« indietro ITALIAN ENVIRONMENTAL LITERATURE. AN ANTHOLOGY, EDITED BY PATRICK BARRON & ANNA RE,Italica Press, New York 2003 - pp. XXXIII-372, $ 25)
Poesie di quattordici poeti italiani, da Pascoli a Zanzotto, occupano la prima metà di questa singolarissima antologia, che nella seconda e terza parte ospita prosatori ed ecologisti, mostrando «quanto sorprendentemente complessi siano i regni della natura e della cultura nel piccolo ‘stivale’ chiamato nazione italiana» (Rebecca West, Università di Chicago). L’opera risponde alla domanda di studi comparativi che l’Ecocriticism americano degli ultimi anni rivolge al rapporto fra letteratura e ambiente, alla scrittura del paesaggio, anche fuori gli Stati Uniti. Esigenze di spazio (ma non solo) hanno escluso una lunga tradizione che va da Virgilio e Lucrezio a Dante, Ariosto, Foscolo, Leopardi, dice il curatore Patrick Barron – mentre democraticamente accoglie qualsiasi registro letterario di autori viventi, dai noti ai meno noti. Interessante dunque il taglio di questa prima pietra epistemologica, unito alla sua grande cura e sensibilità: ogni autore è presentato con una scheda biobibliografica non convenzionale e una congrua scelta di brani (poesie con testo originale a fronte). E se per la prosa fa ricorso a traduzioni «ormai classiche», come quelle di William Weaver (Calvino), Eric Mosbacher (Silone), Frances Frenaye (Carlo Levi), Charles Wright (La Verna di Campana) – le poesie di Daria Menicanti, Jolanda Insana, Mariella Bettarini e Lucia Notari sono tradotte da Cinzia Sartini Blum e Lara Trubowitz (curatrici di Contemporary Italian Women Poets, New York, 2001), mentre Barron stesso traduce, oltre alla maggior parte delle prose, gli altri nove poeti: Pascoli, D’Annunzio, Govoni, Ungaretti, Montale, Quasimodo, Guerra, Zanzotto, Pasolini. Impresa ‘eroica’, sostenuta però da un’idea della traduzione poetica per cui «non si deve sacrificare la pluralità di sensi al mero suono, la musica vien fuori seguendo il ruolo della parola, ma come dice Charles Olson, la poesia dev’essere in ogni momento una forma che libera alta energia». I lunghi soggiorni in Italia confermano poi a Barron che il tono complessivo dei nostri poeti moderni e contemporanei «non ha più nulla di arcadico, ma anzi mostra quanto ebbe a dire Ungaretti del paesaggio in Zanzotto, ‘l’idillico incanto di un paese sfigurato dalla tragedia’». A tale livello di inconfutabile verità, anche se è sempre problematico giudicare l’impatto sul lettore americano, le traduzioni di Barron paiono d’altra parte confermarci un più alto grado di ‘traducibilità’ (per dirla con Benjamin) proprio di quei testi che per primi avvertirono in modo lancinante la tragedia del paesaggio (interiore e pubblico) italiano, con la parola scavata dell’ ermetismo: The flowing Isonzo / polished me / like one of its stones, il fiume di Ungaretti continua a scintillare lapidario, come l’ Everyone stands alone on the heart of the earth / transfixed by a ray of sun: / and suddenly it’s evening di Quasimodo; e se per il petel di Zanzotto c’è già un ‘equivalente’ in Pound, persino l’intraducibile fonosimbolismo dannunziano, scandito da Barron, continua a evocare una sovrabbondanza perduta.
Nicola Licciardello
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