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MILAN NáPRAVNíK, Il nido del buio, traduzione di Antonio Parente, prefazione di Ladislav Fanta, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2009.

 

Il lettore italiano interessato ai testi immaginativi dei surrealisti non dovrebbe lasciarsi sfuggire Il nido del buio, un’antologia di testi del poeta surrealista ceco Milan Nápravník, pubblicata dalle edizioni Mimesis, nella collana di poesia a cura della rivista Hebenon.

Poeta, saggista, pittore, scultore e fotografo (famosa la sua invenzione della tecnica dell’inversaggio), Nápravník rappresenta una delle personalità di spicco del movimento surrealista internazionale.

Dopo aver studiato drammaturgia a Praga e aver collaborato con la televisione ceca come redattore di programmi per bambini, si lega al movimento surrealista ceco, esordendo nel 1966 con la raccolta Básn, návstí a pohyby (Poesie, avvisi e movenze). Dopo l’occupazione della Cecoslovacchia nel 1968, emigra prima a Berlino ovest, poi in Francia, stabilendosi dal 1970 a Colonia, dove vive tuttora.

Alla fine degli anni Ottanta la poesia di Nápravník viene riscoperta dai giovani musicisti cechi del famoso gruppo underground The Plastic People of the Universe, che mettono in musica i testi della raccolta Básn, návstí a pohyby testimoniandone, a vent’anni di distanza, la grande attualità.

L’antologia italiana Il nido del buio, tradotta da Antonio Parente con la bella prefazione di Ladislav Fanta, presenta per la prima volta in assoluto una selezione degli scritti poetici dell’autore, tratti per lo più dalle raccolte: Básn, návstí a pohyby (Poesie, avvisi e movenze, testi scritti tra il ’53 e il ’57, pubblicati privatamente e in numero limitato nell’edizione Speciálky dal pittore František Muzika), Kniha Moták, (Libro Farfalla, testi scritti negli anni ’50 e ’60, pubblicati nel ’69 e immediatamente sequestrati dalla censura), Na behu (A riva, testi scritti a Parigi nel ‘70 ma pubblicati solo nel 1992), Inversáž (In- versaggio, 1995), Vle k noci (Volontà di Latenza, 1997) e Píznaky Poušt(Deserte Visioni), il capolavoro dell’autore, pubblicato nel 2001.

L ́antologia non ordina i testi di Nápravník secondo un criterio cronologico: il lettore si trova cosi di fronte a un insieme eterogeneo, difficilmente categorizzabile dal punto di vista del genere. Se nella prima raccolta infatti il poeta mantiene almeno graficamente il confine tra poesia e prosa, già in Kniha Moták (1969) i testi sono scritti in prosa. Difficile dire però di che tipo di prosa si tratti. È una prosa lirica, priva di una trama, dove il ritmo e gli effetti fonici svolgono un ruolo fondamentale; una prosa contaminata da citazioni di canti folcloristici e dal richiamo all’atmosfera delle ballate e delle fiabe popolari:

Si destò. Forse per il segreto moto delle stelle, per il tocco di un granello di polvere cosmica, forse per le grida di spavento di un uccello da un’altra parte del mondo. Apre gli occhi legnosi. Guarda sbalordito davanti a sé, contempla il prato candido pieno di erbe che esalano segnali aromatici di un desiderio finora impensato. [...] (da Albero, p. 50)

I testi del poeta si presentano infatti come sequenze di libere associazioni, organizzate non dalla ragione ma dalla disposizione emotiva dell’autore. Questa sequenza di libere associazioni è a ben vedere tenuta assieme da due principi fondamentali: il suono (gli effetti eufonici e cacofonici) e il ritmo trocaico, l’elemento più espressivo della opera, che conferisce dinamismo ai testi, costituendone il collante. Il ritmo degli scritti di Nápravník evoca infatti l’impressione che a muovere il testo sia una forza misteriosa: quando è regolare, esso sembra voler ipnotizzare il lettore, quando si inceppa, costringe il lettore a destarsi.

È dunque solamente a una lettura ad alta voce che si evidenzia la magia delle parole e delle frasi. La traduzione di Antonio Parente rende bene anche questo aspetto, difficilissimo da riprodurre in traduzione:

[...] Ci sono tempi durante i quali anche un padre fruga / Nella bibbia della madre / Tra labbra di salmi / E per mancanza di seni ben schiusi di tinozze / Fetide di saponata e sudore di donna / Venera ciò che si venera / [...]
(da
Deserte visioni, p. 98)

Come uno stregone, il poeta Nápravník sembra voler incantare la realtà con un’attività ritmica, rituale. È una realtà ostile e nemica quella che rappresenta il poeta, una realtà che imprigiona il sog- getto, limitandone l’espressione, la libertà, la possibilità stessa di esistere. Numerosissimi sono infatti i riferimenti a periodi storici in cui la libertà del singolo è stata schiacciata:

Avete passeggiato un tempo in modo singolare / Per le infauste vie / Della mille volte maledetta città millenaria / Dove gli antichissimi muri delle case trasudano sangue da tempo versato / di omicidi dimenticati / e dai cui androni sale il tanfo della rassegnazione / [...] (da Oltre lo specchio, p. 99)

È evidente qui come altrove il riferimento all’amara esperienza del regime totalitario, da cui Nápravník fuggì nel ’69. Tuttavia i motivi della violenza, della guerra, del carcere, del terrore, così frequenti nella sua poesia, non hanno come unico referente il regime comunista. A limitare la libertà dell’uomo non sono infatti solamente le gabbie reali della censura, del regime, ma anche quelle più sottili del perbenismo, delle convenzioni sociali, della civiltà, del mercato...

Gente nella trappola della ragnatela tessuta dalla perversità della storia / Che si estende da un polo all’altro / Si meravigliano dell’altro e di tutti / [...] / Com’è mai possibile as- sassinare tribù e razze / Oppure ficcare elettrodi nelle teste dei cani / In nome della civiltà e di qualche libertà dell’uomo (da Senza ludibrio, p. 105)

Alternando domande e risposte, frasi lunghe e brevi, passaggi lirici ed epici, spazi e soggetti, la poesia di Nápravník evoca una costante tensione nel lettore, e agisce sul suo lato emozionale, suscitando sentimenti di paura, angoscia, disperazione nei confronti della brutalità, della violenza e dell’oscenità. Costringe così a prender posizione, a liberarsi dal potere ipnotico con il quale i vecchi modelli mentali non smettono di influenzare il pensiero umano.

Al centro della poesia di Nápravník vi è dunque la ricerca della libertà, sia fisica che spirituale. I soggetti rappresentati cercano invano di superare lo spazio limitante e chiuso della propria esistenza, che si tratti di un carcere, di una stanza, del mondo o del proprio pensiero, limitato dall’educazione e dalle convenzioni sociali, per scoprire un altro spazio, quello dell’inconscio, dell’immaginazione, del desiderio, perché:

[...] Soltanto nel mare delle possibilità impensate, che forse terrorizzerebbe molti per la sua infinità e nelle cui acque all’inizio persino temevano di annegare, è possibile scegliere liberamente un’isola vicino al desiderio umano, celato in profondità, soppresso e ammazzato; poiché non solo possiamo certamente, se siamo risoluti, raggiungerla a nuoto, ma soprattutto possiamo noi stessi diventarla [...] (Píznaky Poušt, Pra- ha, Torst, 2001, p. 146, brano citato nell’introduzione di Ladislav Fiala, p. 29)

La bella e intensa antologia Il nido del buio trasmette il messaggio quanto mai attuale di uno dei maestri del surrealismo ceco.

(Anna-Maria Perissutti)


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