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Saggi e testi online |
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a cura di Massimo Scorsone
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AD SIMULACRUM ENDYMIONIS
Albarum nivea vehens quadriga Mularum, nitidisque candidarum Argento retinaculis, relicta Mileti modo concitatus urbe Latmum rite peto, tibi decora Libaturus honore sacra, dudum Qui fulgente Pharo Canopicaque Alas, Endymion, notis ab ora Solvi murice purpurante tinctas. At signum pueri celebre tandem Et diam stupeo nitore formam, Jasmino famulis repleta multo Dum large populantibus canistra Dextris auspicibus, simulque fausto Vivax omine temporis peracti Expergiscitur illico voluptas. |
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LENAEUM AGMEN
Bassaricam Pario format de marmore pompam Tam caelo Damon ille manuque potens, Elide quo melior, claris licet artibus aucta, Non alius, tota nec Pelopeïade Fertur humo faber ullus. Et omnibus, ecce, Lyaeus Aethereo nitidus praeit honore diis, Incessu gradiens valido; Bromioque secunda Temetum, titubans, a duce pone subit, Quam iuxta Satyris spumantia vina ministrat Grata corymbiferum Crapula ob urceolum. Vitis at inferius Dulcedo: lenta, soporos Semiadaperta oculos; cymbala deinde vagi Qui pulsant Moduli, reboanteque docta canore, Ebria convivî carmina, Musa venit, Atque suo blandae ne Comissatio turbae Restinguat sanctam munere cauta facem. Denique, Sacra verenda. Labor Damonis hic ergo Summus. At inde animo, saepe Syracosius Ipse spopondit ei quae pro mercede tyrannus, Nonnumquam occurrunt trina talenta. Satis. Haec longo cumulare opibus sudore coactis Gaudebit, vitam cetera dives agens, Publica commodius pariterque negotia, tande Laetus consilio, laetus inesse foro. |
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IASON CLEANDRI F. ANGORIBUS CONFICITUR APUD COMMAGENOS POETA [2] ( A. D. 595 )
Impia tacti graviter senecta Tot dies seros, gelidos in annos Perfido, sica quasi vulnerati, Frangimur aevo,
Pro dolor!, tectasque fluente sensim, Diva, per plagas anima, nec umquam Corpus illaesis, speciemve, cursu Praeterit hora.
Quae, potens, aegre sine te ferentes, Intus ut carmen fide da canamus – His tuam freti revolamus alis, Musa, sub umbram – :
Dulce nam curae medicamen ore Cuique moerenti, citharaque praebes, Quae salutari sat es, ut videris, Arte perita.
Heu cruces! sica quasi vulneratus Impia tangor graviter senecta; Sed mihi tandem medicamen affer, Musa, soporum,
Vt latebrosis, hebetante sensus Jam lyra, plagis adimat dolorem Cantus, et dira careant parumper Pectora cura. |
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SCAENICA SPECTATORIS FASTIDIA
«Hinc abeam. Sine me, precor. Hinc abeam: moriar, ni Sordiduli propere fugio tot taedia socci Longa, quibus teror, atque, diu torpente theatro, Mimica, quos etiam scurras, rigidamque Thaliam Hactenus ipse tuli, fastidia tanta.» «Moreris, Quaesumus, immo, sagax quamvis sis nare, Menandri Causa; sin aliter, nos deseruisse pigebit...» «Insultasne, petulce, mihi? tam vana Menandrum Esse putas, nec salsa? jocos an futtilis, inquam, Quos agitat Thymele, burrasve? Age. Et hinc sine demum Discedam, solita rediens ad munera cura, Contempto caveae consessu. Maxima sensus Gnaviter obtundit, coluit quos Attica, Roma. Atque nota potius dignus quam laude, superne Barbarus iste tuo, demens, effertur ad astra Ore Tumentius, iste... Terentius anne vocatur? Oscis quae lingua magis apta leporeque ludis [4], Inde mei nomen cupit hirta Camena Menandri!» |
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«AT, QUOD SUPERSIT, INFERIS DEIN LOQUAR...»
«Hic», consularis inquit, exculta manu Nuper volutum forte dimittens librum, «Gravis profecto versus est: immo decens, Idemque verax – hunc Sophocles, ut puto, Conscripsit ille grandis ex reconditis Arcana mentis hauriens, et intimae. Quam multa quisnam nos locuturos probe Scit? aut ab his, qui nunc sumus, quantum quidem Illic, ad Orcum, jure mutati, rogo, Videbimur? quae namque saucio modo Haec corde gestat turba nostri pervigil– Immitis, inquam, quaeque sortis vulnera, Tormenta lentos quae silemus in dies Verbis apertis tum loquamur, nec mora.» «Verum», severa tunc cavillator [6] jocis Miscens acutus inquit, «his addas tamen: Haec si profundis disserantur manibus, Cuipiam seu manium cordi fuant». |
NOTE
1 Smilzo manipolo di echi articolati in una lingua che, sottoposta da plurisecolare commercio umanistico-scientifico a un processo d’inevitabile logorio, dovrebbe ormai essere divenuta, come la voce degli originali, sufficientemente «neutra e priva di commozione» (Seferis) per consentire acconce «ricreazioni» da un classico che si esiterebbe a dire ormai vulgato, ma tant’è, e di cui l’interprete protestando, com’è ovvio, una totale e strenua fedeltà allo spirito non meno che alla lettera degli archetipi ormeggiati, vorsa puntualmente barbare – chiede venia a fabbri (o ai mani loro) di tempra assai migliore. Edizioni di riferimento impiegate sono Costantino Kavafis, Poesie, Milano 1961 e Idem, Poesie nascoste, Ibidem 1974.
2 Correggo senza meno la già rilevata svista (riscontrata dal Pontani sulla fotocopia dell’autografo) contenuta nel titolo della lirica. La pietas, la sacrosanta venerazione per la maestà del nume non crediamo – pur consapevoli dell’irriducibile singolarità della grafia kavafiana, talora (anzi assai spesso, per comune consenso) « sconcertante »: e che tuttavia di fatto non pregiudica mai la miracolosa communicatio idiomatum poetica debba di necessità mutarsi in idolatria, dissimulata sotto le spoglie di un filologismo importuno quanto superfluo. L’invocazione accorata del poeta alla Musa, costituita da un cibreo di versi – decapentesillabi “politici” (vv. 6, 9), dodecasillabi (1 [ipermetro], 4, 8), decasillabi (3, 5), endecasillabi (2, 7 [refrain]) – di varia lunghezza e struttura, assume l’apparenza di una sorta di deisis “prosastica” (ritmica), quasi un profano stichiròn idiòmelon formalmente assimilabile a certi tropari della tradizione chiesastica bizantina. Evitando di adattarci totalmente a scelte altrettanto ardite (ma forte è stata la tentazione di imbastire un pastiche sul modello dell’Ut quid jubes, pusiole di Gotescalc), la saffica minore utilizzata nella successiva parafrasi è, per analogia, metro – conveniente alla cantilena ipnotica, al monologare affettuoso, consolatorio – ancora occasionalmente ricorrente nell’innario romano, e impiegato inoltre da poeti e rhétoriqueurs fra tarda antichità (Ausonio, Prudenzio) e alto medioevo (i carolini) a un dipresso contemporanei, almeno idealmente, di Giàsone di Cleandro.
3 Il sonetto «propone la differenza, e talora il dispregio di K. per Roma e la romanità in confronto alla raffinata eleganza dello spirito greco, contrapponendo la finezza di Menandro alla presunta grossolanità di Terenzio. Il giudizio su quest’ultimo è storicamente inesatto e ingiustamente riducente: presentare Terenzio come adatto soltanto a scrivere atellane è una deformazione critica. Tuttavia nell’ostentata ignoranza, da parte dello spettatore greco, persino del nome del poeta romano (v. 12) è una pointe maliziosa e vivida» (così Pontani in KAVAFIS, Poesie nascoste, cit., n. p. 95). Ignoranza o ironia ?) evidentemente da «altero, superbo», reso con Tumentius in Scaenica spectatoris fastidia (cfr. infra, v. 16) – parrebbe, più che arbitraria storpiatura, un pun giocato sulla pretesa hybris di Terenzio («nome parlante» anch’esso, qualora se ne riconduca l’etimologia prima a teres « fine, polito, elegante »), imita tore maldestro o mutilo ‘doppio’ – dimidiatus Menander – del commediografo attico.
4 Che uno sciovinistico eccesso di ciò che in buona katharévusa si sarebbe detto, con neologismo pregnante, possa aver addirittura indotto il poeta – o la persona dello spettatore da lui per l’occasione rivestita – ad assimilare con spregio sommario la musa terenziana a quella di un qualsiasi guitto autore di farse campane (o, con più generosa intelligenza, di togatae) non può esimere il traduttore da una pretesa di maggiore – quantunque più pedantesca – precisione, interpolando un distinguo peraltro doveroso, e massimamente nella lingua di Roma, a spese dei proverbialmente «rozzi» osci, od opici (circa i quali cfr. ad es. Anth. Pal. V 132, 7 [Filodemo], ma anche Orazio, Sat. I 5, 54 ecc.), che la menzione delle atellane sembra chiamare in causa a buon diritto.
5 Sofocle, Aiace 865: sono le ultime parole pronunziate dall’eroe, prima del suicidio.
6 Ragioni di opportunità hanno reso preferibile l’impiego del termine prettamente latino, tradizionalmente ben radicato e mirabilmente ambiguo – così come cavillatio è sì il laborioso e/o vano sofisma (Quintiliano, Inst. or. X 7, 14 ecc.), ma anche (nella lingua della scena, specialmente; ma non solo) la facezia, il motteggio ora garbatamente ironico ora greve e sarcastico; e cavillari vale tanto «punzec chiare», «burlare» quanto propriamente «sofisticare» – a fronte del grecismo crudo sophista, che al pregio della letteralità (della specularità, anzi) unisce però la fossile inerzia di tanti prestiti di antica data.
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Iniziative |
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22 novembre 2024 Recensibili per marzo 2025
19 settembre 2024 Il saluto del Direttore Francesco Stella
19 settembre 2024 Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi
16 settembre 2024 Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni
21 aprile 2024 Addio ad Anna Maria Volpini
9 dicembre 2023 Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"
15 ottobre 2023 Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi
30 settembre 2023 Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio
11 settembre 2023 Recensibili 2023
11 settembre 2023 Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto
26 giugno 2023 Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato
21 giugno 2023 Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova
6 maggio 2023 Blog sulla traduzione
9 gennaio 2023 Addio a Charles Simic
9 dicembre 2022 Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma
15 ottobre 2022 Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi
13 maggio 2022 Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio
26 ottobre 2021 Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"
16 ottobre 2021 Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre
11 ottobre 2021 La Divina Commedia nelle lingue orientali
8 ottobre 2021 Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français
21 settembre 2021 HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"
11 giugno 2021 Laboratorio Poesia in prosa
4 giugno 2021 Antologie europee di poesia giovane
28 maggio 2021 Le riviste in tempo di pandemia
28 maggio 2021 De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca
21 maggio 2021 Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini
11 maggio 2021 Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube
7 maggio 2021 Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana
23 aprile 2021 La poesia di Franco Buffoni in spagnolo
22 marzo 2021 Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021
19 giugno 2020 Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio
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