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BARBARA PUMHÖSEL, Gedankenflussabwärts, Horn, Edition Turnhof, 2009, pp. 40, € 24,-.

 

 

Il fiume è luogo geografico, spaziale, e al tempo stesso, con il suo perpetuo fluire, simbolo per eccellenza della dimensione temporale. Ma è anche luogo storico-culturale, confine politico, o – al contrario – elemento di unione, di traffico commerciale e trasporto di persone. Infine, il fiume può essere semplicemente spazio di vissuto e memoria personale, oppure, ancora, natura che identifica e rispecchia. Questo complesso di motivi, che ha segnato in proporzioni diverse tanta parte della storia della poesia, costi- tuisce il nucleo del volume di liriche di Barbara Pumhösel gedankenflussabwärts, sorta di crasi linguistico-concettuale delle parole tedesche Gedankenfluss, «flusso di pensieri», e flussabwärts, «seguendo la corrente, secondo la corrente». Il sottotitolo esplicito della raffinata plaquette, corredata da litografie originali di Walpurga Ortag-Glanzer, recita «Erlaufgedichte», ovvero «poesie della Erlauf», affluente del Danubio che scorre nelle regioni della Bassa Austria e della Stiria. Il volumetto, pubblicato dalle edizioni Thurnhof, è in effetti interamente dedicato al fiume Erlauf, sia nell’aspetto grafico, sia ovviamente per le poesie, che ruotano tutte attorno a questo tema: si tratta di un avvicinamento a un luogo geografico, culturale e personale con cui evidentemente è in rapporto l’io lirico, ovvero l’autrice, che è appunto nata sulle rive dell’Erlauf, a Neustift presso Scheibbs.
Dall’iniziale
Ursprung («Origine») all’ultima poesia del volume, Mündung («Foce»), tutte le liriche tematizzano in modo più o meno evidente o diretto la Erlauf, ma con stili, forme, modalità diverse: da approcci personali a richiami storici, da forme narrative a frammenti lirici, da giochi linguistici all’istantanea di un simil-haiku: «es kommt vor, dass / sich die Schatten / zweier Fichten auf / seinen Grund / berühren» (talvolta accade che / le ombre di due / abeti / si tocchino / sul fondo). E non sono esclusi nemmeno interventi più ludici, come un acrostico («Rückkehr») o il gioco con la disposizione strofica nella poesia «Sackgasse» con un rientro a destra di alcuni versi a mimare formalmente uno spazio chiuso, il «vicolo cieco» del titolo. Troviamo inoltre liriche dedicate a personaggi o eventi storici che sono in relazione con la Erlauf, come il musicista Johann Heinrich Schmelzer, nato a Scheibbs, o l’esecuzione, nella regione attraversata dal fiume, di un centinaio di ebrei ungheresi da parte dei nazisti il 15 aprile 1945. E, infine, ci sono momenti più personali, in cui emergono legami, affetti dell’io lirico, alcuni esplicitati, altri afferrabili solo intuitivamente dal lettore.
Nella raffigurazione poetica di uno spazio geografico che è anche storico, politico e personale, il volume si collega in modo implicito – probabilmente grazie anche a consonanze geografico-culturali – a una tendenza poetica contemporanea in lingua tedesca che non a caso si è sviluppata in particolar modo in Austria e Svizzera, e che conta, tra i rappresentanti più noti, poeti come Peter Waterhouse o Michael Donhauser. Tuttavia, nei poeti citati (per non dire di altri) la bilancia poetica è sensibilmente spostata verso l’elemento linguistico: la natura, gli spazi storicogeografici, pur in presenza di riferimenti concreti, sono soprattutto quelli che la lingua stessa crea; Barbara Pumhösel agisce invece in modo inverso (si potrebbe anche dire: in modo più tradizionale, ma non è così): alle liriche spetta qui il compito di cogliere e riprodurre uno spazio fisico, sociale e umano definito, filtrato tuttavia dalla percezione personale dell’autrice e affrontato da varie e diverse angolature. Le differenti modalità liriche di cui Pumhösel si serve sembrano in tal senso rappresentare il tentativo di moltiplicare i punti di vista, le prospettive, gli sguardi da cuiquesto spazio viene colto. Nell’economia del volume tale approccio plurale è assolutamente coerente, e l’eterogeneità della lingua poetica diventa fattore positivo, anche perché mette in luce il virtuosismo tecnico di Barbara Pumhösel, la sensibil tà musicale, il gusto per complessi nuclei fonici, la ricchezza di immagini che può essere data a volte da scarti metonimici, altre volte da una pura narratività, o dalle viste inedite spalancate da enjambement o rotture sintattiche; ad esempio in «Erlauf»: «manchmal sinkt ein Blick / bis auf den Grund und wird / ein Fisch und lernt / sie kennen, Bild um Bild, berührt / im Wasser Nebel Herbst / und Eis und Winter, sie // teilt mit / ihm ihr Rinnen und die Erin- nerung» («talvolta uno sguardo scende / fino al fondo, diventa / un pesce e fa la sua / conoscenza, immagine dopo immagine, tocca / nell’acqua nebbia autunno / e ghiaccio e inverno, lei // condivide con / lui il corso e il / ricordo» - laddove il ‘lei’ è il fiume Erlauf, che è femminile). Oppure nella bella chiusa della poesia finale del volume,
Mündung, «foce, sbocco», che condensa in un’immagine sincretica le diverse, opposte valenze del fiume stesso nel momento in cui sfocia (e in cui l’etimo del verbo münden da Mund, «bocca», può evocare connessioni con l’oralità del narrare o del poetare): «hier hat der Fluss ein Ende hier / übergibt er Geschichte und Geschichten /an den Strom die Erlauf mündet / in die Donau sie mündet / mündet unermüdlich mit stetig / frischem Wasser mit immer neuen / Wellen sie endet ewig / weiter» («qui il fiume ha fine qui / affida storia e storie / alla corrente sbocca la Erlauf / nel Danubio / sbocca incessantemente con sempre / nuova acqua con sempre nuove / onde e termina, continua a terminare / in eterno).

(Paolo Scotini)


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