« indietro TED HUGHES, Collected Poems (ed. by P. Keegan), London, Faber and Faber 2003, £ 40.00. TED HUGHES, Cave Birds. Un dramma alchemico della caverna (a.c. di E. Livorni), Milano, Mondadori 2001, € 6,71. È da poco uscito tutto il canzoniere di Ted Hughes, quei Collected Poems che arrivano a ben 1333 pagine, e che raggruppa le raccolte principali di questo prolifico poeta: dall’esordiente The Hawk in the Rain (1957), che l’ha subito lanciato come una delle voci più stimolanti della sua generazione, al coronamento finale di Birthday Letters (1988), uscito nell’anno della sua morte. Tra le sue altre raccolte poetiche, oltre a Lupercal (1960), vanno senz’altro ricordate anche Wodwo (1967) e Moortown (1979). La critica, all’unanimità, ha però eletto Birthday Letters come il suo capolavoro assoluto; forse perché è qui che egli sembra finalmente riconciliarsi con Sylvia Plath (e con il suo ‘mito’; si veda, a questo proposito, la poesia Moonwalk, che è senz’altro tra le più belle dell’intera sequenza, dove la sua voce si unisce a quella della moglie defunta, in una specie di inquietante duetto).
Sopra, ho scritto che Hughes «sembra finalmente riconciliarsi con Sylvia Plath» perché, come ci dimostrano chiaramente i Collected Poems, egli, invero, non ha fatto altro, sin dagli anni ’60, in testi quali l’incompiuto Eat Crow (1964) e, soprattutto, in Cave Birds (1978) che è, a parer mio, un vero trionfo che nulla ha da invidiare alla compiuta bellezza della raccolta Birthday Letters, come tra non molto avrò modo di illustrare più dettagliatamente. Poco dopo il suicidio della Plath, avvenuto nel febbraio del 1963, Hughes passò più di un anno a lavorare attorno a un dramma in versi che doveva essere un adattamento radiofonico delle Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz (un trattato ermetico dalla forte simbologia alchemica, da Hughes stesso definito «un sogno tribale»), pubblicato in Germania nel 1616 dal rosa-crociano Johann Valentin Andreae. Qui viene descritto il mistico matrimonio tra i regali sponsa e sponsus che dovrà condurre ad una rigenerazione spirituale dell’uomo e alla sua perduta innocenza paradisiaca (in altre parole: alla renovatio della società straniata dalla Controriforma). Hughes, però, non riuscì a terminare questo progetto da lui intitolato, non a caso, Difficulties of a Bridegroom (ovvero: ‘Le difficoltà di uno sposo’) e di cui è rimasto soltanto un lungo frammento: il già rammentato Eat Crow. Qui, il protagonista intraprende una catabasi di tipo sciamanico che lo scaraventa in un terrificante aldilà dove si sente scalpitare il bestiame e si ode il lamento continuo di un coro femminile dal quale, infine, si stacca un’unica She (‘Ella’) che si offre di fargli da guida e di ricomporgli l’anima martoriata. Il testo che, per l’appunto, non fu mai completato, non contiene l’unione mistica tra gli ‘sposi’, né – ancor meno – una qualche nota di salvezza finale. Tutto ciò, invece, è presente nella raccolta Cave Birds (scritta nel 1975 e poi rielaborata nel 1978), il cui sottotitolo suona – non a caso – così: An Alchemical Cave Drama (‘Un dramma alchemico della caverna’). Qui, il protagonista, un uomo gravato da lancinanti sensi di colpa, subisce un processo da parte di una severa assemblea di uccelli, e dovrà difendersi, come nel testo classico chauceriano, da diverse accuse (soprattutto quella di aver offeso la natura femminile, fallendo in tutti i suoi rapporti con le donne: figlie, spose e madri). Nel Parliament of Fowls (1386) di Chaucer, tale processo ha luogo proprio nel giorno di San Valentino, e come non ricordare che la Plath si suicidò proprio a ridosso di questa data? La poesia Something was happening (‘Qualcosa stava accadendo’) tratta del dolore arrecato dalla scomparsa della donna amata e si conclude con l’immagine di colei che potrebbe redimerlo; mentre A Riddle (‘Un indovinello’) ci parla di come il doppio ‘mitico’ di quella defunta sia, per l’appunto, rinato per diventare la sua enigmatica sponsa; la soluzione dell’indovinello (‘Chi sono?’) , infatti, è colei che, al contempo, è sua figlia, sposa e madre. Nella splendida Bride and Groom Lie Hidden For Three Days (‘Sposa e sposo giacciono nascosti per tre giorni’), i due si dissolvono, disintegrandosi alchemicamente l’uno nell’altra, suscitando, così, la loro reciproca rinascita: «So, gasping with joy, with cries of wonderment / Like two gods of mud / Sprawling in the dirt, but with infinite care / They bring each other to perfection» (‘Così, ansando per la gioia, con grida di stupore / come due divinità di fango / sdraiandosi nello sporco, ma con cura infinita / portano l’un l’altra a perfezione’). Come osserva Keith Sagar, nel saggio compreso nell’edizione Mondadori: «la rinascita dell’eroe, quando arriva, deve essere davvero una questione di scoperta della giusta relazione con la donna: uomo e donna che vengono alla vita di nuovo reciprocamente». Cave Birds ebbe origine quando l’artista americano Leonard Baskin mostrò a Hughes un gruppo di nove disegni di uccelli e il poeta vi si ispirò scrivendovi sopra un breve ciclo di poesie. Baskin, a questo punto, ne rimase così deliziato che produsse altri dieci disegni di uccelli, che ispirarono altrettante poesie; infine, fu Hughes a completare il tutto con dodici altri componimenti, richiedendo a Baskin i rispettivi disegni (anche se poi ha eliminato, oppure aggiunto, dell’altro materiale). In ogni stadio della sua ‘iniziazione / purificazione’, infatti, il protagonista viene comparato ad un uccello diverso: prima è un galletto spocchioso, poi un corvo deforme e, infine, si tramuta in un falco dorato. Come suggerisce il sottotitolo (che lo lega ulteriormente a Difficulties of a Bridegroom), la raccolta è un «dramma», anzi un «dramma alchemico della caverna » che si riferisce, in gran parte, allo studio che Jung ha dedicato all’alchimia (Psicologia e alchimia, 1944), da quest’ultimo paragonata ad uno ‘psico-dramma’ che purifica, e trasforma, l’operatore stesso, in un processo di elevazione spirituale che lo porta alla propria ‘perfezione’ (o ‘divinizzazione’: il protagonista di Hughes, alla fine, è un ‘risorto’ che, tramutato nell’egizio dio-falco Horus, risplenderà di luce solare). Per cui, in ultima analisi, la caverna dell’alchimista altro non è se non il ‘teatro’ mentale dove si attua tale processo di ‘iniziazione / purificazione’, il cui ‘oro’ finale irradia una vitale, e rigenerante, energia psichica. La dottrina ermetico-alchimista, tuttavia, è soltanto una delle (almeno) sei fonti intertestuali che nutrono continuamente questo testo: 1) Platone: tanto il suo resoconto della morte di Socrate (da Hughes ritenuto responsabile per il ‘morbo’ corrosivo del Logos), nel Fedone, quanto il suo ‘mito della caverna’, nella Repubblica; 2) l’arte primitiva: soprattutto gli affreschi preistorici delle caverne, come quelli di Lescaux; 3) la mitologia egiziana: a partire dall’unione sacra tra Iside e Osiride, passando attraverso Il libro dei morti, dove le anime dei defunti vengono processate da avvoltoi; 4) la letteratura persiana sufi: ovvero, il poema allegorico Mantiq al-Tayr (‘La conferenza degli uccelli’) di Farid-al-Din Attar, dove i volatili devono attraversare Sette Valli, prima di poter giungere all’agognata Luce; 5) la letteratura inglese medievale: il già rammentato Parliament of Fowls di Chaucer, dove si dibatte circa la natura ‘vera’ dell’amore; e 6) la letteratura alchemica: tra cui i già ricordati testi di Andreae e di Jung, nonché gli studi di Mircea Eliade dedicati a tale argomento. Non mancano, infine, riferimenti all’Amleto shakesperiano, all’Ulisse di Joyce, come anche alla Terra desolata di T.S. Eliot (ma ci sono, anche, echi di Whitman, Hopkins, Yeats, Lawrence e Dylan Thomas). Per cui, sia la simbologia degli uccelli (corvi e avvoltoi fanno parte integrante anche del linguaggio alchemico), che gli allucinati paesaggi psichici dove ha luogo il viaggio sciamanico del protagonista, corrispondono ad un processo di guarigione dai cui meandri ‘sotterranei’ il falco dorato infine potrà spiccare il suo volo liberatorio verso il sole. La già rammentata poesia Sposo e sposa giacciono nascosti per tre giorni, che è una lucente poesia d’amore (e che, insieme a Il Cavaliere, a Prima, le dubbiose mappe di pelle e a La civetta fiore, si può considerare tra le più riuscite della raccolta), si può leggere, ed apprezzare, anche estrapolandola dal contesto: qui, l’amore non solo genera vita ma la ricrea, in un linguaggio altamente mistico ed erotico che caratterizza pure quell’ altro testo dedicato all’Amore Divino che è il Cantico dei Cantici. E così, la ferita psichica si rimargina grazie alla miracolosa ‘unione degli opposti’, o mysterium coniunctionis, promossa dai saggi alchimisti. Cave Birds finisce, tuttavia, con un enigmatico Finale: «At the end of the ritual / up comes a goblin» (‘alla fine del rituale / spunta uno spiritello’); alcuni critici hanno trovato questa immagine assurda ed incoerente. Ma non è il goblin quel homunculus che sgorga dal dorato uovo alchemico? Non leggiamo, in La civetta fiore che «l’uovo-pietra / spunta tra petali covanti»? Non è, allora, il frutto stesso dell’unione o, se vogliamo, del ‘dramma’, che Hughes ci ha appena rappresentato? E cos’ è, dunque, se non poesia pura? L’edizione italiana (a cura di Ernesto Livorni) è molto accurata e, oltre al testo correlato dall’originale inglese, contiene pure un breve saggio introduttivo ad opera del curatore; e poi: una nota biobibliografica, nonché un saggio coevo di Hughes stesso (Mito ed educazione, 1977) ed un’analisi puntuale di Cave Birds da parte di Keith Sagar, una delle massime autorità in questo campo. Peccato, però, che manchino le immagini di Baskin che accompagnano i singoli componimenti, perché queste ci avrebbero segnalato, immediatamente, il tipo di uccello che vi predomina, aiutandoci, così, anche a comprendere meglio il percorso ‘simbolico’ tracciato da Hughes in questa sua memorabile raccolta. ¬ top of page |
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