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PAULA TAVARES, Ex-votos, Lisbona, Editora Caminho 2003, pp. 48, € 8,00.

La poetessa angolana Paula Tavares (nata nel sud dell’Angola nel 1952) pubblica questo nuovo libro, in Portogallo, presso la collezione «autori stranieri di lingua portoghese». Le 26 nuove poesie compongono una sorta di costellazione di rapide illuminazioni che si proiettano sul processo di negoziazione tra il passato (degli antichi e delle tradizioni angolane tutt’ora presenti nel quotidiano del paese) ed il presente in costante mutazione. La professoressa brasiliana (specialista di letteratura africana) Rita Chaves scrisse, in un articolo dedicato alla poesia di Paula Tavares, che la stessa contiene l’eco di una realtà caratterizzata dalla transizione, dove la parola si costruisce rivelandosi anche come un atto di frontiera. L’idea della frontiera – non solo nella sua accezione fisica – è presente in questo nuovo libro, come manifestazione di quello che definisce il confine tra l’unità e la dispersione, tra la continuità dei valori trasmessi attraverso la parola parlata, l’oralità – sono i vecchi che, alla pagina 21, si siedono al sole «a sfilare parole» - e la rottura che avviene in silenzio: «Non entrare nella casa rotonda quando è novembre / mi aspettano tutt’ora le vecchie / e mi copre il corpo / la cenere della notte / i resti di tacula // la cintura delle vergini / si è infranta in silenzio / tra le tue mani» (p. 24). Il libro si presenta come un «vasto territorio con tracce», dove si delinea una cartografia di segni scritti, «ex-voto» sottoforma di poesie. Questi ex-voto in parole sono come segni in bassorilievo, come se stessero «traducendo in lunda il linguaggio che è proprio degli angeli» (p. 10). La prima poesia è esplicita in questo senso, e ci introduce in un universo in cui la sfera delle parole è strettamente legata agli avvenimenti quotidiani: «Campana / è come inizia / questo parlare delle parole / ed il libro delle ore di mia nonna» (p. 12). È possibile osservare, nelle poesie, un sottile legame tra i diversi fili tematici che attraversano tutta l’opera di Paula Tavares. Con questi «fili tematici», l’autrice fa coincidere nella trama del linguaggio scritto la saggezza degli antichi, e più specificamente, delle donne, che diventano, in tal modo, le portatrici di un mondo ordinato dal mito e dai riti di passaggio dettati dalle leggi della natura, come la tessitrice che «seguì / con le mani / il movimento del sole» (p. 15) per poi creare il mondo, «con le dita leggere che ammorbidiscono / le fibre» (p. 15).

Ecco perché, nella poesia di Paula Tavares, l’oralità è strettamente legata alla corporeità degli oratori, reiterando il principio (ampiamente discusso da specialisti) secondo il quale la parola orale è esattamente questo: legame tra segno e corpo. Ed il corpo, qui principalmente il corpo femminile, è marcato da rituali e parole tradizionali, di un’Africa che resiste e si rialza, come la pianta buganvília, malgrado le guerre, malgrado il sangue, malgrado il processo di ridefinizione identitaria imposto da una logica mondiale che segue le orme della globalizzazione. Questo corpo, così presente in tutta l’opera di Paula Tavares, non si rivela esplicitamente, ma è rivestito di parole che vengono dalla terra, da un’idea di origine, come nella poesia che segue: «Sono chiusa nell’isola del mio corpo / mi sdraio per terra / la terra parla per me / il tempo perché la vita avvenga» (p. 25). Così come il mondo del quale ci parla Paula Tavares è caratterizzato da un forte atto rituale, il proprio atto di scrittura, di cristallizzazione della parola orale sulla pagina rappresenta un rito che si riveste della dovuta importanza e sobria austerità. Perché è proprio per mezzo di questo rito di passaggio (tra la tradizione orale e la modernità della scrittura) che l’autrice nomina e ordina un mondo d’accordo con le leggi sacre, che obbediscono meno alla logica cartesiana occidentale piuttosto che alle leggi del clan e della natura, anch’esse pensate fin nei minimi dettagli.

In Ex-votos, forse più che nei precedenti libri, troviamo una costante presenza della figura degli antichi, dei nonni, che soffiano nelle pagine e fanno presente – ma a bassa voce, quasi in sordina – i segreti della tradizione, gli aforismi che insegnano a capire il mondo visto dagli occhi di un angolano. Ciò significa che, nonostante i cambiamenti che le società vivono nel corso degli anni e dei decenni, rimane un messaggio chiaro: «la punta della coda / del leopardo / anche quando dorme / si muove» (p. 38).

Ex-votos è un pezzo in più del prezioso mosaico di voci e gesti disegnati con decisione e bellezza dai versi di Paula Tavares, la quale scrive dal 1988 «all’angolo dei petali» (p. 29), ossia, immersa nelle dune della propria identità e dell’identità di una nazione – l’Angola – in bilico tra passato e futuro, tra tempo circolare e tempo aperto verso il futuro, tra parola e silenzio.

Prisca Augustoni


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