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PO&SIE, Revue trimestrielle, n. 103, 2003. Editions Belin, 8, rue Férou, 75278 Paris Cedex 06, www.editions-belin.com.
Impostata sulla doppia vocazione del suo noto animatore, Michel Deguy, la rivista si fa portavoce di un approccio filosofico alla poetica, richiamandosi in buona parte all’eredità idealistica tedesca. La sua tradizione di grande levatura culturale si riconferma in questo numero che si avvale, oltretutto, di due bellissimi scritti inediti di Dragonetti su Dante e Joyce. Suddiviso in due parti, il numero vede una prima sezione dedicata ai testi (è la volta di otto poeti olandesi, presentati nelle traduzioni di D. Cunin, K. Coumans, J. H. Mysjkin, P. Gallissaires e K. Andringa, cui si associa un testo critico di C. Mouchard sulla «destruction des Juifs hollandais» in J. Presser) e una seconda riservata a interventi teorici di poetica e filosofia. Di particolare suggestione, in questa sezione, risultano i tre scritti di C. Malabou, studiosa vicina a Derrida, sulla «plasticité», che muovono dal concetto hegeliano di ‘sofferenza’ e ‘dialettica’ della forma già da lei trattato in due precedenti saggi. Nel rilevare l’emergenza, nella Fenomenologia dello spirito, del concetto (la plasticità’) dal puro predicato (‘plastico’), essa individua in questa transizione un assunto centrale del pensiero moderno e lo applica, nel secondo intervento, al caso degli ex-voto in quanto riproduzioni, in cera, di una parte del corpo sofferente (e quindi, ‘trasmutante’). Lo stesso concetto invita ad una ulteriore riflessione, sviluppata nel secondo scritto della serie, sulla «déconstruction du christianisme». Qui, C. Malabou si ispira alle formulazioni dell’ultimo Derrida sul primato moderno del tatto come mediazione della conoscenza mistica. Meno originale, rispetto ai due precedenti, quello sulla decostruzione linguistica in Pierre Guyotat. Il saggio di R. Pensom sulla metrica francese è invece volto ad avvalorare la tesi dei cosiddetti «accentualistes» (sostenitori di un’alternanza dell’accento come categoria prosodica principale del francese) di contro a quella dei «syllabistes» (difensori di un isosillabismo come unico tratto pertinente), adducendo esempi del «verslibrisme» tardo-ottocentesco. Per venire, infine, ai due saggi di Dragonetti, il primo è un commento ai canti XVIII-XX del Paradiso dantesco, con particolare riferimento alla grammatica mistica del Poeta (il valore en abyme del segno grafico come pittogramma reale e simbolico), dove si fanno interessantissimi riferimenti alla mistica pitagorica e platonica del numero ordinatore dell’universo, oltre che al particolare statuto ‘pittografico’ della littera, da cui prenderanno le mosse tutte le speculazioni settecentesche sull’emblema e il geroglifico. Il secondo scritto, dal titolo «Il maestro di color che sanno» (Inf. IV, 131), rileva la curiosa accezione con cui Joyce ha accolto il pronome «color»; ovvero, nel suo significato di ‘colore’, intessendovi tutta una metafisica della parola come mistica ‘rifrazione’ del bianco.
(Michela Landi)
SEPTIMANIE. Le livre en Languedoc-Roussillon. Revue trimestrielle, n. 12, mars 2003. E-mail: septimanie-crl@crlanguedocroussillon.fr
Malgrado l’intestazione, che si vuole poco pretenziosa (ispirandosi al modello della «gazette» a basso costo), questa rivista di ispirazione occitanica promossa dal Centre Régional des Lettres della regione Languedoc-Roussillon vanta, oltre ad una preziosa veste grafica, un comitato editoriale di rilievo che, pur saldamente impiantato nelle radici meridionali della cultura francese, si apre con grande vivacità e approfondimento critico alle problematiche del rapporto tra identità e pluralità. L’impostazione, prevalentemente sociologica, è evidenziata sia dall’editoriale di Gil Jouanard, suo principale animatore, sia dal «libre propos» di Robert Lafont, uno dei più noti filologi e sociologi della cultura occitanica. In entrambi i casi si affronta, sul piano sociopolitico, la questione peculiare della realtà francese, ovvero quella della «centralisation » intorno all’area parigina, nelle sue implicazioni ‘poietiche’ e nei suoi risvolti editoriali. Si rivendica, in particolare, oltre al diritto all’autonomia del pensiero e dell’azione (affinché le modalità di rapportarsi con l’altro non siano più mediate dal ‘potere centrale’ – e dalle sue istituzioni culturali – ma siano frutto di una autentica e diretta ‘reciprocità’), un riequilibrio dei mezzi di diffusione delle culture di Francia, fortemente sminuite dalla ‘rappresentatività’ linguistico-culturale dell’area parigina e della sua prerogativa ‘repubblicana’. Mentre Jouanard ricorda l’appartenenza di Char, Ponge, Reverdy, Follain, Breton, Michaux, Artaud, all’area culturale meridionale, ampio spazio è riservato, in questo numero, alla poesia. Un ricco dossier è dedicato a Joë Bousquet, ricordato in un’intervista di Joseph Rouzel a Ginette Augier (recentemente scomparsa), una delle più importanti figure femminili che gravitarono intorno alla «chambre» in cui il poeta visse, dopo la ferita di guerra che lo paralizzò, per trent’anni. Lo struggente amore tra l’uomo infermo e la giovane fanciulla (testimoniato dalla bellissima corrispondenza pubblicata con il titolo di Lettres à Ginette) è qui ricordato dalla protagonista, cui seguono altre testimonianze di persone a lui vicine. Ad un articolo di Claude Leroy su F.-J. Temple e la sua ‘totemica’ «limule», segue quello di Serge Velay su René Char, incentrato sul rapporto tra poesia e politica, in una «indéfectible conjonction entre esthétique et éthique», tale che «il n’est pas un poème, pas une phrase [...] qui ne témoigne de ce que la forme naît des noces brutales du logos et du pathos»; quello che Velay definisce, sinteticamente, «un style». Un altro ricco dossier (preceduto da versi di F. Ducros in memoria di A. Du Bouchet) è dedicato a Pierre Reverdy, «le plus languedocien des écrivains», secondo la formula di Jouanard. Un testo di H. Deluy, infine, lo ricorda nel suo percorso poetico verso il ritiro spirituale presso l’abbazia di Solesmes. Chiude il numero una nutrita sezione relativa a novità editoriali, riviste incluse.
(Michela Landi)
ACTION POETIQUE, nn. 164, 165, 167-168, 2001-2002. Redazione: 3, Rue Pierre Guignois, 94200 Ivry-sur-Seine. Farrago/Leo Scheer éd.
Questi tre numeri della rivista, di cui uno doppio, perseguono le loro mire internazionali, pur con la sensibilità tutta «francilienne» che li caratterizza (i testi sono presentati solo in traduzione francese). Il primo numero, in ordine cronologico, si apre con un ricordo di André du Bouchet da parte di C. Adelen, seguito da un intervento di Maurice sulla traduzione di Brecht. Un dossier speciale è dedicato alla poesia danese, cui si aggiungono testi di J. Julien Guglielmi, J. Demarcq, Marie Rousset. Un ampio spazio è riservato alle «Chroniques», la cui formula è un pastiche tra «compte-rendu» e intervento creativo sull’opera in questione. Il n. 165 si apre con la riproduzione manoscritta di un bel testo di B. Noël (Poème d’attente), cui seguono due interventi: uno di Maurice su Hugo, l’altro – piuttosto un’invettiva del più puro stile di M. Deguy – contro l’‘impunità’ critica di Meschonnic (la ragione è il sempre più rigido dogmatismo del poetologo che rifiuta, al dire di Deguy, ogni scuola di pensiero che non sia la propria). Il dossier principale è questa volta dedicato ai poeti indigeni del Messico. Ma, mentre anche in copertina si allude alla varietà linguistica di queste produzioni (unica nominale ‘sopravvivenza’ delle lingue «nahuatl, zapotèque, maya, tojolabal, mazatèque»), i testi sono, come di consueto, presentati nella sola traduzione francese. La ‘mania’ sonettistica di Roubaud si riconferma nel numero doppio, che presenta in anteprima una scelta, a cura dello stesso poeta, di sonetti precedenti al 1914 (tra cui quellidi Hérédia, Allais, Mendès, Renard, Tailhade), destinata ad essere proposta in una silloge di prossima pubblicazione dedicata alla forma-sonetto in Francia tra il XIX e il XX secolo. Un ampio dossier, con ben dodici interventi, è dedicato alla poesia di Jean-Pierre Faye. Si sottolinea la sua vena molteplice, la sua ispirazione ‘figurativa’ e metagrafica, il suo slancio parodistico nei confronti della tradizione prosodica nazionale, nonché la forza di iscrizione della sua voce nel testo. Sul piano tematico, si evidenzia la sua propensione per la concettualizzazione della plasticità (Verres) e dello scambio, che dette anche il titolo ad una omonima rivista da lui animata («Le change»). Seguono testi di Gertrude Stein, T. S. Eliot (e qui l’inglese fa invece la sua comparsa, in compresenza ‘dialogica’ con il francese). Segue una corposa sezione dedicata a undici nuovi poeti, ed una, consueta, di cronache (recensioni ‘creative’).
(Michela Landi)
MAGAZINE LITTÉRAIRE, n. 421, juin 2003. 4, rue du Texel, 75014 Paris. www.magazine-litteraire.com; e-mail: magazine@magazine-litteraire.com
Questo noto mensile di informazione letteraria, la cui formula intermedia tra la critica accademica e la divulgazione continua a riscuotere ampio consenso internazionale, fa seguito al recente numero speciale di «Europe» (nn. 890-891, juinjuillet 2003) per festeggiare, in occasione dei suoi ottanta anni, Yves Bonnefoy(1). Il dossier, corredato di una bella iconografia, di una nutrita bibliografia e di una cronologia delle opere, presenta ben quattordici interventi critici, nonché un inedito del poeta, dal titolo Une pierre. Di particolare rilievo è l’entretien tra Bonnefoy e Starobinski, intorno ad una delle opere capitali di Bonnefoy, L’arrière-pays, dove si uniscono in una unica contemplazione, immagine e parola. Nell’intervista curata da R. Kopp, invece, Bonnefoy ripercorre criticamente il suo itinerario, ricordando l’iniziale adesione al surrealismo nonché l’ammirazione per Valéry di cui seguì le lezioni, l’entrata al Collège de France, e la sua scelta di tradurre Shakespeare. Ricordando la ‘riduzione’ della poesia a pura fenomenologia della parola nel pensiero sartriano, Bonnefoy osserva che «la poésie n’est pas identifiable à une vérité formulable, elle n’est que le soc qui retourne le sol où la pensée ensemencera, pour des vérités qui resteront relativesaux situations de la vie sociale». Egli osserva,altresì, rilevando la crisi attuale della democrazia in Occidente, la stretta correlazione tra poesia e democrazia, giacché, come egli scrive, il lavoro della poesia è quello di relativizzare i sistemi di lettura che il pensiero concettuale istituisce e di rivelare, al di là di una ristretta cittadinanza ed appartenenza culturale, l’alterità possibile di ciascuno. Altra modalità di sperimentare l’infinità dei possibili è quella della traduzione, lettura assoluta nell’hic et nunc storico in cui viene penetrata. Tra coloro che hanno ricordato aspetti della sua poetica e l’amore dei suoi maestri (Baudelaire, Mallarmé, Valéry) figurano, tra gli altri, J. Clair, P. Alechinsky, M. Olender, J.-M. Maulpoix, P. Brunel, M. Jarrety. Da rilevare, inoltre, in questo numero, un’intervista con Michel Le Bris, principale animatore dell’oramai noto festival letterario «Etonnants voyageurs» di Saint Malo (7-9 giugno 2003; www.etonnantsvoyageurs. net), nonché un saggio di Régis Debray («Penser le religieux»).
(Michela Landi)
Si segnala, nel giugno 2003, l’uscita del primo numero di «Agotem», rivista di poesia francofona, animata, fra gli altri, dal poeta africano Nimrod (Chad) e dall’antillano Monchoachi, che intendono, con questa iniziativa, rendere omaggio al loro maestro, L.S. Senghor. Si segnala altresì il n. 875 di «Europe», interamente dedicato alla poesia, con il titolo L’ardeur du poème, a cura di J.-B. Para e A. Velter.
NOTE (1) Oltre alla già menzionata raccolta: Les Planches courbes e al Coeur-Espace d’ispirazione surrealista oggi riproposto in due versioni (si veda sopra: «Segnalazioni») si ricorderà, di Bonnefoy, Breton à l’avant de soi (testo di una conferenza pronunciata nel 1996 alla Sorbona; Farrago-Léo Scheer, pp. 120, 13,72) e Poésie et architecture (testo, anche questo, di una conferenza tenuta a Roma nel gennaio 2000, William Blake & Co ed., pp. 42, 10,67), mentre due opere collettanee a lui dedicate sono uscite alla fine del 2001: Avec Yves Bonnefoy. De la poésie, a cura di F. Lallier (Presses universitaires de Vincennes, pp. 134, 19,82) e Yves Bonnefoy et le XIXe siècle: vocation et filiation, a cura di D. Lançon (Publication de l’Université François-Rabelais di Tours, pp. 358, 13,72). ¬ top of page |
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