![]() |
|||||
« indietro GILBERTO ISELLA, Autoantologia, Morbegno, Labos, 2006
Di Gilberto Isella, poeta e critico letterario, condirettore della rivista ticinese «Bloc Notes», abbiamo già recensito la plaquette Fondamento dell’arco in cielo, con disegni di Enrico della Torre, un libretto aereo e leggero, tutto giocato sulla meditazione intorno ai colori, al visibile e all’invisibile, alle forme che si compongono e scompongono. Ma la scrittura di Isella, se pur si concede tal volta alla semplicità e al gioco, come già in Krebs (Cancro, il segno astro logico dell’autore), che raccoglie brevi aforismi, schegge improvvisamente unite in sistema, è piuttosto orientata all’indagine ontologica e, dal punto di vista formale, alla complessità della lingua e delle sue combinazioni sintattiche. Lo dimostra la recente Autoantologia – dapprima anticipata nella rivista-annuario valtellinese Tellus, e poi diffusa anche in forma autonoma. In questa raccolta e selezione di materiali antichi e recenti si possono seguire le varie fasi di ricerca poetica di Isella: la sperimentazione formale, che ha dei forti debiti con le neo-avanguardie dei tardi anni Sessanta, si mostra con una certa evidenza nella raccolta d’esordio, Le vigilie incustodite (1989), che sembra sfidare i limiti del linguaggio, fino quasi all’inaccessibilità. Questo primo libro, accolto con attenzione dalla critica non soltanto locale, ha determinato le indagini successive, che hanno invece privilegiato l’analisi delle forme apparenti del reale, di tutto ciò che di ambiguo l’orizzonte del possibile offre all’occhio umano: come in Apoteca (1996), dove si sondano le capacità visionarie del soggetto, si evocano avventure lungo rotte non protette, «di un io solare ormai quasi innominabile». La lontananza dal referente storico, così come la messa tra parentesi dell’io e delle sue vicende autobiografiche, sarà poi una costante della poesia di Isella, dal bellissimo prosimetro di Discordo (1993), che pur nasce da sequenze reali, ossia dal paesaggio del sud della Spagna, «ma dove lo spettacolo naturale diventa lo sfondo di una riflessione sugli archetipi mediterranei della nostra civiltà»), alle rievocazioni di mondi arcaici e preistorici che si impongono invece in Apoteca (1996), il cui titolo accenna a due funzioni complementari connaturate alla scrittura poetica, quella di farmaco e quella di custodia di remoti oggetti di desiderio. L’Autoantologia ospita anche alcune parti in prosa, con frammenti tratti dalle prose di viaggio di Baltica (1999) e dalla raccolta di Krebs (2000) d’impostazione ludico-grottesca. Nuovi motivi ontologici si trovano poi nelle ultime raccolte poetiche, in Nominare il caos (2001), dove temi già riscontrati precedentemente vengono questa volta riproposti nelle loro valenze caotiche, di straniamento dalla realtà. Una nuova incursione nella leggerezza è quella di In bocca al vento (2005), libretto che amplia tematiche e scelte stilistiche già avviate con Krebs. In Isella abbiamo quasi sempre titoli dai molteplici significati, come Discordo, che irradia in direzioni diverse e che allude alla liberazione dalle convenzioni, ma anche, dal punto di vista formale, alla forma metrica provenzale in uso nel Medioevo; o come In bocca al vento, che manifesta la forza creatrice della parola e nello stesso tempo il suo rovescio e il suo paradosso, ossia la sua forza di dissipazione. Completa l’Autoantologia una sezione di inediti, da Taglio di mondo, nel quale per la prima volta troviamo una concessione alla dimensione del postmoderno metropolita no. Nella poesia che porta il titolo della raccolta vediamo un falò bianco, sul quale vanno a finire immagini barcollanti, che simboleggiano il nostro io. Sopra le cose e i rivestimenti da cui ci sentiamo protetti, come gli armadi e i vestiti, incombe la rovina: «Così dal tanto pendere / scivola quel falò bianco / sulla sua scala a chiocciola, / mai spenta piramide di noi / che fin lassù si proietta, / lastra di cielo o panno / fulminato dentro il vetro / nervino / dell’immagine, / ma già il pensiero / vira le carovane dei vestiti / oltre gli armadi di lattigine / e c’è una gronda, / l’indolente cornice / in qualche ava radura della mente / da dove smonta una rovina chiara / che batte al colmo della sala / tra penombre / e non è che un dettaglio / un taglio di mondo».
Raffaella Castagnola
¬ top of page |
|||||
Semicerchio, piazza Leopoldo 9, 50134 Firenze - tel./fax +39 055 495398 |