« indietro ALEXANDRE RODRIGUES DA COSTA, Objetos difíceis,Rio de Janeiro / Juiz de Fora: 7Letras / Funalfa Edições 2003, pp. 60, s.i.p.
Objetos difíceisè il libro vincitore del premio di poesia Città di Juiz de Fora del 2003, ed è stato pubblicato (così come altri tre finalisti) dalla casa editrice di Rio de Janeiro, in collaborazione con la Fondazione Funalfa, promotrice del concorso.
Gli «oggetti difficili» che compongono questo libro di poesia appaiono in un qualche modo sfuocati, smussati agli angoli dato che il poeta vi scorge non quello che è visibile di primo acchito, ma principalmente quello che sfida il campo di visione fisso e stabile. In effetti, in questa prima pubblicazione di Alexandre Rodrigues da Costa – che rivela la voce di un autore già maturo, priva di tentennamenti stilistici o di ancoraggi in una qualsiasi tradizione poetica brasiliana – lo sguardo non si sofferma sulle cose in sé, ma cerca le cose che si trovano al margine dell’inquadratura, fuggendo quindi dalla gratuità e dalla sovrapposizione di immagini con la quale ci aggredisce quotidianamente la nostra società senza pudori. Anche in queste poesie vi è poco pudore, forse, nell’osservare «ogni forma [che] si agita nel tumulto / degli elementi, / annulla la sua vista, / attraverso la quale lui si muove / e ottiene la soluzione nel dettaglio / di una linea che doma le sue mani», oppure la «lama nella mano / dimentica // assenza di vestigio // dove / in albero // il mare si muove / confinato // como se sul fondo / l’acqua / fredda / fosse palpebra // e la paura / dissolvesse in ombre / ciò che gli è detto».
Questa realtà che trascende il quotidiano, che insidia il quotidiano con una sorta di sordo terrore, è scrutata quasi scientificamente, e lo sguardo del poeta pare compiacersi della crudità (e spesso crudeltà) iscritta nelle «cicatrici che si muovono lungo il corpo» (p. 45), nella «carne che soffre quando ferita» (p. 18) o ancora, nell’«orecchia, per esempio, / separata dal corpo, [...] una separata dall’altra» (p. 21). Tuttavia, il fatto stesso di nominare un reale che viene percepito come crudo, senza previa elaborazione, fa in modo che questa poesia suoni autentica, anche se esasperante nei momenti in cui lo sguardo viviseziona con freddezza il corpo ed i suoi resti, ed inquietante nei suoi momenti più significativi. Il poeta mostra un maneggio molto sensibile delle immagini poetiche, che ci catturano ed imprigionano grazie ad un’atmosfera quasi da sonnambulo creata dall’autore, a ricordarci, per mezzo di citazioni intertestuali, le sequenze oniriche del film Dead man, di Jim Jarmusch, in cui a momenti vengono sacrificati i nessi logici della narrazione filmica a beneficio di un forte impatto emotivo. In questo senso, la sua poesia ripropone una tensione psicologica degna dei grandi thriller o del serial Twin Peaks. Oltre all’interessante risultato complessivo, calcato appunto nella riuscita evocazione di un’ambientazione in costante stato d’allarme, va citata anche l’accuratezza delle singole poesie, in cui non vi sono parole in eccesso, dove tutto ha un suo giusto peso. Il poeta dimostra di sapere apportare tagli incisivi, improvvisi, crudi appunto, che testimoniano di un auspicabile coraggio creativo. E ciò che rafforza la piacevole sorpresa di questo libro è la certezza che il coraggio che lo attraversa risulta da una cosciente ricerca personale. Quella di Alexandre Rodrigues da Costa non è una poesia «in pelle ed ossa», ma piuttosto una poesia in cui le ombre attraversano la realtà trasformando gli oggetti e gli esseri umani in «oggetti difficili», perché messi a fuoco da un punto cieco localizzato dietro la retina.
Prisca Augustoni
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