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RAYMOND FARINA

 

R. Farina, poeta e traduttore nato ad Algeri nel 1940, vissuto in Francia (dove si è laureato in filosofia) ed attualmente residente in una delle isole mascaregne, l’île de la Réunion, ha pubblicato suoi testi in prestigiose riviste francesi e francofone («Sud» «Europe», «La Nouvelle Revue Française», «La Revue de Belles Lettres», «Le Journal des poètes», «Po&sie», «Poésie présente») e italiane («Michelangelo», «L’area di Broca»). Ha pubblicato, dagli anni Ottanta, numerosissime raccolte, tra le quali menzioniamo: La prison du ciel (Rougerie, 1980), Le rêve de Gramsci (J.M. Laffont, 1981), Archives du sable (Rougerie, 1982), Fragments d’Ithaque (Rougerie, 1984), Anecdotes, (Rougerie, 1988), Epitola Posthumus (Rougerie, 1990, con la quale ha vinto il Premio Thyde Monnier nel 1991), Sambela (Rougerie, 1993), La sagesse des sables (Rougerie, 1996), Exercices (L’arbre à paroles, 2000). Ha tradotto, dall’inglese: S. Dubroff, D. Levertov, E. Pound, J. Rothenberg, W. Stevens; dallo spagnolo: M. V. Atencia, L. A. de Cuenca, C. Janes; dal portoghese, N. Judice, C. Nejar, A. O’Neill, A. Osorio; dall’italiano: A. Anedda, M. Bettarini, V. Lamarque, V. Magrelli, G. Raboni, A. Zanzotto e, in collaborazione con B. Farina, Margherita Guidacci e Vittorio Sereni.

 

In occasione dell’uscita di una sua antologia in Italia dal titolo Italiques (1980-1995), con traduzione a cura di E. Coco (Murcia-Foggia, «I quaderni della valle», n. 42, 2003, pp. 87; collezione non in vendita, a tiraggio limitato: emilio.coco@tiscali.it), presentiamo una trilogia, tra gli inediti da lui proposti a «Semicerchio», ispirata al Libro di Giona.

 

 

I

 

«C’est ce que j’ai prévu d’abord & c’est

pour cela que j’ai fui à Tharsis».

(Jonas, 4, 2)(1)

 

Je ne veux pas porter

ce moi trop grand pour moi

je veux un moi modeste

avec un cœur léger

qui ne se dédit pas

ni ne se contredit

- n’ayant rien à prouver

& n’ayant rien promis –

 

un moi qui cache en lui

ses saisons ses repères

sa magique chronologie

qui fait dimanche d’un lundi

qui fait de la lune soleil

& désordonne son trajet

selon ses frivoles critères

 

Voilà pourquoi j’ai décidé

fantôme fluide insaisissable

d’échapper à ce rôle

de fuir au lieu de faire

 

 

 

(1) [N.d.T.: “Propter hoc praeoccupavi ut fugerem in Tharsis” (Vulgata)].

 

 

 

II

 

Mais quelle faute ai-je commise?

 

Un trop de clairvoyance

qui m’a fait percevoir

ce qui se passerait

dans l’ordre monotone

où vous seriez colombe

messagère de mort?

 

L’audace d’avoir congédié

les tutelles de toutes sortes

ou celle plus grave encore

d’avoir voulu mettre à l’épreuve

celui qui croyait m’éprouver

d’avoir eu dans mes plans

son échec & le mien

d’avoir cherché la solution

quand il fallait chercher la paix?

 

 

III

 

Dois-je m’en prendre au lierre

qui me faisait de l’ombre?

ne dois-je pas le plaindre

d’avoir perdu la vie

quand moi j’ose me plaindre

d’avoir perdu son ombre?

 

Dois-je m’en prendre au ver

ou m’en prendre à celui

qui le mit dans le lierre

infime grain de mort?

 

Dois-je m’en prendre à moi

qui me suis dévoyé

pour que ma voie ma vie

demeurent vraiement miennes?

 

I

 

Non m’affrettai per questo a fuggire a Tharsis?

(Giona, 4, 2)

 

 

Non intendo portare

questo me per me troppo grande

è un modesto me che voglio

col cuore leggero

che mai si disdice

né si contraddice

che non ha da dar prove

né da tener promesse –

 

un me che in sé nasconde

le sue stagioni i riferimenti

la magica cronologia

che fa domenica d’un lunedì

e della luna il sole

& aberra dal tragitto

con frivoli criteri

 

Ed è perché ho deciso

fluido fantasma imponderabile

di scampare a quel ruolo

e, anziché fare, fuggire.

 

 

 

 

 

 

 

 

II

 

Ma che colpa ho mai commessa?

 

Un eccesso di veggenza

che mi ha fatto indovinare

quel che accadrebbe

nell’ordine monotono

in cui colomba sareste

messaggera di morte?

 

L’audacia d’aver congedato

tutele d’ogni sorta

o quella ancor più grave

d’aver voluto mettere alla prova

colui che provarmi credeva

d’aver avuto nei miei piani

la mia & la sua sconfitta

d’aver cercato la soluzione

dove è la pace che si chiedeva?

 

 

III

 

Dovrei rifarmela con l’edera

che mi faceva ombra?

Dovrei rimproverarla

d’aver perso la vita

se io stesso mi rimprovero

d’averne perso l’ombra?

 

Dovrei rifarmela col verme

o rifarmela con chi

lo mise dentro all’edera

seme infimo di morte?

 

Dovrei rifarmela con me

che ho da me deviato

perché la via e la vita

restino mie davvero?

 

 

[Trad. di M. Landi]

 


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