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249, 258, 1333
Experiment of Green

Emily Dickinson / Marco Giovenale


(249)

Wild Nights! – Wild Nights!
Were I with thee
Wild Nights should be
Our luxury!

Futile – the Winds 
–  
To a Heart in port – 
Done with the Compass 
– 
Done with the Chart!

Rowing in Eden 
– 
Ah, the Sea!
Might I but moor – Tonight 
– 
In Thee!

(1861)
Matte notti! – Matte notti!
Ma io fossi con te
Le notti matte per
Nostra lussuria sarebbero!

Futili – i venti –
A un cuore in porto –
Chiusa la bussola
Chiusa la carta!

Regando nell’Eden 

Ah, il Mare!
Io potessi – stanotte – gettare
Àncora in Te!

 
L’iterazione battente dell’incipit, che è vocalica («wi» e «ni» in «wild nights»), è resa con un espediente consonantico in italiano, il raddoppiamento «tt». Sebbene «matte» abbia il riferimento aggiunto alla «matta» nel mazzo di carte, non è forse la soluzione migliore per «wild». Tuttavia il contesto della poesia conduce pure al senso di follia amorosa.
La rima «thee»/«be» è mantenuta con «te»/«per», mentre la eventuale terza, «luxury», potrebbe venir data da troncamento in «sarebber», ma tendo a mantenere «sarebbero» perché in ogni caso, dandosi parola sdrucciola, non è metricamente così influente la chiusa in «-ro».
Nell’ultima strofa, la rima «Sea»/«Thee» è o può pensarsi in effetti ‘recuperata’ dalla rima di terzultimo e penultimo verso italiani, «mare»/«gettare».
Per «Rowing» ho preferito «regando» (con un senso di quasi agonismo) a «vogando» e «remando» per la doppia prossimità di «regando» sia a «pregando» che a «riga» («row», sillaba non incapace di echeggiare, in «Rowing»).
La maiuscola nella seconda occorrenza di «Thee» è d’obbligo, sia per la difformità (minuscolo nella prima strofa, maiuscolo qui), sia potendo il pronome – qui a maggior ragione – riferirsi all’amato come al mare come alla divinità.

(258)

There’s a certain Slant of light,
Winter Afternoons 
 
That oppresses, like the Heft
Of Cathedral Tunes 
 

Heavenly Hurt, it gives us 
 
We can find no scar,
But internal difference,
Where the Meanings are 
 

None may teach it – Any 
 
’Tis the Seal Despair 
 
An imperial Affliction 
 
Sent us of the Air 
 

When it comes, the Landscape listens 
 
Shadows – hold their breath 
 
When it goes, ’tis like the Distance
On the look of Death 
 

(1861)
C’è un certo frangente di luce,
Meriggi invernali 

Che accascia, come eccesso
Di suoni nelle cattedrali

Come celeste taglio, dà – noi
Non ne troviamo cicatrice,
Ma interno differire,
Dove il senso giace –

Nessuno può divisare – quale 

Tale è il Sigillo Disperazione 

Una imperiale afflizione
Accordata a noi dall’aria 


Quando viene, il paesaggio ascolta 

Le ombre – tengono il fiato 

Quando va, è tale alla distanza
Nell’aspetto della morte 


Per «Slant» avrei voluto usare «diagonale», ma ho preferito «frangente», che richiama «frangia», «frangere», «rifrangere», «diffrangere», «infrangere», (e frangente come momento, occasione, attimo).
Ho scelto l’antiquato «meriggi» non in onore del pallido assorto Montale ma per raccorciare il verso almeno di una sillaba. Piccolo espediente forse utile; forse veniale il peccato retorico.
L’assonanza tra «Heavenly» e «hurt» (e n.b.: «Heavenly» non è «From Heaven») è data da «Co» e «ce» in «Come celeste». La scelta di «taglio» invece di «ferita» va a sovrascrivere un’eco di «frangia» (e viene da una poesia di Giuliano Mesa, che recita «lamina, frangia, intaglio»). «Taglio» e «frangia» si riferiscono anche all’arco semantico del vestire. Oltretutto, sarebbe stato bello istituire un legame tra «ferita» e «differenza», ma non c’è nell’inglese, che ha «Hurt» e «difference». Ho mantenuto però un suggerimento di ferita traducendo «difference» come qualcosa di attivo, agente: «differire».
La rima «scar»/«are» è data tanto da un non bellissimo «cicatrice»/«giace» (è «giace» che non amo; ma funziona), quanto dalla semplice (e imperfetta) assonanza «cicatrice»/«differire».
Usare il più ampio «senso» al posto di «significato» non solo estende la catena semantica, ma permette di ricomprendervi (in forma logica, diciamo) il plurale che non do: sarebbe infatti «Meanings», «significati». Traducendo «None may teach it» con «Nessuno può divisare» ho forzato leggermente il testo. Ciò è funzio nale a rendere in primis una continuità (possibile in inglese) tra «dove il senso giace» e (appunto) «nessuno può divisare». In più, a mio avviso, non è possibile tradurre (senza ridurre) quell’«it». Tanto che l’indefinito/ indistinto si moltiplica e si sfrangia (rifrange) nel successivo «Any», privo di genere. Inoltre, «divisare» fa vaga e non illogica eco a [mettere in] «divisa» [quindi in qualche modo irrigidire, irregimentare, imporre], ma soprattutto significa «indovinare», «scrutare», «capire», e meglio ancora «discernere». Una «cernita»/scelta è in «discernere», ma anche un «viso» è in «divisare». Il viso di «Any», «quale» (chiunque, qualunque: e sarebbe bello poter usare quale-che-sia, se la metrica non ne venisse uccisa). [Tutto quanto appena detto non cancella la razionalità di una lineare resa di «None may teach it» con «Nessuno lo insegna» o «Nessuno sa insegnarlo» o «insegnare» – con «segno» a incastonarsi nel verbo].
Fantasiosamente ma non assurdamente si può vedere in una lettura veloce di «the Air» un «dear». Utile allora, oltre che per segnalare la venuta dall’alto/Aria dell’«Affliction», usare «accordata» (contenente cor/ cordis, quindi un affetto, diciamo; e quell’accordo sonoro che viene anche dalla conclusione – cfr. sopra – della prima strofa, con riferimento alla musica).
Nell’ultima strofa, ho resistito alla tentazione di tradurre «Landscape» con «l’intorno», che avrebbe neanche troppo segretamente fatto da contraltare alla «internal difference». Così come ho resistito a «il terreno» (ciò che è terrestre, terreno, limitato; e la terra, il suolo), forse troppo pesante perché troppo alato. (Ci sono dei vocaboli-icaro che vanno accuratamente schivati, talvolta. Piombano giù, magari nel ridicolo, con la rapidità con cui s’impennano). Bello il suggerimento della Lanati (nell’edizione Feltrinelli), che usa «spazio» – termine leopardiano. «Tale» e «accordata» sono ovviamente leopardiani, daccapo. Ma inoltre – ricorrendo «’tis» due volte – un vocabolo ponte era auspicabile. «Tale» mi è sembrato il più calzante.

 (1333)

A little Madness in the Spring
Is wholesome even for the King,
But God be with the Clown –
Who ponders this tremendous scene –
This whole Experiment of Green –
As if it were his own!


Un poco di follia la primavera
è un toccasana anche per il Re 

ma Dio protegga quel pagliaccio che
questo spettacolo tremendo pondera
– sperimentare questo ricco verde 

come cosa sua!


«Primavera» e «pondera» ripetono la rima all’occhio che è di «Clown» e «own». «Spring» e «King» tornano in «Re» e «che». Il chiasmo arduo «Who»-«this»-«This»-«whole» può forse risolversi in: «questo»-«spettacolo» - «sperimentare»-«questo». Si rispondono a distanza anche «wholesome» e «whole» (e forse «even» e «scene»): ma la traduzione italiana non lo rende se non – vagamente – accostando «toccasana» a «ricco». Utile connotare il pagliaccio con «quel», a marcare il distacco dai «this» che segnalano la proprietà regale: il sovrano possiede la scena della piccola follia, e l’incantamento del verde primaverile: «this … scene», «This … experiment». Da notare che i due «this» contengono la proprietà regale, il possessivo «his» (His Majesty): la «tremendous scene» e l’«Experiment of Green» (non casualmente in rima) sono «del» Re. Il buffone è subito smascherato, invece, nel suo voler possedere: che non si azzardi a pensare che sia «his» / «suo» quello spettacolo tremen do, l’esperire la gioia folle del verde (i possessi, i campi, il potere sulla giovinezza) del Re.
Non è data in italiano neanche la rima «scene» / «Green», qui, in effetti; ma è pur vero che volitano un po’ di utili assonanze fra «tremendo», «pondera» e «verde», con ricorrenze della microsequenza «re». E poi il finale «Come cosa sua» da una parte traduce la stretta – l’abbreviarsi rapido come di rimprovero – del verso inglese, dall’altra offre in sequenza battente e assonante «Come» e «cosa». (Adombrando magari l’opposizione ‘nome’/’cosa’). Questo comporta una rinuncia – da valutare e considerare non definitiva – a una soluzione più rispettosa della lettera: «come fosse cosa sua». Ancora a proposito di «tremendo», che non traduce al meglio «tremendous» (enorme, immenso, furioso): è preferibile ad altre soluzioni, forse, per la traduzione delle «onde» sonore (!) pONDErs/tremENDOus – tremENDO/pONDEra.
Assolutamente intraducibile la sostituzione iniziale che fa di un rituale «God be with the Crown» un sorridente «God be with the Clown». (Tutt’al più, il fatto che il verso italiano si chiuda con «pagliaccio che», in rima con «per il Re», può subliminalmente o solo contortamente suggerire un «pagliaccio re»).



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