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NEIL NOVELLO (a cura di), Apocalisse. Modernità e fine del mondo, Liguori, Napoli 2008, pp. 299, € 28,50.

Il pensiero della fine – dell’umano, del mondano, della storia – segna le arti e la letteratura della modernità con una lucidità straordinaria. L’apocalisse – come già notato da Gian Mario Anselmi nella sua prefazione al volume curato da Neil Novello – si impone sapientemente non tanto come rivelazione sulla fine del mondo, ma come «capacità di accettare per vero che viviamo una fine crudamente scalfita sulla pelle dell’attuale ordine del mondo. D’altra parte, intorno all’idea della fine mondana germoglia la sua fisiologica elaborazione: il finire».

La questione centrale dei documenti raccolti nel volume Apocalisse. Modernità e fine del mondo è quella che chiama ad intercettare i luoghi, gli spazi, i momenti, il tempo della fine e del finire stesso. Poiché «la maglia del tessuto civile è divelta da poteri politici senza memoria del bene comune, l’economia delle nazioni oscilla tra la stabilità e la recessione, lo stato sociale è sostituito dalla solitaria intrapresa del singolo individuo, mentre sullo sfondo del paesaggio umano vige l’effettiva mancanza al diritto di produzione, al diritto di fare la storia».

Le stesse citazioni del saggio di apertura firmato da Novello, Sotto una stella umana, lasciano le tracce di Marx, Engels, De Martino, e interrogano il pensiero della fine che guarda a «questo» e all’«altro» mondo. Quale dovrebbe essere la strada? Quale il percorso?

Nietzsche, Leopardi, Michelstaedter, Rilke, Kafka e la poesia moderna, da Zanzotto a Pasolini, segnano la prima parte del volume, Verso il Novecento. Genealogia del disastro, che raccoglie i contributi di Carlo Gentili, Marco Moneta, Marco Cerruti, Raoul Melotto, dello stesso Neil Novello e di Matteo Veronesi. La modernità si fa storia nella seconda parte, Olocausto, con le pagine di Stefano Zampieri, Francesco Lucrezi, Barnaba Maj. Nella terza parte, Arte, musica e cinema, sono stati raccolti, tra Scipione e Tarkovskij, i contributi di Dario Trento, Marcello Massenzio, Roberto Calabretto, Fabrizio Borin. Nella quarta parte (Pensiero filosofico-letterario, pensiero globale-digitale, pensiero poetico), Fabio Rodda, Angela Michelis, Carla Benedetti, Magda Indiveri, Francesca Rigotti e Vito M. Bonito attraversano i confini della filosofia e della letteratura. Prima di lasciare spazio, nella quinta e ultima parte del volume, La ‘pòlis’, la nostra storia, alle pagine di Antonio Clemente, Edoardo Greblo, Adriana Cavarero.

Francesca Rigotti (nel saggio Apocalissi, globalizzazione, digitalizzazione: il caso di Vilém Flusser) riconosce come il fenomeno della globalizzazione – proiezione nel futuro secondo i termini della filosofia della storia – si possa collocare nel luogo stesso dell’apocalisse. Dove l’economia globale minaccia un mondo standardizzato fatto da consumatori di merci sottomessi a un computer onnipotente, paradossalmente, Flusser coglie una premessa di pace per il mondo, già un messaggio di salvezza. «La storia continua con la scoperta della stampa, dei caratteri mobili e poi del computer, con le sue ‘conseguenze imprevedibili’: segue un elenco delle innumerevoli e straordinarie prestazioni dell'elettronica e dell'informatica e sono proprio quelle […] che bloccano il millenarismo di Flusser impedendogli di naufragare nella deriva apocalittica». Ma la speranza non è ancora la fine.

L’Emil Cioran di Fabio Rodda (poiché «i più infelici sono coloro che non hanno diritto all’incoscienza») pensa un essere umano che ha osservato l’infinito che lo precede, l’indistinto dal quale è venuto al mondo. «Prima di conoscere l’insonnia ero una persona normale. Per me è stata una rivelazione. Quando ho perduto il sonno mi sono reso conto di come esso sia una cosa straordinaria. Perché la vita è sopportabile solo grazie al sonno. Ogni mattina inizi una nuova avventura, o la stessa avventura, ma con un’interruzione. L'insonnia è una rivelazione straordinaria perché sopprime l’incoscienza». Dopo essere davvero caduto nel tempo dall’eternità, l’uomo di Cioran rischia la nuova caduta dal tempo. Aggiunge Fabio Rodda: «L’apocalisse sta nello smascheramento. Nel far propria l'esperienza dell’agonia, nel comprendere che non siamo altro che caso generato da caos, che solo il relativismo più assoluto può allontanare dalla menzogna senza pretendere nessuna verità, perché la verità non esiste». Persa la fede in Dio e nelle utopie, l’uomo rimane nudo: in assenza di fede, la grandezza dell’azione diviene possibile poiché scaturita senza altre finalità e senza speranza.

(Antonio Maccioni)


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