« indietro MÁRGARA RUSSOTTO, El diario íntimo de Sor Juana (Poemas apócrifos), Colección Torremozas, Madrid, 2002, pp. 64.
Nata a Palermo nel 1946, dove è vissuta fino all’età di dodici anni, Márgara Russotto ha mantenuto vivi i ricordi dell’infanzia, le tradizioni, la lingua italiana, che parla correntemente, e il dialetto siciliano. Tuttavia, arrivata con la famiglia in Venezuela in età scolastica, lo spagnolo è divenuta la sua prima lingua, e in assoluto quella scelta per la scrittura. Ha all’attivo sei raccolte poetiche e numero si libri di saggistica e di critica letteraria. Nel 1995 ha vinto l’importante premio di poesia della Biennale Ramos Sucre di Cumaná (Venezuela). Attualmente è visiting professor all’Università di Massachussetts. Forse l’aspetto più caratteristico e accattivante della sua poesia è la costante ricerca di una soglia, non necessariamente la stessa, fra due mondi, due lingue, due identità culturali, due generi (il problema dell’identità femminile è una costante nella sua opera, anche in quella di ricerca e nella saggistica), due tempi storici. Mentre in libri come Restos del viaje (1979) o Brasa (1980) predominava la marginalità dell’emigrante e la ricerca di un punto di armonia fra le due società in contrasto, in quest’ultima raccolta la soglia dove la poesia cerca di creare un ponte è fra il Seicento e il Novecento. Con perfetta conoscenza del linguaggio poetico della famosa suora messicana citata nel titolo, Márgara Russotto scrive queste «poesie apocrife» attraverso le quali il lettore rivive le angosce tipiche del mondo chiuso del convento del passato e riconosce meravigliato quante problematiche rimangano attuali. Alcuni di questi testi apocrifi sono vere parafrasi di poesie di Sor Juana, con appena un vocabolo sostituito (ad esempio mondo con corpo) e il relativo concetto che scatena la riflessione tormentata: «En perseguirme, Mundo, ¿qué interesas? / ¿En qué te ofendo, cuando sólo intento / poner bellezas en mi entendimiento / y no mi entendimiento en las bellezas?» (prima quartina del sonetto che nella bella traduzione di Roberto Paoli faceva: «Perseguitarmi, Mondo, a che ti giova? / In che ti offendo io che solo tento / di mettere bellezze nel mio ingegno / e il mio ingegno non già nelle bellezze? »). Dice la Russotto: «En perseguirme, cuerpo, qué interesas? / ¿En qué te ofendo, cuando sólo intento / poner murallas en mis escozores / y no mis escozores en las murallas?» («Perseguitarmi, corpo, a che ti giova? / In che ti offendo quando tento solo / di mettere barriere ai miei pruriti / e non i miei pruriti alle barriere? »). Il dramma di Suor Juana era la sua sete di conoscenza, contrastata dalle autorità ecclesiastiche che vedevano in essa un’insidia del Demonio. Il dramma della donna oggi è il rapporto fra il proprio corpo e le aspirazioni al di là delle ormai facili mete del piacere. Ne viene fuori una poetica del corpo che continua, rinnovandola, una delle tematiche più ricorrenti della poesia contemporanea.
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