|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Saggi e testi online |
|
|
|
|
|
Visits since 10 July '98 |
|
|
|
|
|
« indietro
JEAN-PIERRE MILOVANOFF
Jean-Pierre Milovanoff, di origine russa, è nato a Nîmes e vive nel sud della Francia. Autore di una decina di romanzi a partire dagli anni Settanta, ha avuto molteplici riconoscimenti, tra cui il «Prix Joseph-Delteil» e il «Prix France Culture» per La splendeur d’Antonia (Julliard, 1996), il «Prix Goncourt des lycéens» per Le maître des paons (Julliard, 1997). Tra le sue ultime produzioni romanzesche si menzioneranno L’Offrande sauvage (Grasset, 2000), Auréline (Grasset, 2000) e La mélancolie des innocents (Grasset, 2002). Celebre il racconto Russe blanc, dove l’autore rievoca la propria infanzia e dipinge la figura capitale del padre (Julliard, 1995). Altrettanto viva è la sua vena teatrale (Cinquante mille nuits d’amour et autres pièces, Julliard, 1994; Ange des peupliers, Julliard, 1997), cui si aggiunge la raccolta di cronache e meditazioni sulla vita, l’arte, la letteratura dal titolo Presque un manège (Julliard, 1998). Benché abbia pubblicato tre raccolte propriamente poetiche (Borgo Babylone, Unes, 1997; La ballade du Lépreux, Unes, 1998; Noir devant, Seghers, 2001), Milovanoff fa dell’unicità sostanziale della vena creativa una necessità interiore ed il presupposto stesso della sua scrittura. Come unica scaturigine di un pensiero primitivo, complesso e fondatore, le forme si mescolano, si ibridano; tale fenomeno metabolico si riscontra in ogni sua opera, dove versi si intercalano a forme narrative, e una vena teatrale, drammatica e dialogica, si innesta nei testi poetici o nei romanzi. In questa viva contaminazione tra le forme riconosciamo la grande autenticità di una scrittura in cui elementi ritmici, patetici, parodici o drammatici attingono alle più ancestrali risorse dell’immaginario collettivo. A dispetto di un’artificiosità formale mutuata dal canone letterario, l’opera intera di Milovanoff testimonia dell’essenziale metamorfismo e ‘mimetismo’ della voce poetante nelle sue diverse e cangianti figurazioni; della risorgenza di un mythos (canto, dramma, racconto) che rivendica la forza plastica di un dettato mai riducibile alla concettualizzazione.
Presentiamo qui, nelle traduzioni inedite di Marie-Claude Charras [M.C.CH.], Marco Lombardi [M.L.] ed Eliana Terzuoli [E.T.], (1) estratti scelti di Noir devant (Seghers, 2001) e Borgo Babylone (Unes, 1997).
Michela Landi
(1) I diversi testi, tradotti sia separatamente, sia congiuntamente, saranno contrassegnati dalle rispettive sigle dei traduttori.
Da Noir devant
CHANSON D’AVRIL
Un matin d’avril, à Paestum, la bien-aimée,
par pressentiment ou terreur panique,
à l’instant où j’allais lui dire mon amour,
appliqua la main sur ma bouche.
Et ce fut comme si ma face avait glissé
sous le talon sourd d’une bête
et que je fusse condamné
à ne pas sublimer l’amour
Toi, ma Circé, couronnée de poisons,
longtemps après ce deuil étrange,
te souviens-tu que j’ai voulu dormir
un an entier, au milieu des pourceaux ?
Ô moissonneur à la tombée du jour,
coupe un coquelicot pour ma maîtresse!
Matelot, apporte-le-lui,
par-delà la mort immortelle.
VOCERO
Pie grièche! Pie grièche
dans le champ des moissonneurs!
Va demander à mon frère
s’il se souvient de sa sœur.
Pie grièche! Pie grièche
dans le champ des moissonneurs!
Dis-lui qu’un homme m’emporte
là où ne poussent les fleurs.
Pie grièche! Pie grièche
dans le champ des moissonneurs!
Je ne veux pas qu’il me venge
ni même qu’il verse des pleurs.
Pie grièche! Pie grièche
dans le champ des moissonneurs!
Qu’il cuise un pain de farine!
Qu’il le mange avec mon cœur!
MIRLITON
Hiver aveugle.
Printemps sourd.
Même la lune
pèse plus lourd
sur les épaules
du bon à rien.
Il marche et tombe
dix fois par jour.
Mais l’herbe file
à son secours
quand il trébuche
contre les morts.
Dans les collines
un chien le suit
puis l’abandonne
pendant la nuit
à la vindicte
d’un rêve ancien
où toujours souffle
sur son cœur gourd
la brise claire
d’un long amour
qui rend perplexe
le bon à rien.
|
CANZONE D’APRILE
Un mattino d’aprile, a Paestum, la ben-amata,
per presentimento o terror panico,
proprio quando stavo per dirle il mio amore,
mi posò la mano sulla bocca.
E fu come se la mia faccia fosse scivolata
sotto il tallone sordo di una bestia
e fossi condannato
a non sublimare l’amore.
Tu, mia Circe, incoronata di veleni,
a lungo dopo questo lutto strano,
ti sovvieni che ho voluto dormire
un anno intero, in mezzo ai porci?
O mietitore al calar del giorno,
taglia un papavero per la mia donna!
Marinaio, portaglielo,
al di là della morte immortale.
[M.L.]
VOCERO
Gazza ciarliera! Gazza ciarliera
nel campo dei mietitori!
Va’ a chiedere a mio fratello
se si ricorda di sua sorella.
Gazza ciarliera! Gazza ciarliera
nel campo dei mietitori!
Digli che un uomo mi porta là
dove non spuntano i fiori.
Gazza ciarliera! Gazza ciarliera
nel campo dei mietitori!
Non voglio che lui mi vendichi
e neppure che pianga per me.
Gazza ciarliera! Gazza ciarliera
nel campo dei mietitori!
Che cuocia un pane di farina!
E che lo mangi col mio cuore!
[M.C.CH.]
PICCOLI VERSI
Inverno cieco.
Primavera sorda.
Persino la luna
pesa di più
sulle spalle
del buono a nulla.
Cammina e cade
dieci volte al giorno.
Ma l’erba fine
lo soccorre
quando inciampa
nei morti.
Per le colline,
un cane lo segue,
poi l’abbandona
durante la notte
alla condanna
di un sogno antico
dove sempre soffia
sul suo cuore freddo
la brezza chiara
di un lungo amore
che lascia perplesso
il buono a nulla.
[M.L.]
|
Da Borgo Babylone
RUMEUR A BORGO BABYLONE
Ici, à Borgo Babylone, le bruit court
qu’un ancien garde du palais, trafiquant
d’argile notoire, aurait décidé de lotir
les sept collines qui protègent notre Cité.
Or c’est là que nous enfouissons les morts
un à un: nos sœurs avec leurs atours
et leurs voiles, nos frères nus, recroquevillés
dans des jarres.
Lorsqu’une rémission de nos fatigues
nous conduit sur ces pentes rouges,
il nous plaît de sentir le ciel
autour de nos fronts comme un fleuve,
et la rouille dans l’eau et la pluie
sur nos yeux.
Et nous rêvons que nous n’avons jamais
goûté le lait infecté de l’enfance.
Jamais quitté un ventre pour une bouche.
Une bouche pour des cailloux.
C’est pourquoi si cette rumeur se confirme,
ici, à Borgo Babylone...
L’enfant qui dort en moi,
l’enfant perdu
l’enfant qui dort entre les pieds
du Dieu de pierre,
l’enfant qui dort sous le soleil
gris comme un lac
l’enfant qui dort en moi
qui ne dors pas
à son réveil en moi,
l’enfant perdu
sera-t-il un mortel
l’enfant qui dort
ou le Divin couronné de fourmis?
|
VOCI A BORGO BABILONIA
Qui, a Borgo Babilonia, corre voce
che una vecchia guardia del palazzo, noto
trafficante d’argilla, avrebbe deciso di lottizzare
le sette colline che proteggono la nostra Città.
Ora, è li che seppelliamo i morti,
uno a uno: le nostre sorelle con gli abiti più belli
e i veli, i nostri fratelli nudi, raggomitolati
nelle giare.
Quando una pausa dalle nostre fatiche
ci conduce su questi pendii rossi,
ci piace sentire il cielo
attorno alla fronte come un fiume,
e la ruggine nell’acqua e la pioggia
sugli occhi.
E allora sogniamo di non aver mai
gustato il latte infetto dell’infanzia.
Mai lasciato un grembo per una bocca.
E una bocca per dei sassi.
Per questo, se le voci si avverano,
qui, a Borgo Babilonia...
[E.T.]
Il bambino che dorme in me,
il bambino perduto,
il bambino che dorme ai piedi
del Dio di pietra,
il bambino che dorme sotto il sole
grigio come un lago,
il bambino che dorme in me
che non dormo,
al suo risveglio in me,
il bambino perduto
sarà un mortale
il bambino che dorme
o il Divino incoronato di formiche?
[M.C.CH./M.L./E.T.]
|
¬ top of page
|
|
|
|