« indietro Due poesie Di Wole Soyinka
In: Semicerchio LV (02/2016) “30 anni” pp. 92-94.
a cura di Alessandra Di Maio
Il premio Nobel nigeriano Wole Soyinka è stato l’ospite d’onore dell’undicesima edizione del Festivaletteratura di Mantova nel settembre 2007. Per l’occasione ha letto un brano della sua ultima opera autobiografica, Sul far del giorno (Frassinelli 2007), tradotta e curata da Alessandra Di Maio, e due tra le sue poesie più rappresentative, la celebre «Conversazione telefonica», componimento giovanile ampiamente antologizzato in diverse lingue, e «I figli di questa terra», tratto dalla sua ultima raccolta Samarkand and Other Markets I Have Known (2002), inedita in italiano. Proponiamo le due poesie, che idealmente coprono l’arco della produzione poetica di Soyinka, affiancando all’originale la traduzione inedita di Alessandra Di Maio presentata al festival di Mantova.
Telephone Conversation The price seemed reasonable, location Indifferent. The landlady swore she lived Off premises. Nothing remained But self-confession. «Madame,» I warned, «I hate a wasted journey – I am African.» Silence. Silenced transmission of Pressurized good breeding. Voice, when it came, Lipstick coated, long gold-rolled Cigarette-holder pipped. Caught I was, foully. «HOW DARK?»... I had not misheard... «ARE YOU [LIGHT OR VERY DARK?» Button B. Button A. Stench Of rancid breath of public hide-and-speak. Red booth. Red pillar box. Red double-tiered Omnibus squelching tar. It was real! Shamed By ill-mannered silence, surrender Pushed dumbfoundment to beg simplification. Considerate she was, varying the emphasis «ARE YOU DARK? OR VERY LIGHT?» Revelation [came «You mean – like plain or milk chocolate?» Her assent was clinical, crushing in its light Impersonality. Rapidly, wave-length adjusted, I chose. «West African Sepia» – and as afterthought, «Down in my passport.» Silence for spectroscopic Flight of fancy, till truthfulness clanged her accent Hard on the mouthpiece. «WHAT’S THAT?» conceding «DON’T KNOW WHAT THAT IS.» «Like brunette.» «THAT’S DARK, ISN’T IT?» «Not altogether. Facially, I am brunette, but madam, you should see The rest of me. Palm of my hand, soles of my feet Are a peroxide blonde. Friction, caused – Foolishly madam – by sitting down, has turned My bottom raven black – One moment madam!» – [sensing Her receiver rearing on the thunderclap About my ears – «Madam,» I pleaded, «wouldn’t you [rather See for yourself? » Are a peroxide blonde. Friction, caused – Foolishly madam – by sitting down, has turned My bottom raven black -One moment madam!»- sensing Her receiver rearing on the thunderclap About my ears - «Madam,» I pleaded, «wouldn't you rather See for yourself?»
Conversazione telefonica Il prezzo sembrava ragionevole, il posto poco importava. La padrona di casa giurava di abitare altrove. Non rimaneva che auto-confessarsi. «Signora», la misi in guardia, «Detesto fare viaggi a vuoto: sono africano». Silenzio. Comunicazione silenziata dalla pressione della buona educazione. La voce, quando [giunse, ricoperta di rossetto, la sigaretta nel bocchino d’oro laminato, pigolava. Fui colto ignobilmente alla [sprovvista. «QUANTO È SCURO?»... Non avevo sentito male... [«È CHIARO O È MOLTO SCURO?» Tasto B, tasto A. Tanfo d’aria rancida di nascondiglio telefonico pubblico. Cabina rossa. Cassetta rossa per le lettere. Autobus rosso a [due piani calpestapece. Diceva sul serio! Imbarazzato dal silenzio scortese, m’arresi stupito e chiesi un chiarimento. Garbata lo era senz’altro: spostò l’enfasi. «È SCURO? O MOLTO CHIARO?». Sopraggiunse la [rivelazione. «Intende dire, come cioccolato fondente o al latte?». L’assenso fu clinico, schiacciante nella sua leggerezza impersonale. Con rapidità, trovata la lunghezza d’onda, mi decisi. «Seppiato africa-occidentale»; poi, quasi [ripensandoci, «Come nel passaporto». Silenzio, volo spettroscopico Dell’immaginazione, finché l’accento della verità non [risuonò chiaro e metallico nella cornetta. «CIOÈ?«, che [sottintendeva: «NON HO IDEA DI COSA VOGLIA DIRE». «Moro, più [o meno». «ALLORA È SCURO, NO?» «Non del tutto. In viso, sono moro; però, signora, dovrebbe vedere il resto. Il palmo della mano, le piante dei piedi, sono di un biondo ossigenato. Lo sfregamento, [causato – che assurdità, signora – dallo stare seduto, mi ha [reso il fondoschiena nero corvino... Un momento, signora!», [sentii il ricevitore pronto a tuonarmi sulle orecchie. «Signora», chiesi, «non preferirebbe [accertarsi di persona?»
The Children of This Land (tratto da: Samarkand and Other Markets I Have Known, Lagos, Crucible, 2002
The children of this land are old Their eyes are fixed on maps in place of land Their feet must learn to follow Distant contours traced by alien minds Their present sense had faded into past. The children of this land are proud But only seeming so. They tread on air but - Note - the land it was that first withdrew From touch of love their bare feet offered, Once, It was the earth of their belonging, Their pointed chins are aimed, Proud seeming, at horizons filled with crows, The clouds are swarms of locusts. The children of this land grow the largest eyes Within head sockets. Their heads are crowns On neat fish spines, whose meat has passed Through swing doors to the chill of conversation And chilled wine. But the eyes stare dead. They pierce beyond the present through dim passages Across the world of living. These are the offspring of the dispossessed, The hope and land deprived. Contempt replaces Filial bonds. The children of this land Are castaways in holed crafts all tortoise skin And scales - the callus of their afterbirth, Their hands are clawed for rooting, their tongues Propagate new social codes, and laws. A new race will supersede the present-
Where love is banished stranger, lonely Wanderer in forests prowled by lust, On feral pads power, Where love is a hidden, ancient ruin, crushed By memory, in this present Robbed of presence. But the children of this land embrace the void As lovers. The spores of their conjunction move To people once human spaces, stepping nimbly Over ghosts ofparenthood. The children of this land Are robed as judges, their gaze rejects All measures of the past. A gleam Invades their dead eyes briefly, lacerates the air But with in on sole demand: Who sold our youth?
I figli di questa terra I figli di questa terra sono vecchi con lo sguardo fissano carte geografiche, non la terra coi piedi hanno imparato a seguire contorni lontani tracciati da menti aliene, con loro il senso del presente svanisce nel passato. I figli di questa terra sono fieri ma solo in apparenza. Camminano per aria ma sia chiaro: fu il suolo per primo a ritrarsi dal contatto amoroso dei loro piedi nudi. Un tempo, la terra era loro appartenenza. Coi menti levati, con aria fiera, protendono verso orizzonti di corvi. Le nuvole brulicano di locuste. Ai figli di questa terra gli occhi crescono immensi nelle orbite. Le teste sono corone sopra lische di pesce spinato, la cui polpa ha attraversato porte a vento posandosi al centro di chiacchiere fredde e vino fresco. Ma sono occhi che fissano il vuoto, oltrepassando il presente, penetrando i varchi oscuri del mondo dei vivi. È la progenie degli spodestati, spogliati della speranza e della terra. Lo spregio supplisce i legami fliali. I figli di questa terra sono naufraghi dentro scafi perforati, tutti pelle di [tartaruga e squame, callosità della placenta andata. Nelle mani hanno artigli per radicarsi, con le lingue divulgano nuove leggi e codici sociali. Una razza nuova si sostituirà all’attuale
in cui l’amore, bandito come estraneo, vaga solitario tra foreste perlustrate per brama, seguendo le orme ferali del potere; in cui l’amore è un rudere d’altri tempi, isolato, calpestato dalla memoria, in questo presente derubato di presenza. Ma i figli di questa terra stringono tra le braccia il vuoto come amanti. Le spore della loro unione continuano a popolare spazi un tempo umani, aggirando agili i fantasmi della paternità. I figli di questa terra vestono la toga dei giudici, con lo sguardo rigettano i metri del passato. Un barlume invade fugace i loro occhi spenti, lacera l’aria con solo una domanda: Chi ha venduto la nostra giovinezza? ¬ top of page |
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