« indietro Tradurre Céline, Atti del Convegno. Università di Cassino, 10-11 marzo 1997, a cura di GIANFRANCO RUBINO. Coll. «Dimore», Cassino, 2001, pp. 176, euro 10,33.
Per il suo ruolo emblematico nell’invenzione linguistica novecentesca, Louis- Ferdinad Céline costituisce senz’altro un punto di osservazione privilegiato per le indagini formali e traduttologiche che si concentrino soprattutto su una ‘poetica’; ovvero, su una visione ‘complessa’, eminentemente spaziale del testo come nesso problematico di costituzione del senso. Così Céline, pur annoverato tra i portavoce del romanzo novecentesco, pone questioni analoghe a quelle che animano il dibattito sulla traduttologia poetica riproponendo incessantemente, per dirlo con Valéry, quella «hésitation entre le son et le sens» che costituisce il nodo centrale di ogni ermeneutica. Ove insomma, secondo il dettato moderno trasmessoci dai romantici, la traduzione è l’operazione privilegiata di ‘osservazione’ del testo, la scrittura céliniana, in quanto forma disciolta e sequenziale (quella che chiameremmo «discorso indiretto libero») di uno stesso nodo problematico del senso che la poesia offre in chiave sintetica (mediante la sovrapposizione dei suoi vari ‘percorsi’; di qui i felici riferimenti a Mallarmé e Rimbaud di J. Risset), ricalca gli stessi presupposti formali della «fonction poétique » del linguaggio: le funzioni logiche sono eluse e la sintassi – minimale ma allusa mediante strategie prosodiche e soprasegmentali – ricalca in modo emblematico la ‘poeticità’ implicita del linguaggio orale che richiede al lettore una ‘ricostruzione’ ad sensum. A ciò deve aggiungersi la peculiarità connotativa dello «style émotif» in prosa atto a ricreare, con Céline, «la petite musique» implicita nella grana della voce (e messa qui in evidenza da E. Ferrero). Il fenomeno ‘poetico’ è riscontrabile, oltre che nella pratica neologistica, nella varietà dei registri che connota l’opera del romanziere – al di là del suo valore strettamente letterario – come un vivacissimo spaccato della realtà sociolettale della Francia del primo Novecento. Di qui il grande interesse teorico di questa raccolta di saggi curata da G. Rubino e promossa dal Laboratorio di comparatistica dell’Università di Cassino, che riunisce interventi francesi e italiani con ampia varietà di prospettive: alcune di carattere strettamente linguistico, fonosimbolico e fonosintattico (il caso del «que» pleonastico trattato da M. Hédiard), altre rivolte alle implicazioni semantiche di certe strategie stilistiche (la pratica dell’argot, studiata da J. Cellard e A. Jeronimidis), altre ancora incentrate su questioni più strettamente traduttologiche (F. Buffoni, L. Gabellone, A. Oliver), stilematiche (E. Nasuelli, H. Godard) o metatraduttive (V. Magrelli), cui si aggiungono studi a carattere storico-letterario (P. Carile) e comparatistico, sulla ricezione di Céline in Germania (P.C. Bontempelli) e in Italia (F. La Porta).
M. Landi
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