« indietro TESTO A FRONTE, semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria, 28, I semestre 2003, Milano, Marcus y Marcus, pp. 281, € 13,80.
L’umanista fiorentino Giannozzo Manetti fu il primo a riunire le vite delle ‘tre corone’ in un trittico composto in latino nel 1440, le Vitae trium illustrium poetarum florentinorum. Le biografie manettiane di Dante, Petrarca e Boccaccio occupano quasi la metà di questo volume di Testo a fronte, qui riproposte in originale e nella traduzione curata da Stefano Baldassarri. Baldassarri ci guida alla lettura di questo testo rimandando, nelle note, alle fonti a cui Manetti attingeva, sottolineando i pregi dell’opera in ambito umanistico ed i limiti del suo stile, sempre tendente alla celebrazione e all’elogio, spesso altisonante e ampolloso. Nella seconda parte del volume troviamo la traduzione di alcuni testi del poeta neolatino Domizio Falcone a cura di Flavio Santi. Fra i saggi si segnala lo studio di Bruno Osimo sugli aspetti psicologici della traduzione: l’interpretazione percettiva del testo originale, gli effetti del passaggio del testo attraverso la mente del traduttore e i meccanismi di difesa che si attivano in fase di revisione del testo. Joseph Farrell disputa fra traduzione fedele o adattamento del testo drammaturgico portando ad esempio, fra l’altro, il casodelle versioni inglesi di opere di Dario Fo. I saggi si chiudono con uno scritto di Aldous Huxley sulla diversa ricezione di Poe in Francia, dove è considerato un grande poeta, ed in Inghilterra, dove non passano inosservate le sue ‘volgarità’ stilistiche e la sua ipermusicalità; un intervento sulla sordità alla poesia di Montale in area germanofona accompagnato da traduzioni (v. a questo proposito Semicerchio, n. XVI-XVII ); e il commento di Lawrence Venuti alla sua traduzione della poesia di Antonia Pozzi (di cui si pubblica una breve scelta) tesa a legare la scrittrice italiana alla tradizione delle poetesse moderniste di lingua inglese, da Mina Loy a Lorine Niedecker. Nel quaderno di traduzioni testi di Carloyn Forché, Sigfried Sassoon, Fernando Pessoa, C.K. Williams, David Jones, Carol Ann Duffy, E.E. Cummings e Matthew Rohrer.
[Antonella Francini]
MANTIS, journal of poetry, criticism and translation, n. 2 (2001) e n. 3 (2002), Stanford University (English Department), Usa. E-mail: mantispoetry@hotmail.com
Nata dal «desiderio di facilitare la conversazione fra scrittori diversi impegnati nella pratica della poesia e della poetica», Mantis intende celebrare la molteplicità di approcci e voci senza nette divisioni fra creatività, critica e performance. Se il tema del primo numero di questa neonata rivista era Poesia e Comunicazione, quelli del secondo e del terzo sono rispettivamente Poesia e Traduzione e Poesia e Performance. I numerosi contributi raccolti nel volume del 2001 sollecitano la discussione sul tradurre da più prospettive affrontando varie problematiche, dall’autotraduzione alla scrittura bilingue. Nella ricchezza del materiale presentato, spesso relativo al passaggio da lingue meno note all’inglese, si segnalano due lettere inedite di Robert Duncan sul tradurre Rilke, saggi sulle traduzioni di poeti irlandesi (incluso il Beowulf di Heaney), sui traduttori francesi di Hölderlin, sul rapporto fra traduzione e guerra in Cathay di Pound. Si segnala inoltre l’autotraduzione di Lev Loseff di una sua poesia dedicata a Brodskij, le trascrizioni di una tavola rotonda sul tema del numero (fra i partecipanti il poeta cinese Bei Dao ed il suo traduttore) e di una conversazione fra Robert Hass e Czeslaw Milosz. La presentazione dei due tomi di The Encyclopedia of Literary Translation into English completa il numero. Altrettanto interessante il volume del 2002, anche per l’originalità della discussione in sede accademica della performance poetica qui affrontata, oltre che in teoria, anche in pratica grazie al bellissimo CD che correda la pubblicazione. Si leggono, oltre a diversi testi concepiti per la rappresentazione, saggi sulla ricezione ‘attiva’ del testo da parte del lettore-spettatore, su uno sperimentalissimo «Silent Poetry Reading» e sulla slam poetry come fenomeno culturale che innesta dinamiche politiche nell’incontro fra i performers in prevalenza afro-americani e l’audience in prevalenza bianca e middle-class. Si partecipa a stimolanti dibattiti sul tema del numero e sull’interazione fra poesia, teatro, musica ed arti figurative (ad esempio: Joy Harjo che conversa con la pittrice C.H. Rodriguez), ad interviste a poeti performativi e a close readings di testi. Un’analisi della lettura nel CD di Yusef Komunyakaa e del poeta-musicista Nathaniel MacKey accompagnati dal jazzista Hamiett Blueitt ci introduce direttamente all’ascolto del disco che propone un’ampia varietà di performance di altissimo livello, mediate dalla lirica, dal rock, dalla musica elettronica, dal jazz o da sperimentazioni vocali: un modo nuovo (o antico?) di avvicinarsi alla poesia come interazione fra suono e senso. Mantis ci porta nel vivo della poesia americana contemporanea, assai più articolata e problematica di quanto appaia dalle sporadiche e fortuite pubblicazioni italiane di singoli autori.
[Antonella Francini]
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