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FRANCA SINOPOLI, SILVIA TATTI (a cura di), I confini della scrittura. Il dispatrio nei testi letterari, Isernia, Cosmo Iannone, 2005, pp. 246, € 14,00.

 

 

L’efficace neologismo coniato da Luigi Meneghello che compare nel titolo, e scelto non solo per la sua illustre derivazione letteraria, non rappresenta, nelle intenzioni delle curatrici, un modello di interpretazione unificante e unitario dell’ampio spettro di possibili rapporti che intercorrono tra la letteratura e le varie esperienze di dislocazione, migrazione, spostamento, diaspora, esilio che segnano variamente il mondo contemporaneo; è piuttosto pensato come una cornice mobile entro la quale far interagire e dialogare metodologie e approcci critici diversi da mettere in campo per riflettere problematicamente sui rapporti tra l’intera costellazione semantica che la parola "dispatrio" evoca e le diverse pratiche di scrittura ad essa connesse. Alcune delle riflessioni sul dispatrio (o meglio sui dispatri) che trovano spazio in questo volume insistono maggiormente sulla declinazione metaforica del tema presso diversi/-e autori/-trici, altre approfondiscono invece lo stretto rapporto tra scrittura ed esperienza, a seconda delle variabili politiche, socioeconomiche, di "razza", di "genere" che vengono a connotare diversamente l’essere altrove e "l’abitare-nel-viaggio", per usare un’espressione cara a James Clifford, intellettuale che ha dato la tonalità a gran parte delle attuali riflessioni sulla migrazione, l’esilio o la diaspora, interpretando le diverse pratiche di attraversamento e di interazione come degli elementi costitutivi dei significati culturali e non già come un loro mero supplemento. Il campo di ricerca aperto dalla presente pubblicazione (frutto di un convegno che si è tenuto all’Università "La Sapienza" dal 10 al 12 marzo 2005) è molto vasto e stimolante per la varietà di questioni teoriche che solleva e mette in circolo. Infatti, ponendo come orizzonte di studio della letteratura le poetiche e le esperienze della "migranza" tra lingue e culture, il volume permette innanzitutto di inquadrare le nuove scritture letterarie apparse negli ultimi decenni nel panorama editoriale italiano ed europeo e nate in seno alle esperienze migratorie dei/delle suoi/sue autori/-trici e, in secondo luogo, di leggere e di ‘interpellare’ le opere del canone alla luce delle questioni urgenti che la storia e la geografia contemporanee pongono. Come tutti i progetti ambiziosi però si espone a dei rischi. Riconoscerli, come fa Sebastiano Martelli nel suo intervento contenuto nella quarta sezione del volume, non significa inficiare i risultati dell’intero convegno, né contestare in toto l’approccio metodologico scelto dalle curatrici. Significa piuttosto prendere coscienza del fatto che sforzarsi di pensare in termini globali e tramite categorie ampie e generali, per quanto non unificanti, porta contemporaneamente a molti successi e ad alcuni fallimenti. Allargare come in questo caso le basi della ricerca permette di individuare connessioni impreviste, dà l’opportunità di esercitarsi a leggere attraverso i testi, significa imparare ad abitare le ‘terre di frontiera’ nazionali, psicologiche, culturali e disciplinari. Al tempo stesso però, se nel termine dispatrio si fanno variamente rientrare l’emigrazione/immigrazione, l’esilio politico e quello letterario e tutte le diverse esperienze di dislocazione che caratterizzano il mondo moderno e contemporaneo, ecco che quella stessa parola perde di pregnanza, diventa puramente evocativa, rischia di trasformarsi in un contenitore di cui sfuggono i criteri di aggregazione degli elementi che contiene. A me sembra che proprio in questa tensione e nella necessità di volta in volta di stringere e di allargare contemporaneamente e strategicamente il campo delle proprie ricerche risieda parte dell’interesse del volume preso nel suo complesso, al di là dei singoli e ricchi contributi che contiene. Il volume raccoglie ventitré interventi articolati in sei sezioni. La prima, intitolata Scrittori nel dispatrio, presenta gli articoli di alcuni/e autori/-trici come Nurrudin Farah, Jarmila Očkayová, Younis Tawfik, Carmine Abate, Enrico Palandri la cui pratica di scrittura è legata per diverse ragioni alla decisione di lasciare il proprio paese d’origine. Con Dispatrio, identità e lingua, chiariscono le curatrici nell’introduzione, "il focus dell’interpretazione è il nesso scrittura-lingue-territorio", declinato nei tre interventi di Peter Carravetta dedicato al "chiasmo come figura del pensiero critico" per l’interpretazione della scrittura esiliata e bilingue, di Mario Domenichelli dedicato a Joseph Conrad e al rapporto tra lingua coloniale e lingua dell’espatrio e di Piero Bevilacqua sul nesso dialetto-lingua nazionale. Nella terza sezione Dispatri e finali, Jean-Jacques Marchand analizza da un punto di vista tematico e narratologico gli explicit dei romanzi di alcuni emigranti italiani in Svizzera, mentre Maria Cristina Mauceri compie un’operazione analoga per alcuni esempi della cosiddetta "letteratura italiana della migrazione". La quarta sezione, Emigrazione ed esilio, comprende due studi dedicati a due intellettuali italiani esuli negli Stati Uniti e acuti osservatori della realtà americana, rispettivamente Giuseppe Antonio Borgese (Paolo Orvieto) e Giuseppe Prezzolini (Raffaella Castagnola), accanto agli articoli di Martino Marazzi sulla scrittura di Carlo Tresca e di Sebastiano Martelli sul rapporto tra dispatrio e identità nella letteratura italiana dell’emigrazione transoceanica. In chiusura un ‘dittico’: Il dispatrio nella poesia e Il dispatrio nella prosa. Nel primo nucleo, dopo l’intervento di Antonio Prete che tematizza il dispatrio come esilio metaforico del poeta, seguono quattro articoli dedicati a quattro singoli/e autori o autrici, Amelia Rosselli (Laura Barile), Ingeborg Bachmann (Rita Svandrlik), Pier Paolo Pasolini (Silvia Tatti) e Dino Campana (Tommaso Pomilio); nel secondo sono compresi l’articolo di Mario Maffi sulle molteplici frontiere americane, la lettura di Monica Farnetti del discorso dell’esilio di Anna Maria Ortese, il confronto tra Luigi Meneghello e Thomas Bernhard svolto da Franca Sinopoli e infine l’analisi della letteratura ebraica della diaspora di Laura Quercioli Mincer.

(Chiara Mengozzi)


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