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« indietro Terre emerse.
La sezione del festival intitolata «Terre emerse» ha provato a squadernare sotto gli occhi di un pubblico attento e a tratti sorpreso un atlante geopoetico di alcune tra le cosiddette lingue minori. «Letteratura minore»: un’idea sviluppata da Deleuze e Guattari per designare «letteratura che una minoranza fa in una lingua maggiore», la cui caratteristica primaria sarebbe pertanto la «deterritorializzazione» [1]. Ma la poesia, ricordano ancora Deleuze e Guattari, in quanto «lingua di carta» è sempre de-territorializzata; in altre parole, non esiste una lingua privilegiata o egemone per la poesia, così che da questo punto di vista l’aggettivo ‘minore’ finisce col qualificare le condizioni di ogni scrittura poetica in quanto tale. Esistono tuttavia, in senso concreto, lingue meno diffuse, parlate da un numero minore o addirittura molto esiguo di parlanti, che ciononostante marcano una sentita appartenenza culturale. Lingue che raggiungono di fatto una cerchia più limitata di lettori; lingue in cui si traduce molto, ma da cui si traduce assai meno; così come di fatto esistono politiche linguistiche, di mercato e culturali che tendono alla riduzione della molteplicità linguistica a vantaggio di lingue ‘maggiori’ o egemoni.
Tuttavia è proprio tramite la traduzione – ovvero una deterritorializzazione – che i testi possono aprirsi alla ricezione da parte di altre comunità di parlanti, circolando (nel nostro caso) in uno spazio transterritoriale che costantemente si traduce. In tal senso la metafora geologica delle terre emerse ci è sembrata opportuna per riproporre alcuni territori lingui stici ‘minori’ all’interno di un’Europa che non coincide necessariamente con le frontiere nazionali, né tantomeno con quelle dell’UE. Immaginando i punti cardinali della nostra carta geopoetica europea con un centro potenziale e provvisorio in Napoli, si sono così presentati autori del tutto inediti oppure solo parzialmente tradotti in italiano. Questo è avvenuto in forma di letture con gli autori e i traduttori o, laddove ciò non è stato possibile, attraverso la presentazione del traduttore, quando non direttamente in auto-traduzione [2].
Il viaggio comincia a nord, con due ‘piccole’ lingue nazionali di altissima tradizione letteraria quali danese e il nederlandese. Da qui si prosegue verso est, con le poetesse rumene Ana Blandiana – uno dei pochi nomi di questo atlante già in parte noto ai lettori italiani [3] – e Grete Tartler, rumena di formazione plurilingue. Si propone poi la poesia dell’ungherese Márton Kalász e quella della bulgara Mirela Ivanova; due autori che si muovono anche nell’alveo del tedesco, a riprova della stratificata dimensione linguistica e dunque anche identitaria che contraddistingue l’Europa centro-orientale nonostante le tragedie che ne hanno segnato la Storia novecentesca.
Dall’estremo lembo sud-orientale europeo si prosegue affrontando la polifonia che caratterizza da sempre la sua regione più occidentale, la Penisola iberica. Della poesia in catalano, lingua che vanta una vivissima tradizione scritta e una letteratura saldamente legata alla tradizione trobadorica, il poeta e traduttore José María Micó presenta traduzioni dal valenzano Ausias March. A questo affondo storico si affiancano alcune voci poetiche contemporanee di quella «Spagna plurale» (A. Castellucci) che include anche il basco e il galego. L’itinerario attraverso il mondo romanzo tocca poi il nostro confine linguistico con il romancio, storica lingua della Confederazione elvetica oggi schiacciata tra italiano e svizzero-tedesco e confinata alla dimensione intima e familiare.
Infine da sud, dal lembo europeo, meridionale e mediterraneo delle grandi lingue arabo e turco, giunge la voce del poeta curdo Şêxmûs Hesen (Cigerxwîn) a ricordare il dramma dello sradicamento e dell’esilio. Nella poesia contemporanea in afrikaans trovano eco, infine, la complessa realtà linguistica e la difficile eredità post-coloniale europea.
![]() Juan Vespucci, Mappamondo, Siviglia 1526, ms. miniato su pergamena, The Hispanic Society of America, New York, in: Kenneth Nebenzahl, Atlante di Colombo e le grandi scoperte, Milano-Roma, Sugarco 1992. NOTE: ¬ top of page |
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