Questo primo libro di Susanna Barsella è anche il primo contributo che sviluppa organicamente un’interpretazione generale, in chiave culturale e metapoetica, dell’angelologia dantesca. Pur trattando entrambe le facce del problema, In the light of angels è molto più di un libro sul tema della creazione degli angeli (e sulla sezione di testo che si occupa del problema, cioè Paradiso XXIX) ed è molto più di uno studio delle fonti teologiche che vengono utilizzate nella Commedia (e dell’equilibrio che vi viene raggiunto tra componenti culturali in conflitto). Fuse organicamente tra loro nel libro si trovano sia una lucida disamina delle discussioni filosofiche contemporanee a Dante su natura, ruolo e organizzazione delle intelligenze angeliche, sia un’esaustiva considerazione delle varie presenze, funzioni e modalità di presentazione degli angeli nel corpus delle opere dantesche.
Il filo conduttore dei quattro capitoli è da ricercarsi forse proprio nell’accento che il volume pone sulla continua co-determinazione di fattori teologici e poetici nelle scelte che Dante opera in materia di angelologia tra Vita nuova, Convivio e Commedia. In modi diversi a diverse altezze della sua biografia intellettuale, ma con ininterrotta attenzione, Dante si accosta alle questioni di angelologia condottovi dalla logica dei propri testi poetici; ed è proprio per rispondere all’esigenza di trovare elementi di mediazione tra umano e divino, un’esigenza dettata dalla sua scelta di una poetica teologica, che l’angelologia diviene un tema cruciale per Dante. Forse per la sua essenziale isomorfia a quella del linguaggio, la mediazione angelica tra divino e umano diviene il nucleo dell’angelologia di Dante, un ‘sistema’ nel quale gli angeli, per la loro natura e per le loro funzioni, sono il punto di articolazione tra la dimensione metafisica e quella fisica della realtà. Quello di mediazione è un ruolo che gli angeli ricoprono sia a livello cosmologico, con il moto che imprimono alle sfere celesti (divenendo perciò, tecnicamente, cronocrati, sostanze create per regolare il moto e la sua misura nella creazione), sia a livello etico-gnoseologico, per la grazia e l’illuminazione che trasmettono agli intelletti umani (facendosi, così, psicagoghi, vale a dire guide nel ritorno anagogico delle anime a Dio).
Dalla lettura del testo, redatto in un inglese allo stesso tempo fluido e non idiomaticamente ostile, si ottengono alcune importanti acquisizioni interpretative. Dal blocco dei primi due capitoli, ad esempio, emergono con chiarezza le ragioni e lemodalità per la soluzione – idiosincraticamente sincretista – che Dante ha dato al problema della doppia funzione, contemplativa e attiva, che diverse e potenzialmente conflittuali tradizioni teologiche avevano attribuito agli angeli. Nel sistema cosmologico e morale della Commedia, questi sono sia creature contemplanti, la cui funzione essenziale consiste nella conoscenza intellettuale, in diversi gradi e sotto diversi aspetti, della Verità, sia agenti nel tempo, intermediari cosmologici della luce e della grazia divina verso il genere umano. Ugualmente dettagliata è la ricostruzione delle motivazioni culturali del cambiamento di prospettiva registrato tra Convivio II e Paradiso XXIX, con l’abbandono dell’ordinamento gregoriano delle intelligenze angeliche in favore di quello offerto dai testi pseudo-dionisiani. Il ripensamento dantesco appare allo stesso tempo più significativo e meno isolato, quando lo si inserisce, come viene proposto nel secondo capitolo, nella cornice dei dibattiti che segnavano la cultura teologica del suo tempo, di quell’intenso lavoro intellettuale che si sforzava, cioè, di far quadrare le concezioni tradizionali neo-platoniche e bibliche del rapporto tra la sfera umana e quella divina con il nuovo approccio razionalistico alla metafisica imposto dall’irrompere del nuovo Aristotele sulla scena della filosofia scolastica.
I successivi due capitoli registrano uno scarto in direzione di una lettura misurata più direttamente sul testo del poema. Nel primo, lo studio della funzione propulsiva affidata agli angeli nell’ascesa di Dante attraverso i vari cieli produce un’analisi illuminante dei primidue canti del Paradiso, che divengono una zona del poema recuperata alle questioni dell’angelologia. Allo stesso modo, l’attento studio della struttura narrativa del Purgatorio porta a scoprire le interconnessioni sostanziali tra i sette doni dello Spirito Santo, le Beatitudini del Vangelo e le presenze angeliche che se ne fanno portavoce di cornice in cornice.
Completano questa rassegna d’insieme degli angeli in Dante una lettura metapoetica del messo di Inferno IX, un angelo ‘mercuriale’ visto come il reale oggetto dell’impasse ermeneutico su cui l’appello al lettore attira l’attenzione critica, e quindi un suggestivo (e nuovo) tentativo di tracciare le linee portanti dell’evoluzione dell’identità ‘angelica’ di Beatrice nel passaggio dalla Vita Nuova – un testo in cui l’associazione di Beatrice con la natura angelica è basata sulle qualità intrinseche di lei – alla Commedia, dove sono piuttosto le azioni che compie in favore di Dante ad avvicinarne la funzione a quella degli angeli. L’analogia funzionale che lega Beatrice all’angelo, che illumina in interiore Dante e ne guida l’ascesa intellettuale ed etica, rende la sua funzione suggestivamente parallela a quella che il poema stesso si propone di svolgere con i lettori, insistendo (principalmente, ma non solo, nella prosa di autocommento affidata all’Epistola a Cangrande) sul proprio fine etico e definendosi un prodotto linguistico in cui la speculazione stessa è sempre e comunque coordinata – se non addirittura subordinata – all’azione.