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Semicerchio XXXIX (2008/02) Waste Lands. Eliot & Dante. pp. 62-65
Il mio nuovo libro di poesia si intitola ROMA. Lombardo quale sono, dopo dieci anni di permanenza nella capitale, ho sentito la necessità di mettere ordine in un materiale poetico che ormai andava ispessendosi. Come il lavoro procedeva, mi resi conto che ne fuorusciva il ritratto di una città mitica e attualissima, dove alcuni personaggi approdati nella Roma di ieri – da Pasolini a Galilei al Pinturicchio, da Leopardi a Sandro Penna a Keats – interagivano anche con le contraddizioni dell’oggi. Ho strutturato pertanto il libro in sezioni, contraddistinte da diverse intonazioni, non prive di interferenze. Nella stesura iniziale, per esempio, alla prima sezione ‘pasoliniana’, facevano seguito due sezioni, mirate a verificare la tenuta di quelle tematiche dopo quarant’anni: una sezione sportiva e una gay-oriented. Testo dopo testo compresi però che mi diventava sempre più difficile tenerle distinte. Fondendole in un’unica sezione, dove omofobia e croci celtiche, campioni sportivi arroganti e giovani disperati giocano ruoli adiacenti, ho mirato a conferire al macrotesto un ulteriore grado di significazione. Nella terza sezione il Pantheon – visto tradizionalmente dall’alto come l’occhio del tifone, ideale fulcro di un movimento caotico che nella quarta sezione si amplia ai quartieri ‘piemontesi’ tra moderno degrado e parlata di popolo – rivela anche una umilissima finestrella dalle griglie semisocchiuse, con pudore sulla facciata. Ma il Pantheon è anche una stazione della metro cosmica: next stop il Mausoleo di Augusto. Con la quinta e la sesta sezione lo sguardo si stratifica e si archeologizza, sincronico e diacronico insieme, per cogliere l’attualità in Galileo e in un Pinturicchio gay, e – vòlto alla campagna romana – in Leopardi suddito pontificio e in Keats, che ha già composto l’Ode a un usignolo e – attraversando la palude pontina nel viaggio verso Roma (con le ginestre che «cingon la cittade») – trasecola alla vista di un cardinale che spara agli uccelli, lasciandone traccia nell’epistolario. Come se i quadri che descrivo sfumassero nella realtà, e la realtà nei quadri, le chiese della settima sezione preludono ai palazzi dell’ottava nel comune denominatore degli architetti e dei pittori che vi lavorarono. In particolare un lombardo disperato col quale parlo in dialetto di modelli in via delMoro a Trastevere. La nona sezione riporta il libro all’arte contemporanea, per assestarsi – nella decima – sul Novecento di un poeta purissimo, mercante di quadri e ladro di sguardi. Nel segno di Caravaggio e Sandro Penna, cerco nell’ultima sezione di mentire il meno possibile su me stesso. La scelta di testi qui proposti in sequenza segue l’andamento delle undici sezioni.
F. B.
ROMA
È la moda dei fanciulli a dorso nudo Nella pubblicità di detersivi E coca cola light. Viene da basket boxing made in Usa La ferrea rigidità di quelle cosce Coperte, studiate perché l’occhio batta Sopra l’ombelico sulle spalle. Ma l’uscita in campo Di vecchie pallavolo, quell’incanto Del football ad arriccio sospensorio. Quand’era solo piccolo cotone Tela lavata in casa. Credo che il calcio sia degenerato In pari misura all’osceno allungamento Dei calzoncini degli atleti. Quei pochi centimetri di stoffa – prima – Rendevano più umano lo spettacolo Più dolce Più italiano. * Da dove la balaustrata prende il mare Sfiorando con disperata vanità D’Ostia gli scavi, I resti oggi si scorgono di quello Che potrebbe definirsi un edificio Abitativo urbano di vaste dimensioni, Una cafonata imperiale con disegni Geometrici a mosaico in marmo policromo, Opus alexandrinum a confrontarsi Con l’opus novum di un odierno Evasore totale. * Sembra persino educata La gente in centro al mattino Che si è appena alzata Coi silenzi dei rumori E i pudori del cielo che si muove. Qui in via dei Portoghesi te ne accorgi dai passi, Che alle sette sui sampietrini Risuonano come silofoni Scossi da lievi mazzuoli. E una volta scendendola ho scoperto Che era via Rasella La mia scorciatoia mattutina al Quirinale, Poi vi ho cercato lapidi segnali. Nulla, Fuor che nero fumo vecchie insegne Imposte del tempo dell’agguato, Qualche ciottolo scheggiato. * Ma il tuo eroismo muore Se consegnato al silenzio O ancora respirerà Solo perché c’è stato? Pessoa significa persona in portoghese, Dunque: maschera. Due giorni prima di morire Si dice «Sono stanco, sono molto stanco» (Agostino Lombardo) Oppure «Sono stanco delle telefonate» (Enzo Siciliano). Nessuno crede veramente alla propria morte, Se ne fa minaccia per intimorire gli astanti, Gli amici che aspettano, che non vogliono udire, Ma non ci si crede. * C’è ancora puzza di pipì dei gatti Nell’angolo dove stava la gattara, Viene su dalle fondamenta Di sotto al palazzo nuovo Ufficio in sede distaccata, succursale Della ditta. Volti di Carletto e Umberto Saba Alle scrivanie. Grandi foto e ritratti di baffi e favoriti Mani infilate nei panciotti Tube redingote alle loro spalle. Con l’ultimo operaio – il più anziano o il più provato Lasciato a far da portinaio Al palazzo appena completato, Consustanziato ai muri alla caldaia. * Com’era il mondo dove sbarcò Enea Al di sotto del piano di campagna? Rimosso lo strato di cenere compatta Appaiono ambienti d’epoca ellenistica Già nel 79 dopo Cristo abbandonati Per precedenti terremoti e inondazioni… Erano tante Rome disperse nei villaggi, Varrone già lo scrive col tono del racconto: Mons Capitolinus era chiamato un tempo Il colle di Saturno, e cita Ennio Come in una favola, sul colle Saturnia era detta la città… E presso Porta Mugonia al Palatino Dalla casa dei Tarquini Nel passaggio sotterraneo che conduce Al santuario di Vesta Scava ancora l’équipe per dimostrare Come vuole il professore Il legame tra i poteri:Solo al re un diretto accesso era permesso Al sacro fuoco. Roma, Roma che ci scherzi ancora. * «Sodomito», vergò un giovane collega Sotto una volta della Domus Aurea Accanto al nome Pinturicchio Autografo, come la sua invidia. Vi si calavano i giovani pittori E poi strisciavano fino a quei colori E rilievi con stucchi. Lavoravano Per ore con poca luce e pane Tra serpi civette barbagianni E poi vergavano la firma. Erano accesi i loro sguardi vigili E sguaiati. Erano maschi. «Pinturicchio», definì Del Piero l’Avvocato Nel momento del massimo fulgore. * Dagli angoli remoti dell’Impero, facce Da prigionieri di guerra, da bassorilievo, Di domenica in gita per i Fori Distesi senza rabbia, Centrati sopra un marmo Innocuo: non li voglio Cogliere e rincorrere Per fargli aver ragione E cedere alla loro Nave di soluzione. Come in un film di Ozpetek mi rifugio Nell’archeologia industriale Tra la Piramide Cestia e S. Paolo. Così c’è solo un marmo Liscio mentre la pioggia Scivola tra le vene, Diviene verità Di vino al tempo saldo Di navicellai e barrocciai. Al cospetto del mostro di ferro Che avrebbe collegato Roma ad Ostia. * La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto. Di Leopardi che ritorna col pensiero a Roma Dalle pendici del Vesuvio: «Anco ti vidi / de’ tuoi steli abbellir l’erme contrade / che cingon la cittade». Desolazione per desolazione, Naturale per intellettuale, deserto per deserto… Di Leopardi suddito dello stato pontificio Liberale clandestino in ideologico isolamento – Il ridicolo e il grottesco delle Operette Per eccellenza armi illuministiche Contro antropocentriche metafisiche – In quell’angusto regno del silenzio Dalle mostruose tipologie censorie Che fu il governo della Reverenda Camera Apostolica. Roma desertica. * Lontane su un mare piatto Abbandonate navi in disarmo Della marina vaticana. E a dominare i prodigi Che in quelle acque di palude Operava la natura, In un palazzo con loggia decorata Da sette leoni passanti, Accanto all’emblema accollato Da palme fruttate di rosso, Due papi in abito da giullare Nel dipinto staccato Che attendono il giudizio Senza nemmeno una striscia Di cielo che li aspetti. Sono nere rotonde Ben pressate le ombre della cornice Alla parete: coppie di sante sulle trabeazioni Bernini da par suo inseriva Realizzando cantorie. E quando guardo questa statua, il suo Marmo debordante, Vedo in ginocchio il vecchio Galilei Dinanzi ai cardinali tronfi e bolsi. E la sera dei santi Abbondio e Procolo Il quattordici di aprile Per osservare il cielo dalle Mura Galileo salì col telescopio sul Gianicolo. Proprio da sopra il Bosco Parrasio – Vasca in marmo a quadrifoglio, con al centro Due tritoni in travertino Distesi sul fianco a sorreggere Fiori e frutta, dal canestro Fuoriesce uno zampillo – Scoprì i satelliti di Giove dimostrando Del sistema solare la struttura. L’albero di Giuda cresce ancora lì attorno Tra sempreverdi alloro e fillirea, e in aprile
Presenta un’intensa fioritura color porpora Intonata alle vesti di Agesandro Tesporide, al secolo Monsignor Ciccolini, Arcade e custode del Bosco. * E le sue radici i suoi fonemi, Come vorrei sentirlo ancora pronunciare A Roma Fioeu e cü, per esempio, a mezza bocca Facendogli eco all’improvviso in via del Moro Tra i festoni di frutta e i fiori Prodotti in serie dalla bottega Con le sirene i satiri i putti Dipinti specularmente Sulle lastre della cornice Degli spioventi del tetto. E gli operai che ci guardano pensare Insieme Da una pausa dell’impalcatura: Chissà che odore buono aveva il Salaino Quando Leonardo lo scacciava Come ladro e bugiardo E poi lo richiamava E quello Beffardo ritornava. * Quantunque sapesse disegnare Come si muove uno scorpione Nel gabbiotto degli attrezzi, Resta un minore questo bravo Maestro secentesco: i suoi cesti Sono di maniera e le frutta Acerbe coi colori interi. Sapessi io dire di un pittore come riesca A mostrare del colore dei fiori La putredine, il cancro che gli sboccia tra le foglie, Lo schiudersi improvviso dei riverberi del verme. Come non dipenda affatto la magia Dalla cromatica versatilità Ma dall’odore: la piega sghemba di una veste Che lo fa passare.
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Iniziative |
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22 novembre 2024 Recensibili per marzo 2025
19 settembre 2024 Il saluto del Direttore Francesco Stella
19 settembre 2024 Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi
16 settembre 2024 Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni
21 aprile 2024 Addio ad Anna Maria Volpini
9 dicembre 2023 Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"
15 ottobre 2023 Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi
30 settembre 2023 Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio
11 settembre 2023 Recensibili 2023
11 settembre 2023 Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto
26 giugno 2023 Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato
21 giugno 2023 Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova
6 maggio 2023 Blog sulla traduzione
9 gennaio 2023 Addio a Charles Simic
9 dicembre 2022 Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma
15 ottobre 2022 Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi
13 maggio 2022 Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio
26 ottobre 2021 Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"
16 ottobre 2021 Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre
11 ottobre 2021 La Divina Commedia nelle lingue orientali
8 ottobre 2021 Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français
21 settembre 2021 HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"
11 giugno 2021 Laboratorio Poesia in prosa
4 giugno 2021 Antologie europee di poesia giovane
28 maggio 2021 Le riviste in tempo di pandemia
28 maggio 2021 De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca
21 maggio 2021 Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini
11 maggio 2021 Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube
7 maggio 2021 Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana
23 aprile 2021 La poesia di Franco Buffoni in spagnolo
22 marzo 2021 Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021
19 giugno 2020 Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio
1 giugno 2020 Call for papers: Semicerchio 63 "Gli ospiti del caso"
30 aprile 2020 Laboratori digitali della Scuola Semicerchio
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