« indietro GIOVANNA SICARI, Epoca immobile, Milano, Jaca Book 2004, pp. 120, € 12,00. Nella poesia di Giovanna Sicari l’amore è duro, la tenerezza non arrendevole, il grido potente nella disperazione. Pubblicato poco prima della scomparsa della poetessa, Epoca immobile riesce in quanto i versi mettono a nudo un cuore. L’estremismo insito in quella prima intenzione di Baudelaire è realizzato attraverso una musica che è urto e carezza. Innervata dalla violenza e dalla benedizione, la poesia della Sicari si sovrappone alla malattia, all’amore e alla morte. «Trova il nuovo grande come bara / l’amore folle che guarisce, affonda in una morte / che non ricorda». La voce è inconciliata quando raggiunge una pace temporanea, è inquieta quando sogna un futuro immobile perché troppo ben conosciuto. «Solo una scia d’amore vorrei cantare / quando non sono né donna / né carne, né volo, né acqua / quando non sono quella // e il nulla pietrifica in una condizione / d’inferno: sconforto di tutti i giorni / dove tutto e niente sono / la cosa cieca della cosa viva». Nulla pietrificato, sfinge infernale che annienta l’identità ma che non per questo cessa d’essere vita. Essere la cosa cieca della cosa viva significa forse aver perso tutto tranne il qui e ora che chiede di «potersi arrendere, [...] gentili / nel vertice di quelle cose che si fanno senso, fortuna, salute». L’estrema tensione a volte si rifugia in una tenerezza che somiglia al coraggio: «Amore del rifugio e dell’acqua / soltanto sei un’anima, un uccello / una pianta, un filo di morte, / una vita». Coraggio di restare nudi anche di fronte alla propria morte, non maledicendo cioè la vita: la maledizione sarebbe un travestimento per ingannarsi, per convincersi della vanità dell’esistenza. Ma qui Giovanna Sicari non arretra, «perché mi offrirò intera senza tagli / perché il cielo c’è e mantiene». Ricorda Alioscia Karamazov: «Ora il fratello Alioscia dice – non pentitevi / mai del bene che fate [...] Fratello Alioscia è per te l’ultima chance / buonasorte da non mancare». La chance riposa nella dolcezza di uno sguardo che non è né quello della logica euclidea di Ivan Karamazov, né quello della passione assassina di Dmitrij, ma che li conprende, rendendoli preghiera. La chance, l’ultima, non ritratta il bene fatto, non consegna la vita alla punizione sterminatrice della morte. Non si ritratta il bene fatto, anche se è debole o forse proprio perché lo è. La logica della morte, il suo ghiaccio necessario e la passione che esige vita diventano nella Sicari decreto: che «venga la gioia con fulmini e alluvioni. – / Questo è tutto».
Lorenzo Chiuchiù ¬ top of page |
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