« indietro LORETTO MATTONAI, (l’) una soltanto, Firenze, Gazebo 2001, pp. 44, s.i.p.
Dato luogo alla luna, grande, ma «luna soltanto», poiché con la «civetta illune» si parteggia, opponendo alla «stellare / crudeltà delle colombe» il proprio umbratile canto, la raccolta di Mattonai procede, fin dal titolo, sul bisticcio linguistico, sulla dissimilazione-assimilazione dell’articolo di chiara tradizione petrarchesca (l’aura- aura). Ne sono infatti protagonisti tanto una ricca fauna di piccole creature diurne e notturne (gioco facile riconoscere coppie in antitesi classica: rondine-usignolo; cicala-grillo), a scandire il tempo nettamente diviso in queste due opposte realtà (non solo temporali, ma poetiche), quanto «l’una soltanto», esclusiva figura femminina, ché, per modulo canzonieristico, «altra non v’à parte». Al sole, quello di estivi meriggi dannunziani, la terra formicola di minuscole presenze, di cui spesso non si ritrova che una labile traccia; e sono «le / mosse di una volpe intorno al laccio», il tendere delle vibrisse di un gatto, «lo strofinìo di una cicala chiusa in duomo» a rendere l’idea di come la vita sibili e manifesti a scatti la propria essenza. Esterni e interni, ognuno col suo feticcio animale; i ricci o i grilli delle Occasioni montaliane a sancire il limes tra focolare e orto; laddove distanze siderali si colmano nel cuore della notte grazie a un dialogo tra terreni e celesti che si fa possibile solo in quest’ora. Il numero diviene indizio di corrispondenze: «sei gatti con l’unica femmina / a far l’accoppio... ‘sette Pleiadi un poco più sù’ a graffiarti il dorso». Questa l’ora in cui rendere domestico ogni spazio cosmico: «Pergolato di stelle, pigolìo di / galassie...» e, cosa ben più ardita, conciliare il diario all’elegia, l’Ungaretti di Stasera al poeta di Notizie dall’Amiata. Quanto all’esito del canzoniere (che si concentra nell’ultima ventina di componimenti), l’assenza dell’«una soltanto» si scopre essere non accidente canonicamente occorso a metà dell’opera, ma essenza stessa di questa, mancanza rilevata col «balzare tra i denti parole d’altri», un’eco dal Foscolo più luttuoso, variata proprio nel verbo, a significare il potere autoreferenziale nonché consolatorio della poesia: «Solo questo mi basta: che il tuo / vivere tuttora priva di me, il non / esserci incontràti ancora, e l’un / dell’altro il fare senza // divengano i puri nodi, oramai / confessi, di una stessa risolta / pazienza».
(Francesca Latini)
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