« indietro Posidippi Pellaei quae supersunt omnia. Ediderunt C. AUSTIN et G. BASTIANINI (Biblioteca classica, 3), Milano, LED 2002, pp. 234, € 18,00.
A un anno di distanza dall’editio princeps dell’ormai celebre papiro di Milano con più di seicento nuovi versi di Posidippo, curata da Guido Bastianini e Claudio Gallazzi con la collaborazione di Colin Austin (Posidippo di Pella. Epigrammi [P.Mil. Vogl. VIII 309], Milano, LED 2001), gli stessi Austin e Bastianini raccolgono ora il «nuovo» e il «vecchio» Posidippo in questo agile volume che offre ai lettori testo critico e traduzione dei suoi circa 140 epigrammi a tutt’oggi noti. Inusuale è la presenza accanto al testo greco di una doppia versione, italiana e inglese: ma si tratta di una scelta intelligente, che permette a questo libro, destinato a rimanere almeno per qualche anno l’edizione di riferimento degli epigrammi posidippei, di valicare i patrii confini e proporsi come pienamente fruibile al pubblico internazionale (e non solo ai non specialisti, perché la traduzione diventa un importante strumento esegetico in parecchi dei nuovi epigrammi, resi oscuri vuoi dalle mutilazioni del papiro, vuoi dal ricorso del poeta a un lessico ricco di tecnicismi o ad una sintassi involuta). Il testo greco è costituito con lodevole equilibrio anche se forse una o due congetture al «vecchio» Posidippo, come quella di Austin in 140.8, sarebbe stato meglio limitarsi a proporle in apparato. Ovviamente l’edizione critica è lungi dall’essere definitiva, vista l’assidua (e prevedibile) fioritura di proposte testuali di cui gli epigrammi del papiro milanese continuano a beneficiare. La traduzione è attenta e precisa, condotta su un registro stilistico alieno da eccessive letteralità come da indebite licenze. Qualche volta le due versioni divergono sull’interpretazione del testo: così in 56.5 μαστòν ’έτι σπαργώντα μετστρέχoν è reso «mentre al seno ancor turgido anelava» in italiano, «still seeking the swollen breast» in inglese (meglio, a mio avviso). Ma questo accade assai di rado. Vale invece la pena di sottolineare i risultati felici che i due studiosi assai spesso conseguono. Un buon esempio è 93: «Il buon Pitermo, o terra nera, dovunque tu / lo trattenga (perì infatti sotto il freddo Capricorno) / lievemente ricoprilo. Se invece sei tu che lo celi, o padre del mare, / deponilo intatto sulla nuda spiaggia / nell’ampia baia di Cuma, e il suo corpo, come si conviene, / o signore del mare, rendilo alla terra paterna». Bastianini sa rendere adeguatamente in italiano la misurata armonia dell’originale, e non si tira indietro davanti alla necessità di iterare «del mare» nell’ultimo verso (ove un traduttore frettoloso sarebbe tentato di variare con «dei flutti»), riproducendo una ripetizione che non solo per gli antichi era ben più accettabile che per noi, ma che ha anche la precisa funzione di sottolineare la distinzione tra i due mondi: tu, o signore del mare, rendi alla terraferma ciò che le spetta.
(Enrico Magnelli)
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