« indietro MARINA CORONA
IL SEGRETO
Come talvolta un uomo passa e per caso acceca, chissà perché l’alone luminoso come folgore che riposa sfiamma – non volgerai mai gli occhi altrove per questa polvere che ti soffio e ti fa tenebra se non alla mia selvatica fosforescenza e taci, se ti ho rubato la tua stella taci, me ne faccio un fiore nella mia serra cuore stretta un cuore donna per me perché sono vincitore di stelle – E va, tra noi è questo l’infinito, mai la guancia nel cavo di quella mano come peluria di pesca in assoluto riposo sonno perché lì vuole dormire per un sogno solamente lì nella mano mai. Zitta zitta. Questo segreto sono una o siamo in due a tenerlo? Non so. È un segreto troppo segreto per saperlo.
LA PAROLA
Se due anime si sfiorano brucia perché può aprirsi il tempo celeste pulviscolo d’azoto dove trasvola l’angelo demente troppo ampia la veste cieco ti trascina passando non lascia nella casa più che l’eco del nome che le tue cose tengono piangendo polvere abbandonata, è il sacro tempo della ferita e del volo allora le anime si chiudono fissano dure si fanno le boccacce occhi secchi di strega e di lupo rizzano dita nascoste in scongiuri si mostrano rosse le lingue a minaccia si provano in parole arruffate in camuffata voce poi non parlano più mai più perché non osi la parola ‘amore’ feroce questo varco.
VESPRO
La sera la chiamiamo sera per gli occhi vasti che dicono addio, gli uomini accendono il lume per non farsi d’aria altre la riva verde della luna pipistrelli o matti è lo stesso non più somiglianti comunque non più con quelle impronte sulle dita slavati, i capelli ritti, le braccia in croce così volano gli uomini la sera, tanti ne volano via, il lume è un volto dice dell’attesa, il destino di tenere la terra coi piedi perché non scivoli e svuoti la casa, dice alla donna «il lume è nelle tue dita tessi lo scialle, taci, i morti alle fondamenta di giorno benedicono la casa di notte urlano perché non sanno più, i morti ciechi soffrono la notte per quella loro terra che gli si fa nemica, tessi lo scialle per il bimbo nella culla lui solo sente urlare lui solo mezzo bimbo e mezza terra ancora per poco ancora per poco avrà gli occhi azzurri ancora per poco resisterà la sera».
DISSONANZA
È la nota dissonante l’astro caduto nel cortile di cemento e spento che chiede di fiorire, primavera in bianco e in rosa nei peschi e nei ciliegi tremanti, Milano è questo morire a fianco, testa mozza piombata dal cielo nel rettangolo di quattro muretti medusa decapitata di lato ai cassonetti che si divincola ancora e la bandiera della fioritura a tutti promette un’aurora oltre i vetri oltre lo specchio oltre il dito morsicato a sangue bendato col fazzoletto.
SORELLA
Sorella dell’acqua Mariella, come hai scosso quattro volte la testa e fatto dei tuoi capelli una benda per la piatta cecità? Non sapevi che giovane come campana saresti rimasta nel pallido e nell’immobile tutta tua per loro a te amanti radiosa di un’alba che li faceva neri, ombre nero lacrimanti? Non era tuo il laccio che hai annodato al polso per alzare la mano a schermare nubi trafitte e ciarliere foglie abitate e altro di mondo che ti rullava addosso e tu «No, non quel vestito che mi avete preparato cucito e stirato che mi sa di ferro come i ceppi delle scarpe» Mariella improvvisa sorella baleno che hai rubato a noi nostra la miserabile occhiuta.
MISERICORDIA
Verrà la pioggia alle porte acqua tra cielo e cielo filtrata mitissime dita si poseranno sulla ferita e un fiato sarà l’estate aperta fontana lontana sarà la guerra che il midollo traduce in sferza per il dolore di tanti che ci morde e ci fa pupi in mortale andatura, saremo in due sull’altura che l’estate non rompe né abbacina rivedremo i frutti lucerne degli alberi ricchi verrà la pioggia al nostro lupanare d’assi che la burrasca assedia e una luna senz’ossi e tu che hai fra le mani filo piègati chiamami fratello chiamami fratello anche nell’inguine chiamami col nome che rimbalza a te dalla fronte.
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