quella pulsionale, ovvero la dimensione dell’esperienza umana legata al godimento, al sesso e alla morte, dimensione che eccede le possibilità del senso e si pone nell’ordine dell’impossibile.
Il progetto di una critica psicoanalitica fondata su questo registro è alla base dell’itinerario critico di Alberto Russo Previtali, che fin dall’inizio della sua attività ha provato, partendo dai lavori di Agosti, a confrontarsi con l’opera di Zanzotto a partire da questa nuova prospettiva. Il risultato di questo lavoro è stato il saggio Zanzotto/Lacan. L’impossibile e il dire, pubblicato nel 2019. Ma l’opera di Zanzotto, pur essendo privilegiata e centrale in questo progetto, non è stata l’unica nella quale il critico abbia provato a incontrare e a tradurre il reale in un sapere critico. Lo testimonia oggi la raccolta di saggi Letteratura e reale lacaniano. La critica psicoanalitica e l’al di là del senso, nella quale vengono riuniti studi su diversi autori scritti e pubblicati nell’arco di un quindicennio.
Oltre a due letture di testi zanzottiani (il poemetto Gli Sguardi i Fatti e Senhal e il componimento Monti, giada di Monti di Conglomerati), il volume raccoglie saggi su opere di Artaud, Laforgue, Pasolini, Conrad, Camus, Leiris, Svevo, Fenoglio e Forest. Ad eccezione del saggio su Artaud, che ne ricostruisce l’itinerario poetico, e di quello su Laforgue dedicato alle Complaintes, si tratta sempre di letture di un singolo testo, nelle quali lo scavo analitico cerca di fare emergere il reale particolare articolato dal lavoro della forma. Ogni lettura cerca un confronto serrato con l’unicità del testo, nel tentativo di cogliere i punti di resistenza nei quali si fa sentire il reale come impossibile a dire.
Questa ricerca, pur essendo condotta utilizzando gli strumenti concettuali più affilati della psicoanalisi e dell’analisi testuale, non si vuole come applicazione di una teoria. È quanto viene spiegato nella prima parte del volume, nella quale vengono presentati i concetti lacaniani fondamentali (Cosa, linguisteria, lettera-litura) utilizzati nei saggi critici. Questi due capitoli, che hanno certamente una portata teorica, sono stati redatti a posteriori con il solo intento di presentare la prospettiva concettuale in cui si inserisce il lavoro dell’analisi testuale. Tuttavia, come specifica Russo Previtali nella sua prefazione, la mancata costruzione di una teoria non è dovuta solo a una limitatezza degli oggetti della trattazione, ma anche e soprattutto a una mancanza che attraversa la stessa prospettiva d’indagine, il suo oggetto: «il reale considerato nell’ambito della letteratura sembra in effetti sfuggire alla possibilità di una trattazione teorica portata a un sufficiente grado di formalizzazione» (p. 10). È proprio alla luce dell’assunzione di questa impossibilità che la proposta di Letteratura e reale lacaniano appare in tutta la sua novità. Ponendo il reale come dimensione essenziale dei grandi testi letterari, legata alle loro strutture ma anche, al tempo stesso, al di là di esse e irriducibile ad esse, Russo Previtali prova ad aprire una nuova via per la critica psicoanalitica, nella quale si possano recuperare gli slanci interpretativi e gli strumenti migliori della stagione dello strutturalismo, inserendoli però in una prospettiva più duttile e porosa.
Il tentativo del critico è quello di esplorare i continenti della realtà umana sui quali fiorisce la letteratura («desiderio, amore, morte, linguaggio, generazione, memoria, oblio, eredità, potenza, ideale», ibid.) con una strumentazione concettuale e analitica all’altezza della loro complessità, senza cioè rinunciare ai compiti più alti della critica letteraria. In questa operazione, la scrittura critica incontra il suo nucleo centrale, ovvero il punto in cui si rivela la mancanza strutturale del linguaggio, quel punto che Jean-Claude Milner, più volte citato nel volume, ha chiamato ‘punto di poesia’.
Il confronto continuo, testo per testo, con questo punto in cui il linguaggio si apre sul suo fondo pulsionale, pone la scrittura critica di Russo Previtali al di là degli ideali di scientificità che hanno caratterizzato storicamente l’approccio psicoanalitico-semiologico al testo letterario, e la porta a condividere con il proprio oggetto la radice creativa e poetica della parola. Partendo dalle conquiste teoriche di alcuni maestri della psicoanalisi dell’arte e della letteratura come Giovanni Bottiroli, Massimo Recalcati e Michèle Aquien, con i quali Russo Previtali si è formato e a cui in questo libro rende omaggio, i saggi di Letteratura e reale lacaniano si distaccano da una postura rigidamente metalinguistica, muovendosi sul confine tra analisi, rigore interpretativo e invenzione, in una rivisitazione del noto aforisma barthesiano e starobinskiano: «Il critico è uno scrittore».
Una rivisitazione necessaria e all’altezza dei tempi, nel nome del vuoto e del non senso del reale che attraversano in profondità la realtà contemporanea, e che vengono posti da Russo Previtali al centro di un nuovo approccio psicoanalitico all’analisi testuale.
 
(Jean Nimis)

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