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MOHAMMED BENNIS, Il Mediterraneo e la parola. Viaggio, poesia, ospitalità, a cura di Francesca Corrao e Maria Donzelli, Roma, Donzelli Editore 2009, pp. 125, € 14.
 
Mohammed Bennis (1948) è tra i più noti esponenti dell’avanguardia culturale marocchina, e da oltre trent’anni persegue una ricerca poetica basata sulla sperimentazione e commistione tra culture. Bennis, nato a Fes, si definisce ‘arabo andaluso’ proprio per evidenziare le identità multiple alla base della sua crescita personale e poetica. Nella sua visione il Mediterraneo, il mare di mezzo tra culture e identità che si sfiorano e incontrano da secoli, rappresenta uno spazio simbolico privilegiato cui attingere per ridare un senso alla parola poetica del XXI secolo. Proprio al rapporto tra poesia e culture mediterranee è dedicato il volume edito da Donzelli, che si presenta come un punto d’incontro tra le sponde nord e sud fin dalla sua genesi. La prima parte dell’opera è infatti composta da sei saggi che – con la sola eccezione del primo – sono testi di conferenze e di una Lectio Magistralis tenute da Bennis tra Napoli, Almeria, Ganna e Parigi. La successione dei testi crea così una mappa di viaggio mediterraneo alla ricerca del senso poetico. Il fil rouge della raccolta è un’articolata riflessione intorno ad alcuni concetti chiave, evidenziati nel titolo del volume. La parola, intesa come parola poetica, trascende i confini imposti dalla politica attraverso il viaggio, ovvero la migrazione di senso e valori tra culture. Il viaggio rappresenta metaforicamente la poetica dell’erranza, di cui parla Francesca Corrao nella prefazione al volume, la nuova sfida della letteratura araba per aprirsi all’innovazione senza rinunciare ai modelli classici. Bennis coniuga nella sua opera stile simbolista e linguaggio arcaico, dimostrando che la fusione di tradizione e contemporaneità è possibile, attraverso la contaminazione culturale. Il corollario del nomadismo culturale è l’idea dell’ospitalità come antidoto alle barriere create da storia e politica: Bennis cita numerosi esempi di autori arabi ed europei che hanno accolto nelle loro opere suggestioni di altre civiltà. Il poeta iracheno del X secolo Al-Mutanabbī, considerato il cantore dell’arabicità, ospita nei suoi versi la cultura greca; il mistico arabo andaluso Ibn ‘Arabī è espressione di un sapere mediterraneo per eccellenza; il nostro Dante accoglie nella struttura della Commedia istanze arabo islamiche («Il Mediterraneo e la poetica del viaggio», pp. 27- 28). Bennis ricorda questi autori non per raccontare un’epoca passata, ma per rinnovarne l’esempio nel mondo contemporaneo. I pericoli insiti nella globalizzazione possono essere superati grazie alla funzione creativa dello scambio tra culture; ricreare un ambiente fertile per l’erranza della parola dev’essere la sfida degli intellettuali mediterranei («La cultura mediterranea e lo scambio creativo tra le due sponde», p. 20). Il saggio «L’accoglienza dell’altro e il movimento azzurro della poesia» è interamente consacrato all’esplorazione interculturale, in base alla quale il viaggio poetico attraversa spazio e tempo, illuminando l’oscurità degli autori arabi classici con i Romantici francesi. Come afferma Bennis, il concetto [di oscurità] comprende non solo l’interazione sovversiva tra le parole, ma designa in egual misura il seme dell’ebbrezza che una lingua lascia passare nell’altra . […] Questo passaggio si concretizza nella poesia (p. 35). Maria Donzelli ricorda nella postfazione che l’idea della ‘poesia azzurra’ è ripresa dal movimento del «Cavaliere azzurro» di Kandinskij, dove la sinestesia tra musica e pittura rimanda all’ascolto di una risonanza interiore, perseguita tanto dall’astrattista russo che dal poeta marocchino Bennis (pp. 115-17). Il cuore del volume è racchiuso nel saggio «Destino della poesia, destino della parola», dove l’autore invoca la necessità di una poesia come parola che prolunga la parola in un mondo altrimenti muto. Questa è la chiave per aprire uno ‘spazio di resistenza’ inteso come un luogo della lingua del patrimonio comune mediterraneo, dove siano bandite le semplificazioni che oggi lacerano la comprensione tra sponda nord e sud. Bennis cita provocatoriamente Nietzsche e la sua concezione positiva dell’Islam proprio per mostrare la necessità di un discorso complesso per superare le attuali divisioni (pp. 55-9). Il Mediterraneo e la parola non è solo una raccolta del pensiero di Bennis, ma ne rappresenta anche un’autobiografia poetica: nella successione dei saggi si dipana la formazione dell’autore, che parte dalle sue radici marocchine per passare alla tradizione arabo-islamica e alla scoperta della letteratura europea. La sezione poetica del volume, che racchiude un’attenta selezione di componimenti di Bennis, è il contrappunto in versi del viaggio tra culture dell’autore. La prima ode è dedicata a Fes, suo luogo di nascita personale e poetica; seguono versi d’amore e struggimento, per l’amata, per il mare, per la storia dimenticata e per la sofferenza del Mediterraneo. Il poeta, nonostante una visione acutamente critica della realtà contemporanea, conserva speranza in un futuro di dialogo, basato sul superamento di secolari diffidenze e sul reciproco riconoscimento: Né l’Oriente mendica/ Né l’Occidente è volto di macchine o tirannide reale/ Ed io accolgo il dettato delle palme/ le campane/ alla porta del mio tempo/ diventano/ conversione del soffio (Né L’Oriente mendica, p. 98).
 

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