Home-page - Numeri
Presentazione
Sezioni bibliografiche
Comitato scientifico
Contatti e indirizzi
Dépliant e cedola acquisti
Links
20 anni di Semicerchio. Indice 1-34
Norme redazionali e Codice Etico
The Journal
Bibliographical Sections
Advisory Board
Contacts & Address
Saggi e testi online
Poesia angloafricana
Poesia angloindiana
Poesia americana (USA)
Poesia araba
Poesia australiana
Poesia brasiliana
Poesia ceca
Poesia cinese
Poesia classica e medievale
Poesia coreana
Poesia finlandese
Poesia francese
Poesia giapponese
Poesia greca
Poesia inglese
Poesia inglese postcoloniale
Poesia iraniana
Poesia ispano-americana
Poesia italiana
Poesia lituana
Poesia macedone
Poesia portoghese
Poesia russa
Poesia serbo-croata
Poesia olandese
Poesia slovena
Poesia spagnola
Poesia tedesca
Poesia ungherese
Poesia in musica (Canzoni)
Comparatistica & Strumenti
Altre aree linguistiche
Visits since 10 July '98

« indietro

GABRIELLA LETO, Aria alle stanze, Torino, Einaudi 2003, pp. 100, € 10,50.

 

Atto ancillare, quello che dà abbrivo all’opera, femmineo. Venuta ad abitare   vecchi penetrali gozzaniani, Gabriella Leto primamente attende a rendere vivibile questo luogo chiuso (conclusus), dando «aria alle stanze», aria e luce insieme, perché si torni a scandire il tempo sul naturale alternarsi di albori ed ombre. Pure, la fondamentale componente metrico- prosodica del libro invita se non a interpretare diversamente ad attribuire al titolo una valenza anfibologica. Dare «aria alle stanze» significa anche rendere melodico il recitativo, quelle stanze intese come ottave di poema deflagrato, ovvero stanze di canzone secondo l’antico canone romanzo, superato poi dal sonetto (e con un sonetto, appunto, ogni sezione si apre). La suddivisione dell’opera in tre capitoli – Arioso dolente, Andante amoroso, Largo desolato – è ulteriore cenno a tale continua sperimentazione di una misura melodrammatica. Altrettanto evidenti le tracce di una struttura unitaria dell’opera. I tre sonetti con cui si aprono i capitoli, ma potremmo parlare anche di atti musicali, alludono ciascuno a una situazione temporale che è condizione dell’anima. «L’ora dell’ombra ormai quasi discesa» conduce tra gli ultimi bagliori di un crepuscolo che è forma mentis della prima sezione. Chiuse dimore borghesi, rifugio ai loro abitatori, delimitano la scena di un’azione involontaria di uomini umbratili anch’essi, automi in mano ai capricci di uno Zodiaco indifferente. Sono, questi, salotti d’altri tempi, dovecampeggiano oggetti inanimati, fallaci simulacri di vere e vive creature: è il caso della civetta, sul tavolo di lacca (chinoi-serie fin de siècle), privata di vita amorosa e voce, quella inconfondibile lugubre querela quasi per pietà restituitale dal poeta tramite il sistema di rime e consonanze aspre su cui procede l’intera stanza. Trovano qui dimora antiche suppellettili di lusso, in tartaruga, pettini e cofanetti, strumentario degno di un’allumeuse foscolian-dannunziana; o i volumi non più amorosamente sfogliati dal loro dotto signore, i libri della ricca biblioteca dell’amico ormai perduto, un Manganelli di cui si rilascia affettuoso ritratto vergato alla maniera manzoniana: incredulo Don Ferrante non adeguatosi ai nuovi tempi volgari. A far da contrappunto a questa inazione, a questa vanità di intenti, che possono richiamare anche l’inutile ed effimera ricerca entro le chiuse ‘stanze’ dell’ingannevole castello d’Atlante («Amarsi cancellarsi amarsi ancora»), le piante, dall’esterno, narrano altre storie, abbracciamenti eterni di viti e d’olmi, non conosciuti dall’inquieto genere umano, ed una vigoria mediterranea nella fitta ramaglia di rime e di correlativi montaliani («Sono i rami del pino – dell’arancio / convulsi inebriati / del lentisco dell’ibisco che cede / anch’esso a quella pazza esultanza / del gracile limone»), che addita, per antitesi, ancor più l’inerzia claustrale eletta a propria dimensione. L’estremo grado di tale volontario appartarsi è posto in scena nel secondo capitolo, il cui intervallo temporale è quello della notte, intesa come ottenebramento della ragione («Come un’argentea fotografia»), ma pure quale «sera perenne» di un oltremondo visitato con la semplicità onirica di Vittorio Sereni, maestro a cui ci si affida nel combinare gli incontri, i pacati colloqui coi morti, una volta riscossisi dal «sogno della vita» («nel quasi sogno da cui mi scuoto»), giusta l’ottica rovesciata del visionario poeta di Adonais (XXXIX, 344: «He hath awakened from the dream of life»). Questo il luogo dove ritrovare le creature perdute, Pandora, la gatta contesa alla morte, ma qui inesorabilmente venuta, lasciando orba di sé l’un tempo triplice comunità felina di casa, ora attonita a tanta assenza. E il lamento che ne sale è quello orfico fatto di domande senza risposta, l’ecolalia dell’innamorato ormai solo del melodramma di Gluck: «Se tu non sei con me chi mai ti ama? / Chi ti cerca e ti chiama? / Chi ti avrà a cuore? Chi di te avrà cura?». In luogo di rubeste piante, svettano qui solo la smilace e la siringa vulgaris; siamo nel regno di Cloto, dove si espiano vita e amori passati sotto pena di un’orrifica, ovidiana metamorfosi. Il terzo capitolo non può dunque che narrare il ritorno dall’oltremondo, non collocato in un altrove, ma piuttosto svuotato della dimensione temporale. Per questo il sonetto su cui si apre la sezione, «La luminosa rapinosa aurora», è inno alla luce, che non a caso recupera l’immagine mitologica dantesca di Purg., IX, 1-3, là dove Aurora non è soltanto la «concubina di Titone antico», ma è altresì l’ora del mondo dei vivi, contrapposta all’ora notturna della montagna ultraterrena. Fabula di un eterno ritorno, quella di Aurora, che lascia le coltri dell’amante per vincere le tenebre, in chiara opposizione col mito di Euridice, l’inesorabilmente perduta dall’amato nel mondo dove non è che sera. Più ‘larga’ l’anima al suo riaffacciarsi alla vita; il peso di una mancanza cara è lì sempre a richiedere un compianto, che  dal timbro di dolente amore orfico si fa più composta, borghese, ottocentesca ‘aria’ panzacchiana («Ti cercai lungamente ma non c’eri»). Dopo tanti spasmi melodici, col ritorno nel mondo dove il tempo è scandito dall’alternarsi di ombra e luce, non è escluso neppure un trobar leu, sulle gioiose e libertine note ora di Cherubino ora di Don Giovanni, comunque a registrare quel turbamento di sensi inesprimibile se non tramite frammenti di un discorso amoroso: «Non so più ciò che sento. / Perduto ogni concetto / vorrei non vorrei ti accetterei / per quello che non sei / come si prende a volte da un cassetto / il più abusato – il più liso indumento».

 

Francesca Latini


¬ top of page


Iniziative
19 settembre 2024
Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi

19 settembre 2024
Il saluto del Direttore Francesco Stella

16 settembre 2024
Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni

21 aprile 2024
Addio ad Anna Maria Volpini

9 dicembre 2023
Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"

15 ottobre 2023
Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi

30 settembre 2023
Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio

11 settembre 2023
Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto

11 settembre 2023
Recensibili 2023

26 giugno 2023
Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato

21 giugno 2023
Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova

6 maggio 2023
Blog sulla traduzione

9 gennaio 2023
Addio a Charles Simic

9 dicembre 2022
Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma

15 ottobre 2022
Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi

13 maggio 2022
Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio

26 ottobre 2021
Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"

16 ottobre 2021
Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre

11 ottobre 2021
La Divina Commedia nelle lingue orientali

8 ottobre 2021
Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français

21 settembre 2021
HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"

11 giugno 2021
Laboratorio Poesia in prosa

4 giugno 2021
Antologie europee di poesia giovane

28 maggio 2021
Le riviste in tempo di pandemia

28 maggio 2021
De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca

21 maggio 2021
Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini

11 maggio 2021
Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube

7 maggio 2021
Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana

23 aprile 2021
La poesia di Franco Buffoni in spagnolo

22 marzo 2021
Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021

19 giugno 2020
Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio

1 giugno 2020
Call for papers: Semicerchio 63 "Gli ospiti del caso"

30 aprile 2020
Laboratori digitali della Scuola Semicerchio

» Archivio
 » Presentazione
 » Programmi in corso
 » Corsi precedenti
 » Statuto associazione
 » Scrittori e poeti
 » Blog
 » Forum
 » Audio e video lezioni
 » Materiali didattici
Editore
Pacini Editore
Distributore
PDE
Semicerchio è pubblicata col patrocinio del Dipartimento di Teoria e Documentazione delle Tradizioni Culturali dell'Università di Siena viale Cittadini 33, 52100 Arezzo, tel. +39-0575.926314, fax +39-0575.926312
web design: Gianni Cicali

Semicerchio, piazza Leopoldo 9, 50134 Firenze - tel./fax +39 055 495398