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Nuovi poeti russi. Il premio “Poezija 2020”
di Stefano Garzonio
L’edizione 2020 del premio russo “Poesia” ha evidenziato tutta la vitalità della poesia russa contemporanea. I 99 testi di 99 diversi poeti ammessi alla selezione del premio costituiscono in certo qual modo una variegata antologia polifonica della poesia russa moderna (i testi sono tutti risalenti agli anni 2018-2019). Se ne ottiene una visione generale sullo stato dell’arte poetica in russo, anche se comunque bisogna tener conto del fatto che tra i nomi in concorso sono assenti tanti poeti affermati, specie quelli delle generazioni più anziane.
Siamo così di fronte ad una gamma molto ampia di voci - sia in termini di età che di dislocazione geografica. A questo probabilmente contribuisce anche il processo di globalizzazione mediatica, tenuto conto che adesso gli incontri poetici possono tenersi anche nello spazio virtuale e viva è anche la partecipazione di poeti non residenti in Russia. Non è un caso che proprio sul web appaiano da tempo pubblicazioni, riviste, progetti, dibattiti, registrazioni audio di poesia e così via, tanto che si può anche supporre che non ci sia più un unico spazio poetico concreto, ma una moltitudine, e sarà molto difficile per i futuri storici della letteratura descrivere tutto questo nuovo processo creativo.
Vale anche la pena notare quanto sia vario tra i testi presentati l’armamentario poetico. Sono infatti presenti tutte le forme versificatorie - dal tradizionale verso sillabo-tonico al vers libre e alla prosa ritmica. Le opere risultano molto diverse nei contenuti: nei testi della generazione più giovane, ad esempio, risulta evidente l’influenza dell’odierna poesia occidentale sia nella forma, sia nel contenuto, con una chiara prevalenza dei temi civili e politici e la questione dell’identità di genere, il che, tuttavia, non esclude toni lirici, sfumature psicologiche e concretezza di vita.
Nel presente contributo vorrei presentare in versione italiana alcuni dei testi in concorso e introdurre brevemente i loro autori. Ho scelto testi di autori di diverse generazioni, alcuni dei quali già rappresentati in traduzioni italiane, ma con una particolare attenzione per le nuove generazioni. Per comodità applicherò l’ordine alfabetico.
Maksim Amelin (1970)
Nato a Kursk, poeta, critico, traduttore ed editore, Maksim Amelin è una delle figure più significative dell’odierna poesia russa. Definito da Tat’jana Bek “arcaista innovatore”, ha al suo attivo numerosi libri poetici, nei quali coltiva anche le forme tradizionali del poema impiegando procedimenti di stilizzazione e un linguaggio ricco e innovativo. Vincitore del premio nazionale “Poet” nel 2017.
В детстве в Курском цирке я видел Карандаша:
вместе с вечной Кляксой, лохматой мордой,
он по-чарличаплински — в чём душа
держится — выступал походкой нетвёрдой,
фокусникам отстрелявшимся вослед,
в круг арены, из темноты на свет,
где проверял на прочность простые вещи. —
Помню, как вынув — забудешь ли о таком? —
из-под полы, «тарилька» кричал зловеще
и расколачивал вдребезги молотком:
сыпался сор в песок, — вот искусства сила! —
публика рукоплескала и голосила.
Кланялся клоун и за кулисы — стрик,
хлоп — и назад, готов продолжать проделки…
Крепко, болтают, закладывал за воротник:
запертому до выхода — в той тарелке —
в щель под дверью просовывали коньяк
добрые люди. — Не без порока всяк,
кто заключен в обличие человечье,
но посвящен, что во благо, что во вред,
где найдёт целение, где увечье. —
Лишь молотку никаких объяснений нет. —
С Кляксой сложней: неведомо в полной мере
ни чем живут, ни за что страдают звери.
|
Da bambino al Circo di Kursk vidi Matitone
Insieme all’eterno cagnolino Scarabocchio dal
muso arruffato…
Lui alla Charlie Chaplin – su questo l’anima
Si regge, - usciva con passo insicuro
Dopo che i prestigiatori avevano finito di sparare,
sul cerchio dell’arena, dall’ombra alla luce,
dove verificava la solidità di semplici oggetti.
Ricordo come dopo aver estratto, - come dimenticarlo,
Da sotto le falde, “piattino” urlava minaccioso
E lo frantumava in mille pezzi con un martello:
e si spargevano i resti polverizzati, ecco la forza dell’arte!
Batteva le mani e rumoreggiava il pubblico.
Faceva il clown un inchino e dietro le quinte, eh vai!
Applausi, e indietro pronto a continuare i suoi trucchi…
Forte. dicevano, alzava il gomito:
a lui sotto chiave prima di uscire, in quel piatto
da una fessura sotto la porta facevano passare il cognac
dei benefattori, nessuno è privo di vizi.
Chi è rinchiuso in parvenze umane
Certo sa cosa faccia bene e cosa danno,
e dove troverà sollievo e dove ferite,
Solo per li martello non ci sono spiegazioni
Con Scarabocchio è più difficile, non si sa proprio
Né di che vivono, né perché soffrano gli animali.
|
Anton Azarenkov (1992)
Originario di Smolensk, dove insegna letteratura presso la locale università, il giovane poeta ha debuttato nel 2017 con la raccolta «***», tre asterischi, tre stelle (?), nella quale si evidenzia un chiaro orientamento verso la lirica meditativa e una figuratività tutta verticale e eterea. La seconda raccolta, Detskaja sinema, è uscita nel 2019. Il nostro è indubbiamente un lettore originale della poesia di Elena Svarc e di Ol’ga Seda kova, e arricchisce i suoi versi polimetrici di complessi riferimenti e citazioni letterarie e iconografiche. La lirica qui presentata è apparsa per la prima volta nel 2018 sulla rivista “Znamja” (N. 10) e fa parte del ciclo Gde otmyvali černobyl’cev [Dove curavano i reduci di Černobyl’]. Essa si ispira ad una nota illustrazione del Salterio di Luttrell che qui riproduciamo.
Две ягоды
1. Отрок взобрался на дерево,
старую заповедную вишню,
на сто девяносто шестой странице
Псалтири Латтрелла;
забрался и не замечает
садовника, караулящего внизу
с неизбежной дубиной,
и нависающих сверху
острым чернильным дождём
готических литер,
но, сбросив ботинки и ошалев от радости,
набивает щёки, потом — карманы
сладкими-сладкими ягодами…
И ни одной шишки.
Истинно говорят:
возходят до небес
и нисходят до бездн,
душа их в злых таяше...
2. Между левой стеной и правой,
прямо над теплотрассой,
выросла возле Центра медицинской радиологии
огромная белая черешня.
По местной легенде, кто-то
бросил косточку из окна —
с тех пор и тянется это вредное
«радиоактивное» дерево
выше первого этажа,
где празднуют выздоровленье,
выше второго,
где отмывали чернобыльцев,
выше третьего,
где не останавливается обычный лифт,
и четвёртого,
самого светлого — и пустого.
И лет, говорят, ей столько,
сколько и мне: много и вечно мало.
В солнечную погоду
ослепляет разлапистая черешня
пациентов изнанкой своих жестяных листьев,
так что некоторые тут не различают —
то ли кружится голова,
то ли дует с востока незлой и обильный ветер...
Жизнь — это бросок костей
с пятого этажа,
но счастье тому,
кто её попробует.
|
Due frutti
1. Un giovine è salito su un albero,
Un vecchio visciolo padronale,
alla pagina cento e sei
del Salterio di Luttrell;
è salito e non s’avvede
in basso del giardiniere che di guardia sta
con l’inevitabile bastone,
né delle lettere gotiche
che dall’alto, appuntita pioggia d’inchiostro,
incombono,
ma, gettate le scarpe eccitato
per la gioia
gonfia le gote e poi le tasche
di dolci-dolcissimi frutti…
ma non ne guadagna in saggezza.
In verità è detto:
Ascendunt usque ad caelos
et descendunt usque ad abyssos;
anima eorum in malis tabescebat.
2. Tra il muro a sinistra e quello a destra
Proprio sopra le tubature del riscaldamento
È cresciuta accanto al Centro di radiologia Medica
Un enorme bianco ciliegio.
Dice la leggenda del luogo: qualcuno
Gettò un nocciolo dalla finestra
E da allora ecco si protende quel nocivo
Albero “radioattivo”,
Più in alto del pian terreno
Dove festeggiano le guarigioni,
più in alto del primo,
dove curavano i reduci di Černobyl’,
più in alto del secondo,
dove non si ferma l’ascensore in servizio pubblico,
e del quarto
il più luminoso, il più vuoto.
E di anni, si dice, ne ha tanti
Quanti ne ho io: tanti ed eternamente pochi.
Al sole del giorno
Acceca il ciliegio dagli ampi rami
I pazienti con il rovescio delle sue foglie di latta,
tanto che alcuni qui non sanno dire
se sia la testa a girare
o un benevolo e possente vento a soffiare da oriente…
La vita è come gettare noccioli-dadi
Dal quinto piano,
ma è felicità
per chi la prova.
|
Vasilij Borodin (1982-2021)
Tragicamente scomparso di recente, Vasilij Borodin è una delle voci più originali della poesia russa contemporanea. Poeta e musicista, ha al suo attivo numerosi volumi di poesie e si è anche cimentato nella composizione di canzoni d’autore. Attento alle innovazioni sintattiche e grafiche, Borodin sviluppa la sua poesia in toni eleganti e leggeri, scavando nella parola la molteplicità dei suoi inattesi legami e consonanze. La poesia qui proposta è stata pubblicata nel 2019 nella raccolta Mašen’ka. Stichi i opera, 2013–2018 [Mašen’ka. Versi e un’opera. 2013-2018], ed ha anche una versione musicale.
светло в яме
под весом волка рухнул настил
вот — улеглись
листья кружившиеся сперва
светло в яме
вода в доме
тише и тише качается в ведре
дышит большой
и круглый отсвет на потолке
вода в доме
в густом дыме
вертятся рыжие искры вверх
вверху гаснут
серыми точками плывут вниз
в густом дыме
в ночном небе
светлеет звёздная глубина
полной грудью
прозрачный волк дышит и бежит
в ночном небе
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luce nella fossa
sotto il peso del lupo franò il graticcio
ecco si son posate
le foglie dapprima volteggianti
luce nella fossa
acqua nella casa
sempre più muta nel secchio mulina
immenso e circolare
respira un riflesso sul soffitto
acqua nella casa
nel denso fumo
vorticano in alto rosse scintille
in alto si spengono
grigi punti che scorrono giù
nel denso fumo
nel cielo notturno
luccica profondità stellare
e a pieni polmoni
il trasparente lupo respira e fugge
nel cielo notturno
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Danila Davydov (1977)
ванечка, ванечка, папа твой убивает людей
это не страшно, так надо, так что ты не грусти
если решат, что ты годен для этого, когда вырастешь
значит и ты будешь так же себя вести
машенька, машенька, папа твой на работе
бьет дубинкой по почкам и вырывает ногти
но ты не плачь, когда он поздно приходит ночью
мало ли что бывает с людьми на работе
вера петровна, сына ваш вчера был казнен
по приговору международного трибунала
вы не расстраивайтесь, знайте, что он
помнил, как вам идет синее платье
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Vanečka, Vanečka, il tuo papà uccide la gente
Non è così terribile, lo si deve fare e tu non rattristarti
Se decideranno che crescendo anche tu lo puoi fare
Significa che tu pure così ti comporterai
Mašen’ka, Mašen’ka, il tuo papà al lavoro
Col manganello picchia sulle reni e strappa le unghie
Ma tu non piangere quando torna a notte fonda
Tutto può succedere sul posto di lavoro
Vera Petrovna, suo figlio è stato giustiziato
Su sentenza del tribunale internazionale
Non perdetevi d’animo, sappiate che lui
Ben si ricordava quanto le dona il vestito blu…
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Egana Džabbarova (1992)
Originaria di Ekaterinburg, autrice dei volumi Bosfor [Bosforo, 2015], Poza Romberga [Il test di Romberg, 2017] e Krasnaja knopka trevogi [Il pulsante rosso dell’allarme, 2020]. Nella sua poesia predomina un colorito orientalistico e una viva ricerca di identità culturale e sociale nella tensione tra soggettivismo emozionale e rielaborazione storico-politica. La presente poesia è stata pubblicata sul sito dell’autrice: https://atd-premia.ru/2019/07/30/egana-dzhabba rova-2019/
Белое тело России
1. соблазнительное белое тело России беспомощно
лежит,
глажу его по хребту
обнимаю со спины
как ты не замерзаешь тут посреди зимы
и почему лицо твоё прикрыто целлофановым
пакетом?
все поезда одинаково пусты:
временные контейнеры для людей
жестокосердечно жизнь проходится по земле,
ничего за собой не оставляя.
2. в поезде, разрезающем белое тело России,
я говорила с мужчиной,
на плече которого невозможно было не заметить
гигантское родимое пятно
в виде мыши:
оказывается, с таким не берут в армию,
небольшой порез и ты истечешь кровью и нелепо
умрёшь
навсегда
что если кто-то поцарапает тебя,
а я не успею?
3. в том же поезде девочка Софа не хочет спать
её мать безуспешно учит с ней круги и квадраты,
в соседнем купе женщина спрашивает мужа, будет
ли он жрать
в этот момент замечаю, что на голове матери
небольшой круг
необратимое облысение женщины это смерть,
может поэтому она спрашивает Софу: мама
красивая?
и шепотом: красивая мама, да
а между тем подкрадываются звуки как небесные
удочки
вылавливают из сна
со мной говорят сосны, берёзы, столбы
голубое выпито до дна и поэтому все чёрное
мрачное как вдова
в дверях бывшего дома.
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Bianco corpo della Russia
1. Seducente e bianco il corpo della Russia giace
indifeso,
lo carezzo lungo la dorsale
lo abbraccio dalla schiena
come tu geli qui nel mezzo dell’inverno
ma perché il volto tuo è ricoperto da un pacchetto
di cellofan?
Tutti i treni sono egualmente vuoti:
temporanei container per gli umani
la vita con cuore crudele scorre lungo la terra
e niente lascia dietro di sé.
2. nel treno che ritaglia il bianco corpo della Russia
ho parlato con un uomo
del quale non era possibile non notare un gigantesco
nevo
a forma di topo
Questi non li prendono nell’esercito,
un piccolo taglietto e tu spruzzi di sangue e senza
senso muori
per sempre
se qualcuno ti graffierà,
e io non ci riesco?
3. in quel treno la piccola Sofa non vuole dormire
sua madre invano ripassa con lei cerchi e quadrati,
nello scompartimento attiguo una donna chiede al
marito se vuole mangiare
In quel momento io noto, sul capo della madre c’è
una piccola chierica
L’irreversibile calvizie per una donna è la morte,
forse per questo lei chiede a Sofa: è bella la mamma?
E un sussurro: la mamma è bella, sì
E intanto ci colgono di sorpresa suoni come ami
celesti
Che pescano dai sogni
Con me parlano pini, betulle, pali
Fino in fondo è bevuto l’azzurro e perciò tutto è nero
Cupo come una vedova
Sulla porta della casa che fu.
|
Lilija Gazizova (1972)
Originaria di Kazan’, è poetessa e prosatrice. Insegna letteratura in Turchia, presso l’università di Kayseri. Autrice di 17 libri poetici, fa confluire nei suoi versi russi anche il portato della cultura tatara, non a caso il poeta Bachyt Kenžeev ha notato come la struttura sintattica della lingua tartara influisca notevolmente sul ritmo della sua poesia, attribuendole leggerezza e originalità. Fu apprezzata agli esordi da Anastasia Cvetaeva. Il suo vers libre si fa apprezzare per l’eleganza e la musicalità. La presente lirica è apparsa nel 2019 nella raccolta O letčikach Pervoj mirovoj i nekontroliruemoj nežnosti [Sui piloti della Prima Guerra mondiale e l’incontrollabile tenerezza, New York].
Буду смотрительницей маяка,
Нет, лучше женой смотрителя маяка.
Буду вставать на рассвете
И готовить ему простую еду.
Буду смотреть, как он ест,
Молча и неторопливо.
Буду приходить к нему днём
С термосом горячего кофе.
Буду смотреть, как он пьёт его,
Вглядываясь в горизонт.
Буду замечать, как меняется цвет его глаз
В зависимости от его настроения
Или времени суток.
Буду мало знать про него
И не буду стремиться узнать больше.
Вечером буду засыпать в одиночестве,
Не дождавшись его.
Буду видеть сны о кораблях,
Уносящих меня прочь
От чертова маяка...
Буду вставать на рассвете.
|
Sarò a guardia del faro,
no, meglio la moglie del suo guardiano.
Mi alzerò all’alba
Per cucinargli un frugale pasto.
Osserverò come mangia,
in silenzio, senza fretta.
Andrò da lui di giorno
Con un termos di caffè bollente.
Osserverò come lo beve,
fissando con lo sguardo l’orizzonte.
Noterò come muta il color degli occhi suoi
A seconda dell’umore
O dell’ora del giorno
Saprò poco di lui
E non vorrò di più sapere.
A sera mi addormenterò da sola,
Senza aspettarlo.
Ed in sogno io vedrò navi
Che mi portano lontano
Dal faro del diavolo…
Mi alzerò all’alba.
|
Andrej Grišaev (1978)
Poeta pietroburghese, autore di libri poetici e collaboratore dei principali giornali letterari russi, nella sua opera tende a superare gli schematismi e gli automatismi dei metri tradizionali. Con la raccolta Šmel’ [Il calabrone, 2006] si afferma come una delle voci più interessanti della poesia russa del nuovo millennio. La lirica è stata pubblicata all’indirizzo: https://www. facebook.com/story.php?story_fbid=2516694515 012732&id=100000166251757
Я глобус в руки взял, сын в комнату вошел
Колясочку катя, ликуя
В ней маленький седой отец
Герой стихотворений
Сидел как сон
Зима была. Повсюду изумленье
Следы зверочков на снегу
Запутанные, мы в мохнатых шапках
С несуществующим уж десять лет отцом
На лыжах по лыжне искрящейся
Идем вдвоем
Вдыхая носом холод
И выдыхая ртом любовь
Наверное, возможно
Наверное
Идем вдвоем со снегом
Повсюду мой отец
Герой стихотворений
Многих русских классиков
Зима, мороз
И двери торжества
Стоят, открытые
И всех зверков следы
(Зима, мороз, огонь в горячем термосе)
Туда ведут
И щурятся
И плачут, дурачки
И прыгают
И пасти разевают
И руками машут
|
Il mappamondo presi tra le mani, e nella stanza mio figlio
Entrò spingendo una carrozzina e giubilante
In questa il piccolo canuto padre
Eroe delle poesie
Era seduto come un sogno
Era inverno. Ovunque stupore
Impronte di animaletti nella neve
Confuse, e noi con colbacchi pelosi
Con l’inesistente già da dieci anni padre
Sugli sci lungo la pista scintillante
Andiamo in due
Inspirando il freddo con il naso
E espirando con la bocca amore
Davvero è possibile
Davvero
Andiamo in due, la neve
Ovunque mio padre
Eroe delle poesie
Di molti classici russi
Inverno, ghiaccio
E le porte della cerimonia
Di fronte a noi aperte
E le impronte di tutte le bestiole
(Inverno, gelo, fuoco nel termos bollente)
Portano laggiù
E stringono gli occhi
E piangono, piccoli scemi,
E saltano
E le fauci spalancano
E con le zampette fanno ciao
|
Michail Gronas (1970)
Poeta e filologo, da anni insegna negli Stati Uniti. Ha esordito nel 2002 con la raccolta Dorogie siroty [Cari orfani], che gli permise di vincere il premio “Andrej Belyj”. Poeta lirico che lavora con tenacia sulla parola (ad essa si riferisce la qualifica di “orfana”), Gronas ci offre uno sguardo inatteso sul mondo e la parola che tenta di rappresentarlo. La sua lirica è stata definita “una contemplazione stoica della follia dell’universo” (D. Kuz’min). La presente lirica è apparsa sulla rivista “Vozduch” (2019, N. 38).
кап-кап-кап с тяжёлых веток,
солнца кляп в гортани дня.
это так, но это не совсем так,
хорони меня, не хороня.
мы-то знаем то, что знаем мы-то.
выди на балкон, позырь:
там стоит вселенная умытая
и пускает изо рта пузырь.
умирай и умирай и радуйся
и не плачь ни по кому —
потому что ртуть разбила градусник,
потому что грудь пронзила радуга,
потому что потому
|
Plin-plin-plin dai pesanti rami,
del sole un brandello nella laringe del giorno.
E’ così, ma non è del tutto così.
Seppelliscimi senza seppellirmi
Già! Noi sappiamo quel che sappiamo
Esci sul balcone e scruta:
ecco l’universo tutto bello lindo
e dalla bocca rilascia una bolla.
Muori e poi muori e gioisci
E non piangere nessuno
Perché il mercurio ha spezzato il termometro
Perché il petto l’arcobaleno ha trafitto
Perché perché …
|
Julij Gugolev (1964)
Poeta e traduttore. Esordì nel samizdat per poi affermarsi pienamente in epoca post-sovietica. E’ autore di numerosi libri poetici. Voce originale, coltiva nel verso toni colloquiali sviluppando una specifica concretezza delle immagini. Particolarmente attento alle innovazioni metriche e allo sperimentalismo è anche affermato autore di palindromi poetici. Con la presente poesia ha vinto il premio “Poezija 2020”. La poesia è stata pubblicata nella raccolta di Ju. Gugolev, My – drugoj [Noi siamo un altro], Moskva, 2019.
Не дверцу шкафчика, но, в целом, Сандуны,
где причиндалы каждого видны:
болты, отростки, шланги, мотовило…
Какой там трубы – души здесь горят!
Одни проходят, прочие стоят,
и хоть у нас и веник есть, и мыло,
отец бубнит, что мы – другой разряд.
Что проку спорить с ним? – все верно: мы –
другой…
Средь нас – увечные: кто с грыжей, кто с ногой,
с башкой истерзанной, и с телом-самоваром.
Сквозь помутневшей памяти окно
вот в это все стожопое «оно»
ведут меня за сандуновским паром
отцы-мучители, и деды заодно.
В гробу видал я сандуновский пар.
Еще там помню, синий кочегар
при каждом шаге уголь мечет в топку;
и каждый инвалид и ветеран
намыливает свой мясистый кран,
а я на них – все правильно – без толку…
на новые ворота… как баран…
Куда ж ведут нас новые врата?
Куда мы входим с пеною у рта
(точней, без пены – нас уже обмыли)?
Здесь веника неопалимый куст
горит, как тот, в важнейшем из искусств;
и нет чертей, все сами, сами… или
держись за шайку и лишайся чувств.
А шайка наша – деды и отцы.
Какие ж все-т’ки взрослые – лжецы!
Иначе для чего им это нужно,
чтоб человек, который и не жил,
под пиво с воблой (чисто рыбий жир!),
сидел, потел и крякал с ними дружно:
Как вкусно! Как прекрасен этот мир!
Но мы же тут не долго посидим…
Уйдем, как пар, рассеемся, как дым,
навеянный когда-то Сандунами.
И кочегара синяя рука
отправит в топку все, что за века
намылось, напотело между нами.
Но это будет позже… А пока
они сидят на влажных простынях,
раскинувшись, как баре на санях,
рвут плавничок, сдувают пену ловко
среди багровых и счастливых рож.
– Эй, Юликатый, ты чего не пьешь?!
И дед Аркадий, тяпнув «Жигулевского»,
знай себе крякает. И миром правит ложь.
|
Non lo sportello dell’armadietto ma i grandi bagni Sanduny,
Dove di ognuno in bella vista gli attributi:
Bulloni, germogli, canne, arcolai…
Che tubi ci sono, qui bruciano le anime!
Alcuni procedono, altri aspettano,
Ed anche se noi abbiamo spazzola e sapone,
mi mormora il babbo, che siamo di un altro gruppo.
Che pro discutere con lui? È vero, noi siamo di un
altro…
Tra di noi ci sono malconci, chi ha l’ernia, chi zoppica,
chi con la testa ferita e chi ha un corpo-samovar.
Attraverso la finestra dell’intorbidita memoria
Ecco lungo questo coso dai cento culi
Mi trascinano attraverso il vapore dei Sanduny
I padri-torturatori e i nonni con loro.
Ho visto nella bara io il vapore dei Sanduny.
E ancora mi sovviene, un celeste fochista
Ad ogni passo getta carbone nel forno,
ed ogni invalido e veterano
insapona il suo carnoso rubinetto,
e io come loro, tutto come si deve, senza senso…
Verso le nuove porte come un caprone.
Ma dove ci portano le nuove porte?
Dove entriamo con la schiuma alla bocca
(più precisamente senza schiuma, ci hanno già lavato)?
Qui dello scopino il roveto ardente
Brucia, come quello nella più importante delle arti;
e non ci son diavoli, ma sempre i soliti… oppure
afferrati alla banda e privati dei sensi.
E la nostra banda sono i nonni e i babbi.
Ma che bugiardi sono gli adulti tutti!
Altrimenti a cosa serve a loro questo.
Che una persona che non ha proprio vissuto,
bevuta la sua birra con vobla (puro grasso di pesce)
stia seduto a sudare e ansimare con loro in amicizia:
Che bontà! Come è bello questo mondo!
Ma qui non rimarremo a lungo…
Ci dileguiamo come il vapore rarefatti come il fumo,
intriso un dì dei Sanduny.
E l’azzurra mano del fochista
Spedirà nel forno tutto ciò che nei secoli
Si è insaponato, ha sudato tra di noi,
Ma questo sarà poi… Per ora
Stanno seduti su lenzuoli fradici
Distesi come nobili signori sulle slitte,
strappano le pinne, soffiano abili la schiuma
tra faccione rossicce e giulive.
“Ehi! Giuliettino, cosa bevi?!
Anche nonno Arkadij, dopo aver bevuto birra “Zhiguliovskое”,
Sapessi, fa qua qua. E la menzogna governa il mondo.
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Leta Jugaj (1984)
Poeta, filologo e folclorista, originaria di Vologda, autrice di vari libri poetici, tra cui Meždu vodoj i l’dom [Tra l’acqua e il ghiaccio], Gde trava vysoka [Dove l’erba è alta, entrambi del 2010] е Zabyt’-reka [Il fiume Dimenticare 2015], rappresenta una delle più originali voci femminili della poesia russa d’oggi, costruendo i suoi testi su di un complesso intreccio di riferimenti letterari e culturali con una specifica ricerca della lingua anche in chiave etnografica e folclorica. Il testo qui tradotto è apparso sulla rivista “Prosodia” nel 2019.
Статуя
… тако всё, что в мире красно,
тлится напрасно.
Симеон Полоцкий
То, что век не подвержено тленью
К вящему сердца успокоенью,
Света и тепла не созидает,
Жизнь не рождает.
Будто платье, смолоду берегомо,
В шкафу имуществом лепшим зовомо,
К будущему с тщанием наутюжено,
Внукам не нужно.
Ещё подобно башне смотрящей,
Вдали от новостей в лесу стоящей,
Острых ран воителям не врачует,
Века не чует.
Можно уподобить также и белке,
Прячущей орехи, ягоды мелки,
Что свои сокровищницы скрывает.
К зиме — забывает.
Или перепелу, что жиреет средь веток
К радости охотника, кто будет меток.
Так всё, что для вечности лишь творится
Не пригодится.
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La statua
E sì, tutto ciò che al mondo è beltà
Invano si disperde
Simeon Polockij
Ciò che per sempre non è destinato a decomporsi
Per maggior conforto del cuore,
Non crea né luce né calore
Non genera vita.
A guisa d’una veste, fin da giovani conservata,
ritenuta la più bella ricchezza dell’armadio,
Con cura stirata per i giorni a venire,
E che ai nipoti non serve
O ancora, simile a una torre di guardia,
lontana nel bosco da ogni nuova,
non cura le profonde ferite dei combattenti,
e del tempo non ha sentore.
Lo si può anche paragonare a uno scoiattolo,
che raccoglie noci e piccole bacche,
che i suoi tesori nasconde.
E per l’inverno dimentica.
O a una quaglia che s’ingrassa tra i rami
Per la gioia del cacciatore che sarà preciso nel tiro
Così tutto ciò che per l’eternità solo si crea
A nulla servirà.
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Katja Kapovič (1960)
Originaria della Moldavia sovietica, emigrata prima in Israele e poi negli Stati Uniti, è poeta e prosatore in russo e inglese. Ha pubblicato i propri libri in Israele, Russia e USA. È autrice originale di versi di orientamento meditativo, ma anche pubblicistico, che riprendono le forme tradizionali verso un essenzialismo che è stato definito “ascetico”. Qui presentiamo un testo diverso da quello incluso nella lista del premio “Poezija”.
Когда умру и стану тишиной,
бедовою травою жёлто-рыжей,
ты книжицу моих стихов открой
и глуховатый голос мой услышишь.
Поэзией не била я под дых,
мой дар был небольшой весёлой силы.
Сильней себя любила я других,
мне каждому сказать хотелось: «милый».
И верю я, что в двадцать первый век
за лёгкими словами в высшем смысле
найдёшь меня, мой милый человек,
как находила я друзей при жизни.
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Quando morrò e sarò silenzio,
erba temeraria gialla riarsa,
il libricino dei versi miei apri:
Vi sentirai la voce mia sorda.
Poesia donai, non pugni nello stomaco.
Di lieve forza gioiosa visse il mio dono.
Più forte di me ho amato io gli altri,
ad ognuno avrei voluto dire: “caro”.
E credo, nel secolo ventesimo primo,
Dietro parole leggere nel senso più alto
Troverai me, mia cara persona,
come io in vita ho trovato amici.
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Vjaceslav Popov (1966)
Poeta e pubblicista, ha vissuto a lungo a Pietroburgo, dove si è dedicato all’editoria. La sua poesia risente dello sperimentalismo minimalista e si costruisce su una ricerca sperimentale sulla parola. Il presente testo è apparso su “Znamja”, 2019 N. 6.
Декабрь 1940-го
павел николаевич чёрен у окна
павел николаевич череп как луна
в кружке небо невское пальцы на лице
сколько пальцев несколько
шли пешком от невского в полом пальтеце
ледяная карповка мёртвая вода
павел негуляевич больше никогда
лампочка включается лампочка звенит
павел никогдаевич падает в зенит
на столе лежит столбом посреди квартиры
держит небо белым лбом а кругом картины
гроб огромный рёв миров умирайский райский ров
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Dicembre del 1941
pavel di nikolaj è nero alla finestra
pavel di nikolaj teschio qual luna
nel boccale il cielo della nevà dita sul volto
quante dita alcune
a piedi andavano dal nevskij in un corto paltoncino
di ghiaccio il fiumicello Karpovka acqua morta
pavel di Noncamminai mai più
s’accende la lampadina e tintinna
pavel di Nonmai precipita allo zenit
sul tavolo giace come un palo in mezzo all’appartamento
regge il cielo con la bianca fronte e d’intorno quadri
bara immenso grido dei mondi, celestiale fosso paradiesangue…
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Iniziative |
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5 marzo 2025 Il testo-natura. Presentazione di Semicerchio 70 e 71, Roma Sapienza.
22 novembre 2024 Recensibili per marzo 2025
19 settembre 2024 Il saluto del Direttore Francesco Stella
19 settembre 2024 Biblioteca Lettere Firenze: Mostra copertine Semicerchio e letture primi 70 volumi
16 settembre 2024 Guida alla mostra delle copertine, rassegna stampa web, video 25 anni
21 aprile 2024 Addio ad Anna Maria Volpini
9 dicembre 2023 Semicerchio in dibattito a "Più libri più liberi"
15 ottobre 2023 Semicerchio al Salon de la Revue di Parigi
30 settembre 2023 Il saggio sulla Compagnia delle Poete presentato a Viareggio
11 settembre 2023 Recensibili 2023
11 settembre 2023 Presentazione di Semicerchio sulle traduzioni di Zanzotto
26 giugno 2023 Dante cinese e coreano, Dante spagnolo e francese, Dante disegnato
21 giugno 2023 Tandem. Dialoghi poetici a Bibliotecanova
6 maggio 2023 Blog sulla traduzione
9 gennaio 2023 Addio a Charles Simic
9 dicembre 2022 Semicerchio a "Più libri più liberi", Roma
15 ottobre 2022 Hodoeporica al Salon de la Revue di Parigi
13 maggio 2022 Carteggio Ripellino-Holan su Semicerchio. Roma 13 maggio
26 ottobre 2021 Nuovo premio ai traduttori di "Semicerchio"
16 ottobre 2021 Immaginare Dante. Università di Siena, 21 ottobre
11 ottobre 2021 La Divina Commedia nelle lingue orientali
8 ottobre 2021 Dante: riletture e traduzioni in lingua romanza. Firenze, Institut Français
21 settembre 2021 HODOEPORICA al Festival "Voci lontane Voci sorelle"
11 giugno 2021 Laboratorio Poesia in prosa
4 giugno 2021 Antologie europee di poesia giovane
28 maggio 2021 Le riviste in tempo di pandemia
28 maggio 2021 De Francesco: Laboratorio di traduzione da poesia barocca
21 maggio 2021 Jhumpa Lahiri intervistata da Antonella Francini
11 maggio 2021 Hodoeporica. Presentazione di "Semicerchio" 63 su Youtube
7 maggio 2021 Jorie Graham a dialogo con la sua traduttrice italiana
23 aprile 2021 La poesia di Franco Buffoni in spagnolo
22 marzo 2021 Scuola aperta di Semicerchio aprile-giugno 2021
19 giugno 2020 Poesia russa: incontro finale del Virtual Lab di Semicerchio
1 giugno 2020 Call for papers: Semicerchio 63 "Gli ospiti del caso"
30 aprile 2020 Laboratori digitali della Scuola Semicerchio
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