« indietro FRANCESCO BARGELLINI, Platone!, prefazione di Alessandro Fo, Torino, Nino Aragno Editore, 2016, pp. XXXIII + 168, € 15,00. Nel VI sec. d.C. il filosofo alessandrino David nel suo Commento all’Isagoge di Porfirio distingue quattro tipi di falsi (una categoria che aduggiava la produzione antica in misura più rilevante di quanto di solito si creda): i falsi per omonimia (attribuzione accidentale a un altro autore con lo stesso nome), i falsi per amore di gloria (che porta ad attribuire il proprio scritto a un autore celebre), i falsi per avidità (cioè per vendere un prodotto apocrifo: la tipologia che noi moderni conosciamo meglio) e infine i falsi per amore del proprio maestro, in omaggio al quale gli allievi con devozione gli attribuiscono le proprie opere. Credo che non dispiacerà troppo al platonico Francesco Bargellini se definisco preliminarmente il suo ultimo libro secondo una categoria antica – l’ultima, evidentemente. Poeta di sicuro ingegno ed eleganza, ma anche antichista e fine traduttore di poemi tardoantichi spruzzati di neoplatonismo, Francesco Bargellini ha avuto un’idea folgorante, che porge al lettore con risultati sorprendenti a ogni pagina: tradurre in versi liberi l’amato Platone, prendendosi la piena libertà e la responsabilità di far emergere dal tessuto della sublime prosa la poesia nascosta fra le pieghe, badando meno (o per nulla) «al continuum del ragionamento» e liberando invece «intero il potenziale della parola» (p. 10). Ecco dunque che Fedone, Fedro, Simposio, Repubblica, Teeteto, Gorgia, e infine Apologia sono pregati da Bargellini di parlare una lingua diversa, nuova e inaudita, ma che altro non è se non l’emergere del nascosto nella prosa del maestro. Con devozione Bargellini si assume il compito di portare alla luce la parte nascosta della grande prosa platonica. Il risultato è vertiginoso (quelle vertigini che indicavano lo stato dell’anima rapita, secondo i neoplatonici), per purezza di resa e anche fedeltà (lo può misurare il lettore scettico comparando le innumeri traduzioni con quelle qui presenti) e per la capacità di far arrivare il dettato platonico direttamente al cuore di chi legge. Platone! però reca la parola del filosofo quanto quella di Bargellini e le due si sovrappongono, si fondono, o meglio si ritrovano come le due metà del primitivo androgino di cui è questione nel mito del Simposio. Bargellini parla attraverso Platone. Ma non si deve vedere in questo una inedita declinazione del ménardismo: piuttosto, la mentovata quarta categoria di David coglie lo spirito dell’operazione bargelliniana. Quale omaggio maggiore al maestro di vita che adottarne in toto le parole, senza però rinunciare a personalissima vivisezione? Lo scopo di questa raccolta è sublimamente didattico. Platone per Bargellini mantiene intatta la sua autorità di maestro di vita. Nella illuminata introduzione l’autore spiega l’intima ragione e la struttura del libro. Platone come remedium e antidoto ai mali d’oggi, in una «antologia» divisa in nove sezioni («numero che non è stato programmato ma ha il suo carisma»): la scrittura, le visioni dell’anima non discesa, la ricerca e la filosofia, l’etica, la poesia, l’amore, il ruolo dell’uomo, l’esaltazione dell’anima, l’allegoria del tragico e del comico (secondo un passo notissimo del Simposio). La lettura dei versi bargelliniani porta a continue scoperte: la meraviglia della filosofia, l’etica nella vita politica, la resa di passi del mito della caverna (che ognuno crede di conoscere, ma che Bargellini è capace di far rivivere di luce nuova), lo screzio fra filosofia e poesia, lo sguardo taurino di Socrate, il suo essere torpedine il destino di chi va e di chi resta. Pagine notissime e angoli meno attesi innervano le poesie di Bargellini. La sapienza musicale del ‘traduttore-poeta’ è messa al servizio di un frammentismo che nella ricreazione della poesia antica nel Novecento ha dato risultati memorabili. Ad esempio, Le ali (p. 81, da Fedro 251c) «Succede quel che succede / ai bambini che mettono i denti / se appena sono loro spuntati, / che danno prurito e gengive irritate / Così di chi inizia a produrre le ali fermenta / l’anima, si irrita e pizzica / mentre le nascono»; o L’enigma (p. 105, da Apologia 42c) «Per noi tutti è ora tempo di andare. / Io morirò, voi vivrete. / Chi adirà miglior esito / è oscuro per tutti, / eccetto che per la divinità»; o ancora L’esortazione (p. 112, da Leggi 5.727c) «Bene vi esorto a onorare, / dopo la signoria degli dei e il loro seguito, / l’anima propria. / Nessuno rettamente la onora / per dire così / ma crede di farlo». La lingua tersa, che non ha tema di usare espressioni corrive, della lingua più quotidiana e financo familiare (spunta persino un ‘babau’), ha una indubbia eleganza e forza che ogni lettore toccherà con mano. Platone e Bargellini hanno scelto di parlare diretto, senza lirismi ma con la misura della poesia della verità. Platone! è un libro che suscita il pensiero: il lettore è chiamato alla necessità di esercitare quest’arte («Ma per terrore della morte gli uomini, / persino calunniano / i cigni, / dicono che è un canto doloroso / il loro, di deplorazione alla morte / e non pensano», p. 100, da Fedone 85a). Platone! è un libro da leggere e rileggere. Il lettore deve avere la pazienza di partecipare alla consuetudine con i testi platonici che ha permesso a Bargellini di risentirli come propri e di offrirli a ognuno di noi. All’ ‘antologia’ segue un’ ‘appendice’ di testi in prosa, in cui il platonico prende interamente la parola e riflette sul senso dell’operazione. Platone come guida, come necessità per comprendere il senso delle cose, come pharmakon. Quanto la ‘traduzione’ di Bargellini sia riuscita lo mostra la preziosa prefazione di Alessandro Fo, simpatetica e profonda. Da parte mia vorrei sottolineare il valore didattico di questo libro. Raramente ho sentito, da antichista di professione, l’antico rivissuto in modo così sincero ed efficace, senza retorica alcuna, ma con un senso della continua presenza del passato e della sua utilità per il mondo moderno. Farei leggere Platone! in ogni pubblica discussione sul ruolo dell’istruzione classica. Veramente, la sapienza di Bargellini-Platone provoca nell’anima del lettore il ricordo delle cose celesti e la consapevolezza di quanto ci servano nel mare tempestoso dell’informe mondo materiale. Si può chiedere di più a un libro di poesia? (Gianfranco Agosti) ¬ top of page |
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